Inaugurate oggi, 26 ottobre, le sale dedicate all’Età del Ferro nel nuovo Museo Archeologico Nazionale di Verona, ospitato nell’ex Carcere Asburgico di San Tomaso. Un’inaugurazione meno sfarzosa di quella che, il 17 febbraio scorso, aveva accompagnato la presentazione delle prime sale del museo, alla presenza del Direttore Generale Musei Massimo Osanna: sale che custodiscono reperti dal paleolitico all’età del bronzo, di cui potete trovare un racconto qui. Ma è con l’inaugurazione di oggi che il museo trova una sua prima finitezza, con un racconto che parte dai primi insediamenti umani e arriva agli albori della storia, alle porte di quell’età romana che, invece, sarà raccontata nelle sezioni del museo ancora in allestimento, che si punta ad inaugurare ad inizio 2024 (in anticipo rispetto a quanto annunciato in febbraio). Ad essere documentata, in questo Museo Nazionale, è la storia non solo di Verona ma di tutto il territorio del Veneto occidentale, con reperti scavati e studiati dalla Soprintendenza locale nei decenni scorsi e mai esposti, o solo raramente in mostre temporanee, che ora trovano una coerente collocazione.
La nuova sezione, curata sotto il profilo scientifico da Giovanna Falezza, direttrice del Museo, e da Luciano Salzani, già funzionario della Soprintendenza veronese, è stata allestita da Chiara Matteazzi, in continuità con l’allestimento museale inaugurato a febbraio. Il criterio espositivo è quello cronologico, mantenendo però un ordine tematico facile da seguire per il visitatore, con una scelta di oggetti e reperti di particolare interesse, molto curata: pochi ma buoni, come tipico degli allestimenti museologici contemporanei. L’Età del Ferro in quest’area si sviluppò nel corso del primo millennio a.C., volgendo al termine con le prime manifestazioni dell’arrivo dei Romani, intorno al II secolo a.C.: questo l’arco cronologico documentato nelle nuove sale. Come spiega la direzione del museo, già a partire dal IX secolo a.C., nel Veronese, sia in pianura che in collina, sorgono numerosi abitati, anche di rilevanti dimensioni, fino a 60 ettari, con ampie aree di insediamenti abitativi accanto ad aree artigianali, oltre a estese necropoli, dalle quali provengono oggetti “particolari, venuti da lontano e con lavorazioni raffinatissime, a testimoniare la ricchezza dei contatti di cui il nostro territorio è teatro in questo periodo”, luogo di incontri e contatti tra Veneti, Etruschi e Reti.
Apre la nuova sezione una stanza dedicata alla vita quotidiana, con una bella ricostruzione di una fornace per la cottura della ceramica, che fa un po’ da contraltare alla ricostruzione del pozzo di Bovolone “protagonista” delle sale dell’età del bronzo, accompagnata da un forno per alimenti. Presenti soprattutto gli oggetti provenienti da aree cimiteriali: astragali, monete, spatole, urne, bracciali, in grado non solo di offrire un’idea della cultura materiale del tempo, ma anche dei rituali funerari. Al fine di aiutare la comprensione e l’immersione, l’esposizione fa uso non solo di didascalie e pannellistica, ma anche di diversi schermi interattivi con giochi e approfondimenti, pensati per intrattenere il pubblico sia adulto sia più giovane. Anche i disegni di Marco Bersani vanno ad arricchire molte delle vetrine: due novità che riguardano non solo le nuove sale, ma anche quelle inaugurate in febbraio.
“Abbiamo voluto anche inserire due esperienze immersive e alcune postazioni multimediali, destinate ad arricchire la narrazione dei reperti presentati nel percorso museale”, ha spiegato Chiara Matteazzi, al fine di “migliorare con nuovi linguaggi la comprensione di tematiche complesse legate ai reperti esposti, utilizzando tecniche di storytelling per stimolare la curiosità del visitatore e amplificare il coinvolgimento cognitivo ed emozionale”. Grande rilevanza viene data anche ai contesti di rinvenimento, con vetrine che espongono coerentemente gruppi di oggetti provenienti dallo stesso luogo o sepoltura: necropoli e abitati localizzati in vari comuni del territorio veronese, da Oppeano a Gazzo Veronese, da San Giorgio di Valpolicella a Valeggio sul Mincio… emerge con chiarezza il contesto “multietnico” del territorio, con elementi culturali etruschi, retici e veneti e, dal III secolo a.C., celtici: quegli elementi che caratterizzeranno il primo insediamento urbano di Verona (nato proprio al termine dell’Età del Ferro), che per ora non trova spazio nelle sale inaugurate dato che - con scelta condivisibile - si è deciso di dare spazio alle più rilevanti necropoli del periodo protostorico nel territorio veronese, mentre Verona stessa sarà trattata all’inizio della sezione romana, con coerenza espositiva.
Alcuni reperti e contesti sono maggiormente enfatizzati in questa sezione, oltre alla fornace ceramica. Il primo è lo scheletro di un cavallo, uno dei due trovati sepolti nella necropoli “delle Franchine”, nel territorio di Oppeano: maschio, 17-18 anni, 135 cm al garrese, sepolto in una piccola fossa coricato sul fianco destro, con le gambe ripiegate. Una testimonianza, tipica dei musei archeologici veneti, dei rituali legati ai cavalli nel Veneto dell’età del Ferro. Curiosa anche la tomba di una bambina (VII sec. a.C.), rinvenuta in una necropoli di Oppeano. All’interno dell’urna, al di sopra delle ossa combuste, oltre ad alcuni elementi di corredo sono stati deposti alcuni elementi molto particolari: delle conchiglie, di cui una forata, legate forse alla sfera del gioco; un astragalo, probabilmente un amuleto; infine un uovo di cigno, uccello acquatico ritenuto sacro. Proprio quest’ultimo assume un significato rituale molto importante, interpretabile come simbolo di rinascita e rigenerazione.
Mentre al termine della sezione inaugurata un’intera sala è pensata per valorizzare la sepoltura del cosiddetto “Principe bambino” (una delle 187 della necropoli celtica di Lazisetta a Santa Maria di Zevio), cui è dedicata una suggestiva proiezione multimediale volta (con successo) a enfatizzare il rituale funerario e i reperti trovati nella tomba, la più ricca del cimitero per ricchezza del corredo funebre, datata al I secolo a.C.: si tratta della sepoltura di un bambino di 5-7 anni, le cui ceneri vennero deposte assieme ad un sontuoso carro da parata (di cui restano gli elementi metallici quali mozzi delle ruote, timone, un cerchione di ruota, due morsi dei cavalli che lo trainavano) e ad un ampio corredo tipico solitamente dei guerrieri adulti (spada, lancia, giavellotto e scudo), oltre a vasellame ceramico e bronzeo, monete, attrezzi agricoli e strumenti per il banchetto (spiedi, coltelli, alari e un graffione di ferro). All’interno di alcuni vasi erano residui di ossa di maiale, resti del banchetto funebre. Il video proiettato letteralmente sopra la vetrina contenente reperti illustra il rituale con cui il bimbo fu sepolto, ricostruito dagli archeologi: dopo essere stato cremato insieme ad alcune offerte, le sue ceneri furono raccolte in un contenitore in materiale organico (stoffa o cuoio) e deposte nella fossa assieme al resto del corredo; al di sopra fu collocato il carro, capovolto e parzialmente smontato; infine, dopo un parziale interramento, fu acceso un secondo grande fuoco rituale. Alla fine la tomba fu probabilmente coperta da un tumulo che segnalava l’elevato stato sociale del defunto. La proiezione, dopo aver mostrato tutto ciò, consente al visitatore di osservare i reperti del corredo.
La sintesi qui proposta non mente: il museo ha un tipo di esposizione per cronologia e temi che potrebbe risultare per alcuni visitatori molto, forse troppo didattica, rischiando di appesantire la visita per chi non mastica la preistoria italica. Ma in questo vengono in aiuto sia i video sia gli schermi interattivi, mentre l’alta selezione messa in campo riguardo reperti e contesti consente di godersi questa sintesi di archeologia veronese in poco più di un’ora ai meno appassionati, mentre chi desidera allungare la visita avrà adeguato approfondimento. Resterà ancora per un po’, fino all’inaugurazione dell’ultima sezione, l’anomalia che vede, per Verona, la preistoria locale ospitata in un museo nazionale mentre la parte romana esposta in un museo civico, quello del Teatro romano: la direttrice del nuovo museo ha ribadito che la collaborazione tra i due istituti è e sarà molto ampia.
“I lavori sono proseguiti senza soluzione di continuità da febbraio e con ottimi risultati: terminato l’intero terzo piano del museo, contiamo ora di avviare molto presto il cantiere per la sezione romana, che i veronesi (e non solo) attendono da molti anni”, ha spiegato il direttore regionale musei Daniele Ferrara. In ogni caso, la collezione oggi inaugurata diviene tappa obbligata per chi vuole comprendere di più sulla storia del territorio e della città. Purtroppo, per ora, visitabile solo dal venerdì alla domenica.
L'autore di questo articolo: Leonardo Bison
Dottore di ricerca in archeologia all'Università di Bristol (Regno Unito), collabora con Il Fatto Quotidiano ed è attivista dell'associazione Mi Riconosci.