Un paese che ha una superficie territoriale poco più estesa di quella delle Marche, ma che ha risorse finanziarie praticamente illimitate grazie ai proventi della vendita del petrolio, che rappresenta circa il 90% delle esportazioni. Stiamo parlando del Qatar, il piccolo emirato del golfo Persico attualmente al centro delle attenzioni mondiali per lo scandalo Qatargate e per la Coppa del Mondo di Calcio appena conclusa, e assegnata tra mille polemiche proprio al Qatar. Non c’è giornale che, parlando dei mondiali di calcio, non abbia ricordato le politiche repressive nei riguardi della comunità LGBTQ+, gli enormi divari di genere, le migliaia morti di lavoratori migranti impegnati nei tanti cantieri attivi in tutto il paese soprattutto dopo l’assegnazione della Coppa del Mondo, i problemi relativi alle norme sull’alcol, un sistema giudiziario nel quale esistono ancora la pena di morte e le punizioni corporali (il consumo di bevande alcoliche, per esempio, è punito con la fustigazione). Su Wikipedia esiste addirittura una lunghissima voce dedicata allo stato dei diritti umani nell’emirato. E adesso anche il problema delle presunte tangenti che sarebbero state corrisposte a parlamentari europei.
L’immagine mediatica del Qatar non è certo uscita rafforzata dagli ultimi eventi che hanno riguardato il paese (tutt’altro), nonostante i faraonici investimenti anche in arte e cultura per presentare l’emirato agli occhi del mondo come un paese attivo e attento nel campo delle arti. Il Qatar, da quasi vent’anni, spende ingenti risorse per aprire musei, acquistare opere d’arte, supportare mostre e istituti culturali in giro per il mondo, ingaggiare artisti di fama per interventi nel paese. E questo ha portato a un rapido sviluppo dell’arte contemporanea, tanto che nel 2017, a Berlino, il paese ha organizzato una grande mostra per far conoscere il suo panorama artistico agli europei, portando opere di 30 artisti locali non solo per affermare l’identità del paese ma anche per dimostrare la varietà del panorama culturale qatariota e le trasformazioni che il paese ha subito negli ultimi tempi. Ma in che modo il Qatar ha cercato di accreditarsi nel panorama culturale mondiale? Vediamo a grandi linee cosa è successo negli anni recenti sulle rive del golfo Persico.
Risale al 2005 la fondazione dell’istituto Qatar Museums, incaricato di guidare lo sviluppo culturale del paese. Da allora, Qatar Museums ha investito miliardi di dollari per costruire musei, riempirli di opere d’arte, organizzare mostre ed eventi, commissionare interventi di arte pubblica a importanti artisti internazionali. Solo a marzo, la presidente di Qatar Museums (che è un membro della famiglia regnante: Al-Mayassa bint Hamad Al Thani, giovane sorella dell’attuale emiro Tamim bin Hamad Al Thani), ha annunciato l’apertura di tre nuovi musei, ovvero il Lusail Museum, l’Art Mill Museum e il Qatar Auto Museum, che sorgeranno in tre edifici progettati da altrettanti, importanti studi d’architettura europea. Il primo, che aprirà a inizio 2023 in un edificio progettato da Jacques Herzog, è stato presentato come il più grande museo al mondo per l’arte orientale. L’Art Mill Museum, apertura prevista nel 2030 in un edificio progettato dallo studio VOGT Landscape Architects di Zurigo, avrà sede in un vecchio mulino industriale e avrà l’obiettivo di rappresentare l’arte contemporanea di tutto il mondo (prendendola larga: dal XIX secolo a oggi), su “base paritaria”. Il Qatar Auto Museum, la cui costruzione, progettata dallo studio OMA di Rem Koolhaas, comincerà a fine 2022, sarà invece un museo dedicato all’automobile. Risale invece al marzo del 2019 l’apertura del National Museum of Qatar, in un edificio progettato da Jean Nouvel (a cui si deve anche il progetto del Louvre Abu Dhabi, per rimanere sul golfo Persico), grande museo di 52mila metri quadri che ospitano 11 gallerie per raccontare tutta la storia del paese dalla preistoria a oggi, con esposizione di reperti archeologici, tessuti e costumi, gioielli, oggetti di uso comune, imbarcazioni, opere d’arte, libri, documenti storici. Tra i musei più “antichi” è possibile invece annoverare il Museo d’Arte Islamica, progettato da I.M. Pei, aperto nel 2008 e rinnovato in occasione dei mondiali: è un istituto interamente dedicato alla storia dell’arte islamica dal VII secolo fino a oggi.
Le ultime in ordine di tempo sono quelle inaugurate per i mondiali di calcio: lo scorso anno, in vista della Coppa del Mondo, il Qatar aveva annunciato l’obiettivo di trasformarsi in un enorme museo all’aria aperta, e così è stato. Decine di opere d’arte eseguite dai più famosi artisti del pianeta: da Olafur Eliasson, che ha realizzato un’installazione nel deserto, a Ernesto Neto, sono una quarantina gli artisti che hanno realizzato opere che sono andate ad aggiungersi a quelle già presenti da tempo nel paese, che da più di dieci anni si ergono nelle città più importanti (dalla capitale Doha a Lusail), negli aeroporti e, appunto, nel deserto. Si va dai discussi feti di Damien Hirst (2013) alle enormi orchidee di Isa Genzken (2015), dalle “porte del mare” di Simone Fattal (2019) alla grande scultura di Kaws del 2018 fino ad arrivare a una delle più monumentali opere di Richard Serra, East-West/West-East, una serie di altissime stele di acciaio nella riserva naturale di Brouq, peraltro oggetto di recenti vandalismi, dall’enorme orsacchiotto di Urs Fischer alla gallina di Katharina Fritsch, dal dugongo di Jeff Koons alla Maman di Louise Bourgeois. “L’arricchimento degli spazi pubblici del Qatar con straordinarie opere d’arte di artisti di tutte le nazionalità e background è un punto di orgoglio per la nostra nazione”, aveva detto a fine 2021 Al-Mayassa bint Hamad Al Thani.
Negli anni, il Qatar non ha solo offerto spazi pubblici agli artisti internazionali, ma li ha anche esposti in numerose mostre. Un elenco non esaustivo in ordine cronologico, dalle mostre più recenti a quelle più vecchie: Pipilotti Rist (al Museo Nazionale del Qatar fino a luglio 2023), Yayoi Kusama (al Museo d’Arte Islamica fino al 1° marzo 2023), Virgil Abloh (alla Fire Station dal 5 novembre 2021 al 2 aprile 2022), Jeff Koons (alla Qatar Museums Gallery dal 21 novembre 2021 al 31 marzo 2022), Kader Attia (al Museo Arabo d’Arte Moderna Mathaf dall’8 novembre 2021 al 31 marzo 2022), Kaws (alla Fire Station dal 25 ottobre 2019 al 25 gennaio 2020), Ai Weiwei (alla Fire Station dal 15 marzo al 1° giugno 2018). Ci sono state anche alcune mostre di arte del passato, per esempio quella su Kazimir Malevic e l’avanguardia russa del 2019 e quella su Picasso del 2020. E questo per rimanere confinati all’ambito dell’arte, ma il discorso si potrebbe espandere anche ad altri settori: per esempio, sono al momento in corso, al museo M7 di Doha (il museo del design e della tecnologia), una mostra della maison Valentino e una rassegna che espone una selezione di oggetti dalla Milano Design Week.
Per assicurarsi alcune delle più importanti opere d’arte finite sul mercato negli ultimi anni, la famiglia Al Thani non ha badato a spese. Nel 2015, l’allora primo ministro Hamad bin Jassim bin Jaber Al Thani fu indicato come l’acquirente, in asta da Christie’s, delle Donne d’Algeri di Pablo Picasso, aggiudicate alla cifra di 179,4 milioni di dollari (che all’epoca era il prezzo più alto mai segnato in un’asta). E sempre lo stesso anno, l’istituto Qatar Museums acquistò, in una trattativa privata, l’opera Nafea Faa Ipoipo di Paul Gauguin, per 300 milioni di dollari. Due anni prima, girò voce che Al-Mayassa bint Hamad Al-Thani avesse speso più di 600 milioni di dollari in opere d’arte da appendere nei musei qatarioti: nella lista della spesa figuravano 160 milioni di euro per una versione dei Giocatori di carte di Paul Cézanne, 310 milioni per undici dipinti di Mark Rothko, e poi ancora 50 milioni per il Bambino con la colomba di Picasso, opere di Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Francis Bacon, Damien Hirst. Molte opere dovrebbero finire, secondo quanto si vocifera, nel nuovo Art Mill Museum.
La sopra menzionata mostra di Berlino non è che una delle tante esposizioni che il Qatar ha supportato, oppure direttamente organizzato, in anni recenti. Lungo è l’elenco delle rassegne che si sono avvalse del sostegno del Qatar, attraverso il suo istituto Qatar Museums. Tra queste è possibile citare la XVII Biennale di Architettura di Venezia, tenutasi nel 2021 (Qatar Museums è stato Major Donor dell’esposizione internazionale), la recente (2021) mostra di arte tessile islamica allo Smithsonian di Washington con prestiti dal Museo d’Arte Islamica di Doha, la discussa mostra Notre monde brûle tenutasi al Palais di Tokyo di Parigi nel 2020 (fu oggetto di una protesta da parte della comunità LGBTQ+ parigina), sempre a Parigi la grande mostra su Picasso e Giacometti del 2016 (che poi, nel 2017, è volata in Qatar), il concorso “Curate” della Fondazione Prada del 2013 (lanciato in collaborazione con Qatar Museums), la mostra dedicata alle perle al Victoria and Albert Museum di Londra del 2013-2014, la grande personale di Damien Hirst tenutasi alla Tate di Londra nel 2012. Ma ci sono anche eventi più piccoli e riposti, per esempio la mostra che nel 2019 il Museo Barracco di Roma ha dedicato alla missione archeologica italiana in Sudan, e anche donazioni, come quella, del settembre di quest’anno, al Metropolitan Museum di New York, che ha fatto sapere che verrà utilizzata per lo sviluppo della sezione dell’arte islamica.