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Redazione
, scritto il 12/03/2020
Categorie: Arte e artisti
Terza puntata del focus sul restauro del Polittico dell’Agnello mistico. Si parla della prima e della seconda fase del restauro.
Un lavoro lungo e complesso, partito nell’ottobre del 2012, suddiviso in tre fasi, con le prime due terminate e la terza su cui si sta ancora lavorando: ecco, in estrema sintesi, il restauro del Polittico dell’Agnello mistico, il capolavoro realizzato da Jan van Eyck (Maaseik, 1390 circa - Bruges, 1441) e da suo fratello maggiore, Hubert van Eyck (? - Gent, 1426), e conservato nella cattedrale di San Bavone a Gent, nelle Fiandre. In questa terza puntata del nostro focus dedicato proprio al restauro (nella prima abbiamo parlato della storia degli interventi precedenti e dei materiali, nella seconda della campagna di indagini), approfondiamo proprio le prime due fasi dell’intervento, eseguito dai tecnici del KIK-IRPA (Istituto Reale per il Patrimonio Culturale) di Bruxelles, sotto la direzione di Hélène Dubois, costato 2,1 milioni di euro e finanziato per un 80% dal governo delle Fiandre (equamente ripartito tra l’Agenzia per il Patrimonio delle Fiandre e il Dipartimento per la Cultura, la Gioventù e i Media, che hanno supportato il restauro con un 40% ciascuno) e per il rimanente 20% dal Baillet Latour Fund (una fondazione no profit che, dal 1974, si occupa di sostenere arti e cultura). La prima fase, durata quattro anni esatti (dall’ottobre del 2012 all’ottobre el 2016), ha riguardato i pannelli esterni, quelli che si vedono quando la complessa macchina dei fratelli van Eyck è chiusa: le quattro tavole con l’Annunciazione, le due sibille e i due profeti nella cimasa, e le quattro tavole del registro inferiore (ai lati le raffigurazioni del committente, il nobile Joos Vijd, e di sua moglie Lysbette Borluut, e al centro i due santi in grisaille, ovvero Giovanni Battista e Giovanni Evangelista).
La prima evidenza, emersa anche dalla campagna d’indagini eseguita nell’arco di due anni prima del restauro, consisteva nel fatto che una larga parte dei pannelli era stata coperta con ridipinture, risalenti a diverse date (ma concentrate per lo più tra il XVI e il XVII secolo: ad ogni modo molto lontane dalla data di realizzazione del polittico, che i van Eyck datano 1432 con un’iscrizione), ed estese sul 70% circa della superficie pittorica. Nel caso delle cornici, la ridipintura aveva invece riguardato l’intera superficie, tanto che, prima del restauro, le cornici si presentavano completamente alterate, con un colore nettamente più scuro e radicalmente modificato rispetto a quello originale. In poche parole, dal Seicento fino a oggi nessuno aveva più potuto vedere il Polittico dell’Agnello mistico per come si presentava in origine. Non solo: le stesse ridipinture erano offuscate da vernici ingiallite che coprivano gran parte dell’opera. E come accade per tutti i restauri che presentano situazioni simili, anche questa volta i tecnici e gli esperti internazonali chiamati a esprimersi sul da farsi si sono interrogati sull’opportunità di rimuovere le ridipinture: era stato così anche in occasione del precedente restauro del 1950-1951 (eseguito da Albert Philippot), quando si decise di operare solo un intervento conservativo senza alterare l’aspetto dell’opera. Questa volta si è invece deciso per l’opposto: i restauratori si sono infatti resi conto che era possibile rimuovere le ridipinture senza provocare danni al dipinto, dato che (come abbiamo visto anche nella seconda puntata di questo speciale), il polittico godeva di condizioni di salute sostanzialmente buone, e che le aree più suscettibili (quelle cioè a rischio di perdere porzioni di pittura) erano già state messe in sicurezza con un intervento urgente diretto da Anne van Grevenstein nel 2010.
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Il laboratorio per il restauro al Museum voor Schone Kunsten di Gent |
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Il polittico chiuso, prima e dopo il restauro |
Il primo passaggio è stato il trasferimento dei pannelli dalla cattedrale di San Bavone al Museum voor Schone Kunsten di Gent (dove, peraltro, si tiene fino al 30 aprile 2020 la grande mostra su Jan van Eyck, la più grande monografica di sempre sul pittore fiammingo), individuato come il luogo più adatto dove condurre le operazioni, anche in ragione del fatto che il pubblico avrebbe potuto seguirlo in tempo reale. Come in effetti è stato: i visitatori del museo passavano di fronte a una sala-laboratorio con grandi vetrate (lunghe undici metri e alte un metro e settanta) che consentivano di vedere quello che i restauratori stavano facendo al momento. Nella sala erano state ovviamente create le condizioni climatiche necessarie al corretto svolgimento di tutto il lavoro, con un’umidità tenuta costante a un livello del 60%, e una luce neutra appositamente studiata per ridurre i riflessi. Approntato il laboratorio e completato il trasferimento, è stato perciò possibile dapprima valutare bene il supporto (sottoposto a un trattamento di minor conto, date le sue buone condizioni: sono state sanate solo le fratture più evidenti, che rappresentavano comunque un problema di scarsa entità), e quindi procedere con l’intervento sulle cornici degli scomparti, il primo elemento del polittico a ricevere le cure dei restauratori. Come detto, erano state completamente ridipinte: sei di loro erano state ricoperte con una patina color bronzo, mentre le cornici dei due pannelli centrali dell’Annunciazione (quello con la veduta di città e quello con la veduta d’interno), addirittura, erano state coperte di nero. Non è stato possibile un recupero integrale dell’aspetto originario delle cornici, perché le ridipinture avevano alterato soprattutto gli smalti che Van Eyck vi aveva applicato, ma è stato comunque possibile osservare come l’artista avesse immaginato un’elegante struttura lavorata a foglia d’argento con piccoli inserti puntiformi, colorati, con l’intento di imitare delle arcate in pietra: un’impressione che si era persa a causa delle sovrapposizioni.
Successivamente, i restauratori si sono occupati della rimozione delle vernici, che ha dato luogo a due risultati importanti: da una parte un risultato estetico, dal momento che è stato possibile eliminare la patina gialla più superficiale, e dall’altra è stato possibile comprendere quale fosse la reale estensione delle ridipinture. Tolta la vernice, ogni singola porzione della superficie è stata analizzata per poter comprendere a quando risalivano le sovrapposizioni. Non sappiamo molto sulle vernici che erano in uso nel Quattrocento, dal momento che spesso venivano rimosse durante le operazioni di restauro (e, come s’è visto nella prima puntata di questo focus, da questo punto di vista il Polittico dell’Agnello mistico ha avuto una storia alquanto tormentata). La vernice, che serve per proteggere il dipinto dall’azione degli agenti esterni, quando viene applicata è trasparente e non altera la percezione dei colori, ma a seconda dei composti con qui è stata fabbricata può andare incontro a processi di ossidazione che, al contrario, modificano l’aspetto dell’opera, facendola apparire gialla, e andando a impattare in maniera molto forte sulla leggibilità del dipinto. Un esempio sono le vernici a base di chetone utilizzate dopo il restauro del 1950-1951: si tratta di materiali che non solo tendono a ingiallire col tempo, ma diventano anche più difficili da rimuovere. Proprio la presenza di queste vernici è stata uno dei motivi principali per i quali si è deciso di cominciare il lungo restauro. La rimozione è stata condotta con l’utilizzo di appositi solventi, scelti anche in ragione del tipo di vernice cui i restauratori si trovavano di fronte nelle varie porzioni della superficie del dipinto.
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Una delle cornici dopo il restauro |
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Rimozione delle vernici sulla figura di san Giovanni Battista durante il restauro (già rimosse su parte della veste, sull’agnello e sulla metà destra dell’arco) |
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Rimozione delle vernici sulla sibilla di destra durante diverse fasi delle operazioni |
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Rimozione delle vernici dalla figura di Lysbette Borluut, prima e dopo il trattamento |
I restauratori, giunti a questo punto, hanno proseguito con la rimozione delle ridipinture. In antico, erano soprattutto due i motivi per cui, a distanza di tempo (anche di secoli), nuovi strati di pittura venivano stesi sulla superficie di un dipinto: da un lato, perché il dipinto si rovinava e la ridipintura era l’unico modo conosciuto per riparare i danni, e dall’altro (meno frequente, ma il caso si presenta anche per il Polittico dell’Agnello mistico), per aggiornare l’opera essendo cambiati i canoni estetici di un’epoca (si è verificato, come abbiamo spiegato anche su queste pagine, per il muso dell’agnello protagonista del dipinto dei fratelli van Eyck). E non sempre è facile rimuovere le ridipinture, perché in antico i pittori utilizzavano gli stessi materiali adoperati dai loro predecessori. Nel caso del Polittico dell’Agnello mistico, come discusso nella puntata sulla campagna d’indagini, sono state adoperate varie tecniche (radiografia, fluorescenza a raggi X, riflettografia a raggi infrarossi) per esaminare le singole porzioni ridipinte e per capire come procedere con la loro eliminazione. Questa operazione è forse la più delicata dell’intervento, perché dev’essere condotta su aree millimetriche della superficie dipinta, con l’uso di un apposito scalpello, da manovrare con l’ausilio di un microscopio binoculare, e talvolta anche mediante l’utilizzo di solventi o altri strumenti. Una volta terminata questa operazione, gli interventi da compiere successivamente sono due: il primo è mettere in sicurezza ciò che è tornato alla luce, al fine di garantire solidità e stabilità ai materiali originali. Il consolidamento è importante soprattutto in quelle aree che presentano sollevamenti della pellicola pittorica: in questo caso, le poche porzioni che presentavano questo problema sono state messe in sicurezza con l’utilizzo di colla di pesce, applicata con l’aiuto di carta giapponese e pennelli molto sottili, per far aderire le parti sollevate alla superficie (la carta giapponese viene rimossa quando la colla asciuga).
Il secondo è risarcire le lacune: può infatti darsi il caso che porzioni significative del dipinto siano andate perdute, e in questo caso i restauratori adoperano tecniche il più possibile identiche a quelle utilizzate dall’autore dell’opera per integrarla nella maniera più opportuna (o, nel caso non sia possibile ricorrere alle tecniche quattrocentesche, si adoperano colori moderni che però imitano quelli antichi: così è stato fatto per il Polittico dell’Agnello mistico). Il restauro, in questo senso, si pone l’obiettivo di restituire al dipinto la sua integrità. Lo si fa però in modo che le integrazioni non vadano a coprire le parti originali sopravvissute, e siano reversibili, così da poter essere rimosse facilmente in futuro nel caso si renda necessario un nuovo intervento (questo almeno prescrive, in casi come questi, la moderna pratica del restauro). Per fare in modo che originale e “ritocchi” rimangano separati, i restauratori del KIK-IRPA hanno ricoperto il dipinto con un sottile strato di vernice a base di resina damar, sulla quale hanno poi applicato una prima stesura di colore di base, che ha poi ricevuto un nuovo strato di vernice, su cui a sua volta sono stati applicati i pigmenti per livelli progressivi. Il tutto è stato completato con un nuovo strato di vernice che ha ricevuto degli speciali colori Gamblin (sono colori appositamente ideati per i restauri, facili da rimuovere), e quindi un ultimo strato di vernice a base di resina Damar per uniformare il tutto.
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Rimozione delle ridipinture |
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Le ridipinture sulla figura di Lysbette Borluut |
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Il San Giovanni Battista prima e dopo il risarcimento delle lacune |
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Restauratrice opera il risarcimento delle lacune |
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Restauratrici operano il risarcimento delle lacune |
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Il team del KIK-IRPA alla fine della seconda fase del restauro |
La prima fase del restauro ha dunque consentito di ottenere diversi importanti risultati: il rinvenimento dei colori originali dei profeti, delle sibille, delle figure dei committenti, l’acquisizione di numerose informazioni sulla tecnica pittorica di Jan van Eyck (è a lui che la critica tendenzialmente assegna le figure dei pannelli chiusi, mentre a Hubert di solito si fanno risalire le tre figure centrali del polittico aperto, anche se gli studiosi non ne sono certi), il pieno recupero delle figure di san Giovanni Battista e di san Giovanni Evangelista, che Jan aveva dipinto a imitazione di due statue, il recupero, anche in questo caso pieno, delle cornici, il raggiungimento di una miglior leggibilità del dipinto, la possibilità di ammirare di nuovo il sorprendente illusionismo prospettico della scena dell’Annunciazione.
Le stesse operazioni sono state ripetute durante la seconda fase del restauro (durata dal novembre 2016 al dicembre 2019), che ha riguardato il registro inferiore del polittico aperto (incluso il pannello con la copia moderna del pannello dei Giudici integri, che com’è noto è stato rubato nel 1934 e quindi sostituito: anch’esso necessitava di restauro) ed è stata quella che ha avuto la maggior risonanza mediatica, dati i risultati raggiunti con l’agnello. Prima di far arrivare le tavole al Museum voor Schone Kunsten di Gent, sono state fatte tornare nella cattedrale di San Bavone quelle già restaurate: il pubblico che ha visitato la cattedrale durante tutte le fasi dell’intervento non è mai stato lasciato completamente privo del polittico. Nel caso del registro inferiore del polittico aperto, si è scoperto che le ridipinture riguardavano il 50% della superficie nello scomparto centrale (quello con la scena dell’Adorazione dell’Agnello mistico) e circa il 10-15% dei pannelli laterali, e anche in questo caso i restauratori hanno seguito lo stesso iter della prima fase: rimozione delle vernici e delle ridipinture, consolidamento e risarcimento delle lacune. La pittura originale era in un ottimo stato di conservazione: solo il 5% di quanto dipinto dai fratelli van Eyck si stima sia andato perso.
Il restauro non è ancora finito: il 2020 è l’anno della terza fase, quella del completamento con il restauro del registro superiore del polittico aperto. Nel frattempo, il pubblico può vedere i pannelli già restaurati: quelli della seconda fase nella cattedrale di San Bavone, dove sono tornati il 24 gennaio scorso, e quelli restaurati nel corso della prima fase sono invece protagonisti della mostra Van Eyck. An optical revolution, la grande rassegna del Museum voor Schone Kunsten di Gent: torneranno nell’edificio di culto nel mese di maggio. Il pubblico potrà tornare a vedere tutto il polittico riunito a partire dall’8 ottobre, nella cattedrale di San Bavone a Gent.
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Focus restauro del Polittico dell'Agnello mistico. Terza puntata: le fasi 1 e 2 del restauro |
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