Più Stato e più mercato: la ricetta di Luigi Abete per far sviluppare i nostri musei


Più Stato e più mercato: si potrebbe riassumere così la ricetta con cui, secondo Luigi Abete, presidente di Associazione Imprese Culturali e Creative, si potrebbero far sviluppare i nostri musei. 

Più Stato e più mercato per sviluppare la cultura: questa, in estrema sintesi, la ricetta di Luigi Abete, presidente dell’Associazione Imprese Culturali e Creative (AICC) e Presidente e AD di Civita Holding, intervenuto al dibattito Cultura e sviluppo economico tenutosi nell’ambito del Festival dell’Economia di Trento in corso dal 25 al 28 maggio. “Io auspico”, ha detto Abete, “che si entri in una fase, come detto anche dal ministro Sangiuliano, che vede la presenza di più Stato nella gestione dei beni culturali ma anche di più mercato, in una logica sinergica e positiva”.

Abete ha riferito di aver avuto un colloquio sul tema con il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, anch’egli favorevole all’assioma ‘più Stato più mercato’. “Condivido questo indirizzo”, ha detto Abete. “Il problema ora è attuare queste norme. Auspichiamo che questo processo vada avanti, che vengano valorizzate le imprese private che gestiscono beni culturali e si aiutino quelle che vogliono internazionalizzarsi”.

“La Legge Ronchey”, ha dichiarato Abete facendo anche un punto storico sul tema dei privati nella cultura, “ha concesso ai privati di gestire i servizi nei musei, aumentandone la qualità della fruizione. Nel 2014, Franceschini considerava la cultura una miniera, con una presenza crescente dello Stato. Ovvero, più Stato, meno mercato. In realtà l’unico provvedimento utile è stato l’Art Bonus, così che i cittadini possano dare i soldi direttamente allo Stato. Questo fenomeno mette in atto una serie di processi che riducono l’operato dei privati nella gestione del patrimonio culturale pubblico. E se lo diamo anche ai privati si aumentano le possibilità”.

L’idea di Abete è che i trent’anni di Legge Ronchey abbiano migliorato i musei grazie all’intervento dei privati, che avrebbero permesso agli istituti statali di svilupparsi, di ammodernarsi e di rendersi più attrattivi, mentre lo Stato, rinunciando alla gestione della parte più ‘commerciale’, per così dire, si è potuto concentrare meglio sulla tutela e sulla conservazione. La ricetta di Abete consiste nell’aumentare la presenza del mercato per aumentare lo sviluppo, e nel rendere più efficace lo Stato nel suo ruolo di indirizzo e controllo (senza togliere che lo Stato, secondo Abete, può essere comunque un operatore diretto purché in concorrenza trasparente con gli altri). Perché lo Stato non può occuparsi da solo dei nostri musei? Perché il nostro patrimonio è talmente vasto che da solo non riuscirebbe: ecco quindi che intervengono le imprese.

In conclusione, con Sangiuliano, secondo Abete, la maggior presenza dello Stato nella gestione dei beni culturali e il maggior peso dato al mercato possono innescare “una logica sinergica che miri a una migliore compresenza. Ad esempio, la questione della bigliettazione: Sangiuliano ha affermato che consentirà a ogni museo di dotarsi del suo sistema di bigliettazione particolare che vada collegato in rete al portale ministeriale, utilizzando la tecnologia per avere un sistema unico. Serve una prospettiva positiva nei rapporti tra pubblico e privato: più Stato e più mercato all’unisono, e lo diceva già Confindustria negli anni Novanta”.

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