Il Leonardo3 Museum ha vinto una battaglia importante, ma non ha ancora vinto la guerra. Gli ultimi sviluppi della spinosa vicenda che rischia di far chiudere il museo che ha sede in Galleria Vittorio Emanuele a Milano sono stati riassunti ieri in conferenza stampa dal direttore, Massimiliano Lisa, che ha agitato anche lo spettro dello sciopero della fame per impedire che il museo chiuda i battenti. Ma andiamo con ordine: il museo, dedicato al genio di Leonardo da Vinci, con un’esposizione su 600 metri quadri (riproduzioni di disegni e opere, modelli di invenzioni dell’artista, tecnologie digitali e molto altro), è attivo dal 2013 come mostra permanente e poi, dal 2023, come museo. In più di dieci anni di attività, il Leonardo3 Museum ha accolto 5 milioni di visitatori (270mila solo nel 2024), e oggi ospita anche un centro di ricerca che raduna esperti dell’artista (il comitato scientifico del museo è presieduto da Martin Kemp, uno dei maggiori esperti di Leonardo da Vinci al mondo). Il problema che adesso rischia di far chiudere il museo è dovuto a problemi di carattere burocratico e amministrativo.
L’istituto occupa infatti spazi che non sono di sua proprietà: li ha ottenuti nel 2013 in virtù di un rapporto di collaborazione con il gruppo Rosso, all’epoca proprietario dell’Hotel Seven Stars in galleria, uno dei pochi al mondo a trovarsi all’interno di un monumento nazionale (la Galleria Vittorio Emanuele), e concessionario degli spazi. Nel 2018, il gruppo Rosso vende l’hotel, che diventa il “Vik Galleria” (e subentra come concessionario il 1° aprile del 2019), ma il museo continua la propria attività nei soliti spazi, rinnovando la collaborazione col nuovo proprietario. La concessione demaniale dell’hotel, che era in scadenza nel 2031, è stata tuttavia sottoposta a un’azione di decadenza da parte del Comune, contro la quale la struttura ricettiva nel frattempo ha fatto ricorso. Il demanio ritiene infatti che quella tra la società concessionaria e il museo non fosse una collaborazione, ma una subconcessione non autorizzata (il contratto tra concessionario e Comune infatti non prevede una subconcessione).
La prima mossa del demanio, ha spiegato Lisa in conferenza stampa, è stata quella di negare la concessione dell’occupazione di suolo pubblico al museo. Dieci metri quadri in Galleria, necessari per condurre i visitatori all’ascensore che occorre prendere per salire al secondo piano dell’edificio, dove si trova il museo. Lisa, in conferenza stampa, ha fatto sapere che il museo, dal 2013 a oggi, ha pagato 380mila euro dal 2013 di occupazione di suolo pubblico (mai scontata neanche durante il Covid, nonostante i ristoranti avessero avuto i dehors gratis in quel periodo). Quest’azione del demanio risale a ottobre del 2023: il 17 novembre dello stesso anno, ha spiegato Lisa in conferenza stampa, il demanio muove al concessionario le contestazioni sulle presunte irregolarità. Lisa rivolge dunque un primo appello alla stampa, e il demanio invia, il 22 dicembre del 2023, una pec al museo riconoscendo l’importanza dell’istituto e assicurando per iscritto che, anche nel caso di problemi con il concessionario, l’attività sarebbe continuata.
Si arriva così al 2 luglio, data in cui il museo è raggiunto da un’ordinanza, emanata dal Comune di Milano, di decadenza delle concessioni d’uso degli spazi dati al concessionario, per una serie di violazioni contrattuali, tra cui, appunto, il rapporto con il museo Leonardo3: viene contestata, come anticipato, la subconcessione. Il museo si sente comunque tranquillo in virtù della pec del 22 dicembre dell’anno precedente. Tuttavia il 14 novembre del 2024, il demanio nega ancora una volta l’occupazione di suolo pubblico con riferimento al decreto di luglio, “sconfessando quindi la pec che ci era stata mandata”, dichiara Lisa. Il problema viene momentaneamente rimandato dal Tar della Lombardia che, lo scorso 19 dicembre, sospendeva il provvedimento di decadenza in attesa dell’udienza di merito che si svolgerà in aprile.
In sostanza, al momento il museo ha vinto soltanto la battaglia, in virtù del fatto che il Tar ha sospeso il provvedimento di decadenza, ma il suo futuro è ancora incerto. Quello che non torna, secondo Lisa, è il fatto che il concessionario aveva già visionato il contratto di collaborazione tra museo e concessionario nel 2018, senza eccepire alcunché: lo avrebbe fatto soltanto a qualche anno di distanza, cambiando dunque la propria interpretazione delle carte. E comunque, il museo ritiene che, anche qualora si trattasse di una subconcessione, il Comune avrebbe avuto comunque la facoltà di accettarla, o di avallare la presenza del museo negli spazi concessi all’hotel. Nel frattempo, dopo la conferenza stampa, l’assessorato al demanio del Comune di Milano ha inviato una nota per esprimere la propria posizione: “L’Amministrazione intende salvaguardare la prosecuzione dell’attività museale quantomeno fino alla definizione del contenzioso con il concessionario. Nonostante Leonardo3 non avesse alcun rapporto di natura concessoria e, più in generale, contrattuale con l’Amministrazione comunale, quest’ultima ha cercato di tenere un atteggiamento il più possibile conservativo e tutelante della continuità della mostra, pur ribadendo in più occasioni che le sorti della permanenza della mostra fossero collegate al procedimento di decadenza avviato nei confronti del concessionario. L’Amministrazione inoltre precisa che, al momento della scadenza del contratto in essere con il concessionario, l’assegnazione di tali spazi seguirà l’iter della procedura ad evidenza pubblica”.
Si attendono, insomma, gli sviluppi giudiziari della vicenda. Ma se il museo verrà cacciato dalla galleria, Massimiliano Lisa è disposto a fare lo sciopero della fame, come ha dichiarato in conferenza stampa: “Il 1° marzo, in occasione del dodicesimo anniversario dall’apertura del Museo Leonardo3 in Galleria”, ha detto, “se la politica sarà rimasta sorda al nostro appello, in segno di protesta civile e non violenta contro la possibilità che un’attività culturale di grande importanza venga chiusa per disinteresse, inizierò lo sciopero della fame”.
“In questo spazio abbiamo dato forma a un sogno, abbiamo creato qualcosa di assolutamente irripetibile”, ha ricordato Lisa: “fare 270mila visitatori in 600 metri quadri, 5 milioni da quando abbiamo aperto, testimonia che qui si fa qualcosa di unico, e che io ero certo che la politica di questa città avrebbe preservato come un panda, e che non avrebbe certo cercato di chiudere”. Il Leonardo3 Museum è una realtà privata che, oltre ad accogliere migliaia di visitatori, dà anche lavoro a 25 persone che, con la chiusura del museo, rischierebbero di trovarsi senza un’occupazione. Lisa lamenta inoltre il fatto che manchi un dialogo tra museo e Comune, nonostante il Leonardo3 Museum e Palazzo Marino siano separati da pochi passi: secondo Lisa, infatti, il sindaco e l’assessore alla cultura non risponderebbero neppure alle sue richieste di essere ricevuto. Eppure, ha sottolineato, per dieci anni, dal 2013 al 2023, il Comune ha sempre patrocinato le iniziative del museo. Una situazione delicata, insomma, che peraltro si è creata in un momento storico per il museo: quest’anno, infatti, per la prima volta nella sua storia il Leonardo3 ha ospitato alcuni fogli originali di Leonardo da Vinci, nel contesto di una mostra cominciata lo scorso 18 novembre a la cui chiusura è in programma il 15 febbraio.
Il direttore Lisa, ad ogni modo, si dichiara fiducioso, sperando in un esito favorevole del procedimento giudiziario. E nel frattempo rivolge un appello al presidente Sergio Mattarella, alla presidente del consiglio Giorgia Meloni, al ministro della cultura Alessandro Giuli e al presidente regionale Fontana: “L’appello è che vengano a visitare il nostro museo e ci aiutino ad aprire un dialogo con l’amministrazione comunale che si rifiuta anche solo di dialogare con noi”.