Che cosa sappiamo finora del quadro sequestrato alla mostra Rubens a Genova in corso fino al 5 febbraio 2023 al Palazzo Ducale di Genova? Intanto, alcune informazioni sul dipinto: si tratta di un Cristo risorto che appare alla madre, ancora oggetto di studio, ed esposto in mostra a intervento di restauro in corso, come ha spiegato Federico Giannini nella sua dettagliata recensione dell’esposizione. Potrebbe trattarsi di un dipinto citato come opera di Rubens in un inventario genovese dell’Ottocento, ritenuto perduto ma noto da incisioni seicentesche, e recentemente riscoperto: non si tratterebbe però di un’opera realizzata esclusivamente da Pieter Paul Rubens. Più verosimile che si tratti di un’opera di bottega su cui intervenne successivamente il maestro, tanto che in mostra il quadro è esposto come “Rubens e bottega”. Inizialmente era stato dipinto con la Vergine molto più vicina a Cristo, in un “primo stato” che è però in condizioni conservative compromesse, tali da rendere “difficile l’attribuzione”, scrive in catalogo la studiosa Fiona Healy, “anche se l’esecuzione apparentemente meccanica della Madonna fa pensare alla mano di un assistente”.
Il “secondo stato”, ovvero la redazione definitiva e visibile del dipinto, sarebbe da assegnare a Rubens, secondo Healy, negli interventi sulla testa della Vergine e sull’angelo che sta più a destra. “Da non escludere”, scrive Federico Giannini nella recensione, “che il primo stato sia una replica di bottega di un originale perduto su cui in seguito può essere intervenuto il maestro”. In mostra viene esposto con entrambi i volti della Vergine scoperti: terminata l’esposizione, è altamente probabile che il volto del “primo stato” verrà nuovamente coperto. Il catalogo ricostruisce anche la storia recente del dipinto: fino al 1833 (e forse dal 1818) l’opera si trovava presso Palazzo Nicolò Grillo Cattaneo a Genova, come opera di Rubens, e prima del 1919 è attestato nelle proprietà della nobile famiglia Cambiaso di Genova, sempre citato come tela di “P. Paolo Rubens”, “Gesù risorto ricomparisce alla Maddalena - Quadro di grandiose luci, figure al vero, disegnato e panneggiato con quella maestosità che distingue tutte le opere del grande pittore” (così figura in un inventario del 1919). Rimasto proprietà della famiglia Cambiaso fino al 2004, è attestato nel palazzo Centurione di piazza Fossatello, dopodiché fu acquistato nel 2012 dall’attuale proprietario.
Ed è proprio sui passaggi recenti che si concentra l’indagine della Procura di Genova, con ipotesi di esportazione illecita di beni culturali e di autoriciclaggio a carico di quattro indagati, due mercanti d’arte, un commercialista e suo figlio. L’inchiesta è coordinata dal pm Eugenia Menichetti e dall’aggiunto Paolo D’Ovidio: secondo gli inquirenti, gli eredi della famiglia Cambiaso, a conoscenza del fatto che nei vecchi inventari l’opera fosse assegnata a Rubens, avrebbero tentato di venderla senza però riuscirci. L’avevano poi ceduta nel 2012 ai due antiquari indagati, per la somma di 350mila euro: questi ultimi l’avevano poi fatta restaurare nel 2014 a Firenze, e in quell’occasione sarebbe emersa la prima stesura del dipinto. Gli stessi avrebbero poi fatto uscire l’opera dell’Italia presentando una richiesta di autorizzazione all’esportazione in cui il dipinto veniva fatto passare per opera di scuola fiamminga, con valore di 25mila euro, per agevolare l’uscita. E ciò, secondo gli inquirenti, quando già i mercanti sapevano che il dipinto aveva un’attribuzione a Rubens. L’ufficio esportazione di Pisa, al quale veniva presentata la richiesta, concedeva l’attestato di libera circolazione, che veniva rilasciato, fanno sapere in una nota i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale che hanno attuato il sequestro, a seguito di “false dichiarazioni e omissioni” da parte degli indagati. Dopo l’uscita del dipinto dall’Italia, i proprietari avrebbero deciso di prestarlo alla mostra di Palazzo Ducale, fanno sapere gli inquirenti, per far aumentare le quotazioni del dipinto: l’opera, su cui è effettivamente in corso il dibattito storico-critico, è stata assicurata per quattro milioni di euro, un valore di dieci volte il prezzo a cui fu venduta nel 2012. Peraltro, per dissimulare la vendita al fine di ostacolarne l’individuazione, sempre secondo la procura i due antiquari avrebbero costituito, con l’aiuto del commercialista indagato, alcune società con sedi all’estero. Non si sa da dove sia scattata l’inchiesta della procura, ma paradossalmente potrebbe esser stato decisivo il prestito per la mostra: senza l’attenzione attorno al dipinto, forse la vicenda non sarebbe emersa.
La buona notizia per Palazzo Ducale è che il museo genovese e i due curatori della mostra, Nils Büttner e Anna Orlando, sono totalmente estranei alla vicenda e nessuna contestazione è stata loro mossa. “Il dipinto”, ha dichiarato Palazzo Ducale in una nota, “era posizionato al di fuori del percorso principale della mostra [ndr: si trattava, effettivamente, di una sezione in appendice, in fondo al percorso di visita] che rimane quindi visitabile senza perdere il proprio valore di testimonianza artistica di un periodo storico eccezionale per la città di Genova. Il direttore Serena Bertolucci conferma la piena e assoluta collaborazione tra Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e i Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio culturale”.
L’intervento di restauro attualmente in corso è svolto dal KIK-IRPA, Koninklijk Instituut voor het Kunstpatrimonium-Institut royal du Patrimoine artistique (Istituto Reale del Patrimonio Artistico), la massima autorità belga in fatto di beni culturali. Orlando, in una dichiarazione rilasciata al quotidiano Genova24, ha confermato che il dipinto è stato sottoposto alla comunità scientifica proprio in anni recenti, diverso tempo dopo la vendita del 2012, e che la decisione di esporlo è stata presa dopo una giornata di studi tenutasi a Bruxelles nell’agosto di quest’anno e dedicata proprio al quadro ora sequestrato. Anche se la vicenda può ricordare quella dei falsi Modigliani sequestrati sempre a Palazzo Ducale nel 2017, si tratta in realtà di un caso profondamente diverso, dal momento che la bontà del quadro, in questo caso, non è in discussione. Come ha ricordato in una nota anche il presidente della Regione Liguria nonché assessore alla cultura, Giovanni Toti, il sequestro “è un provvedimento che riguarda la proprietà del quadro e non la sua autenticità. Sia Palazzo Ducale sia i curatori dell’esposizione, con cui abbiamo avuto modo di confrontarci, hanno operato nel pieno rispetto delle regole. Ci auguriamo che su questa vicenda si faccia chiarezza in tempi brevi e che l’opera possa tornare a essere esposta al più presto. Soprattutto auspichiamo che questa indagine non comprometta il prestigio di una mostra importante, che sta avendo un grande successo di pubblico, tanto da essere stata prolungata fino al 5 febbraio”.