Continua a tenere banco il caso del dipinto di Rutilio Manetti di proprietà della Fondazione Cavallini Sgarbi che venne esposto tra il 2021 e il 2022 alla mostra I pittori della luce tenutasi alla Cavallerizza di Lucca. Con la puntata di Report di domenica e gli articoli usciti la scorsa settimana sul Fatto Quotidiano, la vicenda si è arricchita di ulteriori dettagli. La trasmissione e la testata hanno ricostruito così il caso: a febbraio 2013, la proprietaria del Castello di Buriasco, Margherita Buzio, si accorge che una tela di Rutilio Manetti di sua proprietà è stata rubata e sostituita con una riproduzione a stampa delle stesse dimensioni. Nel maggio dello stesso anno l’opera riappare a Brescia, consegnata da un collaboratore di Sgarbi al restauratore Gianfranco Mingardi: secondo Report e il Fatto si tratta della tela rubata a Buriasco, mentre secondo Sgarbi il dipinto proviene da Villa Maidalchina, immobile vicino a Viterbo acquistato poco prima da sua madre, dove la tela di Manetti sarebbe stata ritrovata in una soffitta. I nuovi dettagli riguardano proprio il passaggio nei laboratori di restauro: secondo il Fatto e Report, un frammento della tela trovato a Buriasco coinciderebbe perfettamente con uno dei buchi fotografati da Mingardi nel suo laboratorio.
L’inchiesta di Report e del Fatto ha poi fatto emergere un ulteriore passaggio, nel 2019, presso lo studio della restauratrice Valentina Piovan. Sentita dai giornalisti, Piovan nega d’aver aggiunto la fiaccola che si vede nel dipinto esposto a Lucca, unico elemento che lo differenzia da quello di Buriasco ma che, stando a quanto si è visto nella trasmissione di Rai Tre, risulterebbe aggiunto successivamente poiché la craquelure sul resto della tela non compare in prossimità della fiaccola. Report e il Fatto si sono poi recati presso l’azienda GlaB che nel 2020 ha realizzato una riproduzione digitale ad alta fedeltà del dipinto di Rutilio Manetti di proprietà di Vittorio Sgarbi, in tutto e per tutto identica all’originale eccezion fatta per un elemento, il banding, ovvero un gruppo di linee orizzontali dovute al processo di stampa, che si possono vedere in un punto del dipinto, il gradino vicino al cane, nella porzione inferiore. Nella scansione ad altissima qualità dell’opera di Sgarbi, inoltre, sarebbero ravvisabili chiaramente i risarcimenti delle lacune, perfettamente corrispondenti a quelle dell’opera rubata secondo quanto si è visto nella trasmisione. Infine, la riproduzione eseguita a Correggio sarebbe stata esposta a Lucca al posto dell’originale: a gennaio del 2022 un fotografo ha infatti visitato la mostra scattando una foto all’opera di Manetti, e in questa fotografia si vedrebbe il banding, dunque si tratterebbe, ha spiegato Report, di una dimostrazione che l’opera esposta sia in realtà la copia realizzata da Glab.
Questa mattina, il Fatto Quotidiano e alcune agenzie di stampa hanno riportato che ci sarebbe un fascicolo con iscrizione del sottosegretario Sgarbi sul registro degli indagati, oltre a una prima ipotesi di reato. “Al centro”, scrive il Fatto, “l’ipotesi di furto di beni culturali in relazione a un quadro di Rutilio Manetti, trafugato dal castello di Buriasco nel 2013 e riapparso a Lucca otto anni più tardi, come raccontato dallo stesso Fatto insieme a Report, dove venne presentato come ‘inedito’ e con un dettaglio (una candela) che non c’era nella tela sparita dal Piemonte”. Secondo il Fatto l’inchiesta era stata aperta a Imperia e poi girata a Macerata per competenza territoriale, dal momento che Sgarbi è domiciliato a San Severino Marche, città di cui fu sindaco negli anni Novanta. In mattinata è poi arrivata, riportano diverse testate, la conferma del procuratore di Macerata, Giovanni Fabrizio Narbone: Sgarbi sarebbe indagato per autoriciclaggio di beni culturali di cui all’articolo 518-septies del codice penale.
Sgarbi però si difende, affermando di non aver ricevuto avvisi. “Ancora una volta ‘Il Fatto’ mente, utilizzando informazioni riservate e del tutto ignote a me e al mio avvocato”, ha fatto sapere il sottosegretario attraverso il proprio ufficio stampa. “Io non ho ricevuto nessun avviso d’indagine. Né saprei come essere indagato di un furto che non ho commesso. E per un reato compiuto 11 anni fa, in circostanze non chiarite dagli inquirenti di allora. Da questa notizia risulta una palese violazione del segreto istruttorio, l’unico reato di cui ci sia evidenza. Da quello che si legge, l’opera è stata malamente tagliata. E quella in mio possesso è in buone condizioni e con una stesura pittorica ben conservata e uniforme. Qualunque valutazione va fatta sull’opera di cui quella rubata è manifestamente una copia, come tutte quelle conservate in quel castello di cui nessuno si è preoccupato. Né credo sia un reato fare eseguire la fotografia di un’opera di cui tutti gli esperti hanno visto l’originale esposto a Lucca. Che la Procura d’Imperia abbia trasmesso gli atti a Macerata come sede competente è una notizia che potrebbe avere un senso, se, come la legge prevede, io ne fossi a conoscenza. Ma così non è. Dovrebbe infatti essere un magistrato, non un giornalista, a stabilire su cosa indagare e sulle complicità di restauratori e fotografi, accusatori improvvisati, ma che potrebbero rivelarsi complici di più gravi reati e omissioni”.
Nella foto sotto, Sgarbi alla mostra di Lucca.
Caso Manetti, Sgarbi indagato. Ma il sottosegretario: “non ho ricevuto avvisi” |