Gli ambientalisti hanno vinto la loro battaglia: dopo 27 anni, infatti, termina la sponsorizzazione che la British Petroleum (BP), multinazionale britannica del petrolio, garantiva al British Museum. Da tempo le associazioni che difendono l’ambiente chiedevano che il museo di Londra tagliasse i ponti con il gigante petrolifero: in passato si sono accese forti discussioni, ci sono state lettere e appelli, proteste clamorose e originali, come quando nel febbraio del 2020 alcuni attivisti si travestirono da soldati achei e portarono un cavallo di Troia dentro il museo. Le proteste hanno portato a una rivoluzione nel rapporto tra i musei britannici e la BP: prima del British hanno posto termine alla lunga relazione musei come la Tate, la National Portrait Gallery e le National Galleries of Scotland, e istituti come la Royal Opera House, la Royal Shakespeare Company, lo Scottish Ballet.
Adesso è dunque il turno del British Museum: non ci sono ancora comunicati ufficiali da parte dell’istituto, ma il museo ha confermato al Guardian che, dopo la scadenza dell’ultimo contratto quinquennale che legava il British alla BP (terminato lo scorso febbraio), non ci saranno altre mostre o attività sponsorizzate dalla BP, e che “non ci sono altri contratti o accordi in vigore tra il museo e la BP”.
Gli ambientalisti hanno salutato questo nuovo sviluppo come una vittoria epocale, giunta dopo anni di proteste e azioni di sensibilizzazione. “Il museo, se è seriamente intenzionato a rispondere alla crisi climatica”, ha dichiarato Chris Garrard, direttore di Culture Unstained, associazione che si batte per una cultura libera dai finanziamenti delle aziende del fossile, “il museo deve ora confermare che non ci saranno rapporti futuri con i produttori di combustibili fossili, eliminare il nome di BP dalla sua sala conferenze e rifiutare categoricamente il business di distruzione del clima che rappresenta”.
Per il British Museum sembra dunque il momento della svolta: già a dicembre, il presidente George Osbourne, presentando il “Rosetta Project”, un piano da un miliardo di sterline per rendere la sede del British un edificio a zero emissioni, aveva dichiarato che il museo “non sarà più destinazione per proteste sul clima, ma un esempio di soluzioni per il clima”. E la fine del rapporto con la BP, per adesso non confermato ufficialmente, parrebbe andare in questa direzione.
Gli ambientalisti hanno vinto: il British Museum termina la sponsorizzazione di BP dopo 27 anni |