Non finiscono le polemiche sullo spostamento dell’Annunciazione, il capolavoro di Antonello da Messina (Messina, 1430 - 1479) che ha lasciato la sua sede, il museo di Palazzo Bellomo a Siracusa, per essere trasferita a Palermo ed essere esposta alla mostra organizzata nell’ambito degli eventi della capitale italiana della cultura 2018. Nei giorni scorsi si erano levate forti critiche per il trasporto a braccia del dipinto, una delicata tavola trasportata su tela, a proposito della quale diversi esperti (a cominciare dal professor Paolo Giansiracusa, docente di storia dell’arte all’Università di Catania) hanno sollevato dubbi in merito all’opportunità di sottoporla a movimentazione, proprio in virtù del suo stato di conservazione. Alle proteste aveva risposto l’assessore regionale alla cultura, Sebastiano Tusa, affermando che l’opera non avrebbe corso alcun rischio. Il dipinto, peraltro, è stato dichiarato inamovibile nel 2013 con un decreto emanato dalla Regione Sicilia.
Sulla questione è intervenuto anche il critico e storico dell’arte Vittorio Sgarbi, che ha visitato la mostra su Antonello a Palermo. In un’intervista alla televisione locale Onda Tv, Sgarbi ha sottolineato la rilevanza dell’evento nell’ambito della capitale italiana della cultura, e soprattutto ha evidenziato come, secondo lui, nessuno avrebbe protestato quando l’Annunciazione, nel 2013, lasciò Siracusa per partire alla volta di Rovereto, dove, al MART, fu allestita un’altra monografica su Antonello da Messina.
“È una tela”, ha dichiarato Sgarbi, “quindi non ha problemi di conservazione: era una tavola e fu trasportata su tela. Una volta che si stabilisce che non patisce danni di salute, la polemica diventa una polemica di campanile, che avrebbe senso in qualunque anno e in qualunque condizione, ma non nell’anno di capitale italiana della cultura che è legata al nome di Palermo. Palermo è la Sicilia, Palermo è l’Italia, Antonello e l’Italia, per cui la polemica non si capisce. Altrimenti dovremmo chiederci non perché andò già al Quirinale alle Scuderie, non perché andò già alla sede naturale che è Palazzolo Acreide, non perché andò già senza proteste di alcuno di questi querelanti a San Cataldo, che è lontanissimo da ogni sito antonellesco, ma a Rovereto, nella regione autonoma del Trentino Alto Adige: partì per una mostra fatta dalla direttrice Collu e partì senza alcun problema, sei o sette anni fa. Nessuno protestò per un avvio dalla regione autonoma Sicilia alla regione autonoma Trentino. Allora che rapporto avesse Antonello con Rovereto me lo deve dire Giansiracusa o qualche altro protestatario che ha insultato maldestramente Tusa. Certo, se non ci fosse stata questa polemica, l’organizzazione poteva avere, oltre ai capolavori di Sibiu, degli Uffizi e di Pavia, anche il san Gerolamo, quindi quello sarà bene che arrivi. [...] Quanti vanno al Museo Bellomo? Allora è chiaro che ogni città deve difendere i suoi capolavori ed è giusto che li abbia, ma non mettendosi a fare un’insensata guerra in nome di chissà quali principi quando il dipinto è andato a Rovereto nel silenzio omertoso di tutti quelli che oggi dicono insensatezze”.
In realtà, anche nel 2013, in occasione della mostra di Rovereto, si levarono proteste per il trasferimento. In particolare, una voce molto dura fu quella di Fabio Granata, già deputato di Fdi e vicepresidente della Regione Sicilia tra il 2000 e il 2001, e fondatore nel 2013 del movimento ecologista Green Italia. Nei giorni scorsi ha fatto sapere di non condividere l’idea di portare l’Annunciazione a Palermo, e nel 2013 dichiarava, in un articolo pubblicato sul quotidiano La Sicilia il 5 ottobre 2013, che “l’Annunciazione siracusana è assolutamente inamovibile per il delicato restauro di cui è stata protagonista” e aveva bollato l’idea di prestarla a Rovereto come una “scelta insana” e una “autentica follia venata di provincialismo” che avrebbe “messo a repentaglio l’integrità delle opere” (oltre all’Annunciazione, infatti, sarebbero partite per il Trentino anche la Madonna col Bambino conservata al Museo Regionale di Messina, l’Annunciata di Palazzo Abatellis e il San Girolamo, anch’esso a Palazzo Abatellis). Inizialmente il prestito fu addirittura bloccato dall’allora governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, ma alla fine le opere partirono comunque alla volta di Rovereto, e di certo non tra il silenzio generale.
Anche lo stesso Paolo Giansiracusa, all’epoca assessore all’urbanistica del Comune di Siracusa, aveva espresso la propria contrarietà allo spostamento. In un’intervista pubblicata sul quotidiano locale La Civetta di Minerva dell’11 ottobre 2013 aveva avanzato le stesse obiezioni di oggi. “Occorre prendere atto dello stato di fatto in cui si trova il dipinto: uno stato comatoso”, aveva dichiarato allora. “L’opera ha subito svariati restauri, la pellicola pittorica è andata persa nel tempo e, negli anni ’20, ha subito un traumatico trasferimento dalla tavola alla tela. Se si paragonasse l’Annunciazione a una persona si dovrebbe asserire che il suo stato è, appunto, comatoso: vive in una teca di vetro e non andrebbe toccata mai”. E aveva aggiunto che “non c’è rispetto per la storia” e che “dobbiamo tutelare le nostre opere d’arte per assicurarne la fruizione a chi verrà dopo di noi”. Ancora, l’operazione veniva valutata anche sotto un altro punto di vista: “il museo Bellomo”, sottolineava allora Giansiracusa, “ha pochissime opere di alto valore, di una certa levatura. C’è un solo capolavoro come l’Annunciazione, non ce ne sono altri dieci: sarebbe come se il Louvre si privasse della Gioconda, una cosa impensabile. Stiamo impedendo ai turisti – quelli che visitano Siracusa durante le vacanze natalizie, quelli colti che bramano la nostra arte – di ammirare l’elemento principe del museo”.
Nell’immagine: Antonello da Messina, Annunciazione (1474; olio su tavola trasportata su tela, 180 x 180 cm; Siracusa, Palazzo Bellomo)
Annunciazione di Antonello, Sgarbi: “silenzio omertoso quando andò a Rovereto”. In realtà ci furono dure critiche |