Jan Vermeer, vita, stile e opere del grande pittore olandese


Jan Vermeer è stato uno dei grandi protagonisti del Seicento olandese. La sua vita, le opere principali, lo stile.

Jan Vermeer (Johannes van der Meer; Delft, 1632 – 1675) è stato uno dei principali pittori del Seicento olandese. I soggetti dei suoi dipinti sono per lo più personaggi borghesi ritratti mentre compiono in serenità gesti ed azioni di vita quotidiana molto semplici, inserendosi in un filone piuttosto ricorrente nell’arte olandese dell’epoca. Riscoperto solo a metà Ottocento, è oggi considerato uno dei maestri del suo tempo per l’innovativo utilizzo della luce nei suoi dipinti, concepito in maniera quasi scientifica, grazie all’interesse per l’ottica che si era sviluppato nell’Olanda del tempo.

Tra i dipinti di Vermeer si ricorda soprattutto la bellezza genuina della Ragazza con il turbante, conosciuta anche come La ragazza con l’orecchino di perla (leggi qui un approfondimento sull’opera e sulla sua protagonista). La storia della realizzazione di questa celebre opera divenne trama di un libro e di un film di successo uscito nelle sale cinematografiche nel 2003. Vermeer, come detto, venne riscoperto circa duecento anni dopo la sua morte, dopo essere caduto nell’oblio. La scarsità di notizie e di documenti su di lui favorì, nel Novecento, il proliferare di falsi d’autore a lui attribuiti e che ingannarono diversi collezionisti ed acquirenti.

Jan Vermeer, Veduta di Delft (1660-1661 circa; olio su tela, 96,5 x 117,5 cm; L'Aia, Mauritshuis)
Jan Vermeer, Veduta di Delft (1660-1661 circa; olio su tela, 96,5 x 117,5 cm; L’Aia, Mauritshuis)

La vita di Vermeer

Come già anticipato, si conoscono poche notizie della vita di Jan Vermeer, desunte soprattutto da esigui documenti ufficiali e da commenti riportati da altri artisti. Si conosce con sicurezza la città natale, Delft, nell’Olanda del sud, e si possono desumere la data di nascita e di morte dalle notizie del battesimo, avvenuto nel 1632 e della sepoltura, attestata nel 1675. Dunque visse circa quarant’anni, e si narra che dedicò quasi esclusivamente la sua vita alla pittura restando molto defilato dalla vita sociale e dagli episodi che coinvolsero la sua famiglia. Per questo carattere schivo e per la sua dedizione all’arte, si guadagnò il soprannome di “Sfinge di Delft”. Tra il 1632 e altre notizie risalenti al 1651 c’è un vuoto di notizie certe, tuttavia è stato possibile risalire ad alcuni episodi. Il padre era un commerciante di tessuti, un mercante d’arte ed acquistò anche una locanda dal nome “La volpe volante”. In seguito, il padre di Vermeer lasciò “La volpe volante” per acquistare la locanda “Mechelen” nella piazza principale del mercato di Delft. Alla sua morte, le attività commerciali passarono tutte in eredità a Vermeer. La sua famiglia era protestante, ma egli sposò una giovane ragazza cattolica, Catherina Bolnes, molto più benestante di lui. Infatti, a seguito del matrimonio avvenuto nel 1653 la coppia, dopo qualche anno in cui non si hanno notizie sul luogo in cui hanno vissuto, si trasferì insieme ai figli già avuti dalla madre di lei, che si occupò di supportare economicamente l’artista per poter proseguire nella sua carriera. Vermeer probabilmente si convertì al cattolicesimo, in quanto i figli, in tutto quattordici, vennero chiamati con nomi di santi.

La sua carriera da pittore ebbe inizio con un apprendistato svolto nel 1647, si ritiene presso la bottega di Carel Fabritius, a sua volta allievo di Rembrandt. Si hanno inoltre notizie confermate riguardo l’appartenenza di Vermeer alla Corporazione di San Luca, in cui è sicuramente presente nel 1653. La Corporazione di San Luca era una unione di artisti, artigiani, mercanti e amanti d’arte che prendeva il nome dal santo che, secondo la tradizione cristiana, realizzò alcune raffigurazioni della Vergine Maria e dei santi Pietro e Paolo, e per questo viene considerato protettore degli artisti. La Corporazione aveva sede in diverse città, tra cui proprio Delft, e nel corso degli anni gli venne accordato dai governi locali il potere di regolare traffici commerciali in ambito artistico. Tra le diverse norme, era necessario appartenere alla Corporazione per poter lavorare come artista o assumere apprendisti nelle proprie botteghe, inoltre la Corporazione era in grado di condizionare le sorti di determinati artisti diffondendo critiche positive o negative.

Vermeer inizialmente non aveva modo di pagare per intero la quota di iscrizione alla Corporazione, dunque ne versò solo una parte, ma la situazione cambiò quando un ricco cittadino, Pieter Van Rujiven, divenne suo mecenate ed acquistò diverse sue opere. Nel 1662 Vermeer risulta capo della Corporazione, così come negli anni successivi, segno che il nome di Vermeer era diventato molto rinomato tra i suoi concittadini. Ne è anche prova un estratto di un diario di viaggio di due gentiluomini dell’epoca i quali riportano entrambi di aver visitato l’atelier di Vermeer. Circa dieci anni dopo, nel 1672, la situazione a Delft cambiò a causa dell’invasione della Francia nella Repubblica delle Sette province unite (i futuri Paesi Bassi), che portò ad una importante crisi finanziaria. A quel punto, la borghesia fu costretta a rinunciare a beni di lusso come i dipinti, pertanto l’artista subì nuovamente problemi economici che lo tormentarono fino alla fine. La moglie lasciò scritto in un documento che riteneva la causa della morte del marito proprio lo stress dovuto alle sue finanze, del resto ebbe da lui in eredità diversi debiti e poco denaro. La moglie di Vermeer fu costretta a cedere al Consiglio cittadino la casa e le opere del marito per estinguere i debiti, e tenne per sé circa diciannove opere.

Jan Vermeer, Ragazza che legge una lettera alla finestra aperta (1657-59; olio su tela, 83 x 64,5 cm; Dresda, Gemäldegalerie)
Jan Vermeer, Ragazza che legge una lettera alla finestra aperta (1657-59; olio su tela, 83 x 64,5 cm; Dresda, Gemäldegalerie)
Jan Vermeer, La strada (1658 circa; olio su tela, 54,3 x 44 cm; Amsterdam, Rijksmuseum)
Jan Vermeer, La strada (1658 circa; olio su tela, 54,3 x 44 cm; Amsterdam, Rijksmuseum)
Jan Vermeer, La lattaia (1658-1659 circa; olio su tela, 45,5 x 41 cm; Amsterdam, Rijksmuseum)
Jan Vermeer, La lattaia (1658-1659 circa; olio su tela, 45,5 x 41 cm; Amsterdam, Rijksmuseum)
Jan Vermeer, La lezione di musica (1662-1665 circa; olio su tela, 73,3 x 64,5 cm; Windsor, Royal Collection)
Jan Vermeer, La lezione di musica (1662-1665 circa; olio su tela, 73,3 x 64,5 cm; Windsor, Royal Collection)
Jan Vermeer, Donna con brocca d’acqua (1662 circa; olio su tela, 45,7 x 40,6 cm; New York, Metropolitan Museum of Art)
Jan Vermeer, Donna con brocca d’acqua (1662 circa; olio su tela, 45,7 x 40,6 cm; New York, Metropolitan Museum of Art)

Lo stile di Vermeer

Vermeer dipingeva i suoi quadri utilizzando una tecnica dal nome “pointille” (da non confondersi con il successivo “puntinismo”) che consisteva nell’utilizzare il colore con pennellate molto piccole e ravvicinate, in modo che il colore stesso risultasse quasi trasparente. Jan Vermeer dedicava molta attenzione al colore in sé, ricercando i migliori colori ad olio che poteva trovare e facendo spesso uso di materiali di grande prestigio, come i costosissimi lapislazzuli che utilizzava per il blu. I dipinti di Vermeer conservano ancora oggi intatta la vividezza dei colori, dovuta all’uso frequente di tinte pure. Come anticipato, il soggetto ricorrente nelle opere di Vermeer sono persone, principalmente donne e giovani ragazze, ritratte in ambienti domestici borghesi e curati, intente a compiere faccende quotidiane. Ma, a ben vedere, il soggetto umano non è assoluto protagonista del quadro: viene infatti incasellato in un’inquadratura il cui obiettivo è rappresentare una scena naturale. In un certo senso quindi, quando guardiamo le tele di Vermeer ci troviamo davanti ad una serie di nature morte in cui l’elemento umano diventa parte della scena stessa al pari degli oggetti.

Grazie alla tecnica pittorica utilizzata, le scene dei dipinti di Vermeer, pur essendo molto semplici a livello narrativo, risultano vibranti e piene di vita, inquadrate in un gioco di luci ed ombre in cui la luce viene riflessa dagli oggetti e personaggi presenti nel quadro e modulata a seconda dell’effetto che riproduce realmente in natura a contatto con materiali di diverso tipo. In alcuni casi è persino possibile vedere la rappresentazione dell’umidità dell’aria.
Vermeer fa un uso della prospettiva molto rigoroso, in cui gli oggetti sono ridotti al minimo e posti in oculato equilibrio nello spazio a disposizione. In molti dipinti è possibile ritrovare inquadrature ricorrenti come il medesimo scorcio di una piccola stanza illuminata da una finestra posta in alto a sinistra (La lattaia, L’astronomo). Questa potrebbe essere una citazione del suo studio, in cui le finestre si trovavano a sinistra. L’espediente dell’utilizzo di una piccola stanza chiusa come ambientazione delle sue opere favoriva di certo una resa molto raccolta ed intima della scena raffigurata, e anche per questo motivo ricorre molto spesso.
Tra le opere più celebri vi sono sicuramente “La lattaia” (1658-1660), in cui ci viene presentata una donna che sta versando il latte colta in un’espressione profondamente concentrata, conferendo al semplice gesto che sta svolgendo un’aura di sacralità. La stanza è immersa in un silenzio rarefatto, mentre gli oggetti presenti sul tavolo sembrano talmente veri da sembrare che fossero realmente davanti a noi e non in un quadro.

L’opera di maggiore successo di Jan Vermeer è La ragazza con il turbante o La ragazza con l’orecchino di perla (1665-1666) definita come “La Monna Lisa olandese”. Qui vediamo la raffigurazione di una giovane ragazza posta su uno sfondo scuro, che fa risaltare la sua espressione sorpresa, come se ella stesse per parlare dopo essere stata interrotta nel fare qualcosa. Lo sfondo fa brillare il famoso orecchino e le tonalità chiare dei suoi abiti, che ricordano i tipici vestiti delle sibille oppure delle muse classicheggianti, ma che in realtà non trova alcuna corrispondenza a livello iconografico. L’orecchino della giovane è dipinto con maestria con i consueti piccoli tocchi di colore ravvicinati, che ad uno sguardo più generico sembrano un’unica pennellata e che ne esaltano la preziosa luminosità (leggi qui un approfondimento sulla tecnica di Vermeer in questo dipinto).

Dell’artista ci sono rimasti dunque solo dipinti su tela, non sono stati rinvenuti disegni né tantomeno è possibile rintracciare disegni preparatori sulle tele. Questo particolare può essere giustificato da una teoria elaborata dal pittore David Hockney, insieme al fisico statunitense Charles Falco, che hanno analizzato il largo uso di strumenti ottici tipico della pittura olandese: i disegni preparatori erano sostituiti dunque dall’utilizzo della camera oscura, che rendeva possibile una riproduzione molto fedele della realtà. L’utilizzo di questo strumento, potrebbe essere ulteriormente confermato dalla particolare messa a fuoco dei dipinti di Vermeer, che, a tutti gli effetti come accade nella fotografia, propone alcuni elementi presentati in maniera molto nitida, ed altri messi meno a fuoco.

La fortuna critica di Vermeer è molto tarda rispetto alla sua morte, venne infatti studiato e riscoperto nell’Ottocento dallo studioso francese Théophile Thoré-Bürger, anche noto come William Burger come si fece chiamare per un periodo. Egli, giornalista politico ma anche critico d’arte, rimase folgorato di fronte ad un dipinto di Vermeer dal titolo La veduta de L’Aja e volle andare alla ricerca di tutta la produzione dell’artista olandese. Cercando di ricostruire tutte le sue opere, si imbattè anche in alcuni falsi attribuiti a Vermeer che lo ingannarono. Sono numerose, peraltro, le opere prodotte da altri artisti e poi erroneamente ritenute a firma di Vermeer, un fenomeno che dilagò soprattutto nel Novecento e che portò all’acquisto di numerosi falsi, sulla scia di un ritrovato interesse per il pittore che lo portò alla ribalta internazionale. Infatti, un pittore olandese falsario di nome Han van Meegeren, vissuto tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900, appassionato di Vermeer, riuscì a replicarne i tratti distintivi anzitutto utilizzando esclusivamente strumenti risalenti proprio al 1600, e poi ricoprendo i polvere i quadri appena terminati per fare in modo che si formassero le caratteristiche crepe e dare l’impressione che fossero realmente antichi, infine scelse in maniera molto astuta di realizzare non copie di opere già esistenti ma veri e propri dipinti inediti. Il risultato fu una serie di 6 opere talmente sovrapponibili allo stile del maestro olandese che nessuno all’epoca riuscì a riconoscere la differenza e fu convinto di aver acquistato un Vermeer autentico. Riuscì ad ingannare anche il De Vild, autore di un saggio proprio su Vermeer. Il falsario confessò la verità quando, nel 1945, alla conclusione della Seconda guerra mondiale, venne arrestato e processato per collaborazionismo con i nazisti, ai quali aveva venduto due quadri. Allora, per scagionarsi, dichiarò di essere un falsario e dimostrò la sua abilità dipingendo dal vivo durante un processo, a seguito del quale venne condannato ad un anno di carcere evitando l’ergastolo.

Johannes Vermeer, La ragazza con l’orecchino di perla o La ragazza col turbante (1665 circa; olio su tela, 44,5 x 39 cm; L’Aia, Mauritshuis)
Johannes Vermeer, La ragazza con l’orecchino di perla o La ragazza col turbante (1665 circa; olio su tela, 44,5 x 39 cm; L’Aia, Mauritshuis)
Jan Vermeer, Allegoria della pittura (1666-1668; olio su tela, 120 x 100 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum)
Jan Vermeer, Allegoria della pittura (1666-1668; olio su tela, 120 x 100 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum)
Jan Vermeer, L'astronomo (1668 circa; olio su tela, 50 x 45 cm; Parigi, Louvre)
Jan Vermeer, L’astronomo (1668 circa; olio su tela, 50 x 45 cm; Parigi, Louvre)
Jan Vermeer, Il geografo (1669; olio su tela, 45,4 x 51,6 cm; Francoforte, Städel Museum)
Jan Vermeer, Il geografo (1669; olio su tela, 45,4 x 51,6 cm; Francoforte, Städel Museum)
Jan Vermeer, La lettera d'amore (1669-1670 circa; olio su tela, 44 x 38,5 cm; Amsterdam, Rijksmuseum)
Jan Vermeer, La lettera d’amore (1669-1670 circa; olio su tela, 44 x 38,5 cm; Amsterdam, Rijksmuseum)

Dove vedere le opere di Vermeer

Come si è avuto modo di approfondire sopra, la produzione pittorica di Vermeer non è molto ampia, per via del lungo oblio subito dall’autore e dal successivo diffondersi dei falsi d’autore. Le opere sicuramente attribuite al pittore si trovano in Olanda, suo paese natale, divise tra il Mauritshuis Museum dell’Aja (dove è custodita La ragazza con il turbante o La ragazza con l’orecchino di perla) e il Rijksmuseum di Amsterdam (dove è possibile ammirare La lattaia). Altri dipinti sono visibili in Europa e precisamente in Germania (a Dresda, alla Gemäldegalerie di Berlino, a Francoforte) al Louvre di Parigi e a Vienna. Anche a Londra, New York (Metropolitan Museum of Modern Art) Washington e Boston è possibile ammirare altre opere di Vermeer.

In Italia non risultano opere di Vermeer presenti nei musei, ma l’artista è stato protagonista di alcune retrospettive a lui dedicate, come Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese allestita presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma tra il 2012 e il 2013, e l’esposizione de La ragazza con l’orecchino di perla al Palazzo Fava di Bologna nel 2014, la prima volta che il dipinto veniva ammirato in Italia.


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