La casa d’aste francese Tajan annuncia di aver riscoperto due importanti opere di Pietro Lorenzetti (Siena, 1280 circa – 1348): si tratta di due tavolette in legno di pioppo, raffiguranti San Silvestro e Sant’Elena, provenienti dall’ex Collezione Ramé. Furono acquistati a Parigi nel 1860 dal magistrato François-Alfred Ramé (1826-1886), che aveva una forte passione per l’archeologia e la storia (i suoi archivi vennero poi donati al Museo Archeologico di Rennes). Conservati dai suoi discendenti, che avevano già venduto parte della loro collezione a Tajan nel 1985, questi due dipinti sono stati riscoperti dal Cabinet Turquin, la società di consulenza storico-artistica di Eric Turquin. Queste due opere del grande pittore senese facevano probabilmente parte di una grande pala d’altare composta da cinque o sette pannelli, che fu poi tagliata, come la maggior parte delle opere di questo tipo. I due pannelli saranno venduti separatamente il 13 dicembre con una stima di 1,5-2 milioni di euro per il San Silvestro e una stima di 400.000-600.000 euro per la Sant’Elena, differenza giustificata dall’eccezionale stato di conservazione dell’uno rispetto all’altro.
Secondo Tajan, le due tavole vanno ad arricchire il corpus noto di opere di Pietro Lorenzetti. Lorenzetti, suo fratello Ambrogio e il collega artista Simone Martini, tutti formatisi nel solco dell’arte di Duccio di Buoninsegna e sensibili all’opera del grande artista fiorentino Giotto, sono i più importanti artisti senesi del XIV secolo. Pietro Lorenzetti, nato intorno al 1280 e, come suo fratello, probabilmente morto durante la grande Peste Nera del 1348, realizzò affreschi, pale d’altare e dipinti devozionali sia a Siena che nei dintorni di Assisi, Arezzo e Cortona. A differenza degli altri, però, il suo temperamento era drammatico e appassionato. Preoccupato dall’idea del tutto moderna di mostrare pathos o tragica eloquenza, il suo talento naturale era accompagnato da una profonda capacità di esprimere le emozioni umane. Fu in questo che trasformò la tradizione bizantineggiante senese in una rappresentazione realistica dell’umanità.
Al mondo esiste solo una trentina di opere note di Pietro Lorenzetti: tra queste figurano la Maestà di Cortona conservata presso il Museo Diocesano della città toscana, il Polittico Tarlati conservato ad Arezzo, la pala della Nascita della Vergine per il Duomo di Siena documentata nel 1335-1342 (Siena, Museo dell’Opera del Duomo). Tra gli affreschi sono da citare quello del transetto sinistro della chiesa inferiore di Assisi, 1320-1326 circa, quello dell’ex sala capitolare del convento di San Francesco a Siena (Siena, Chiesa di San Francesco e Museo dell’ Opera del Duomo) anch’esso del 1326 circa, ed infine quello della chiesa di Castiglione del Bosco datato 1345.
Provenienti da un unico complesso, raffigurano due santi strettamente legati tra loro. San Silvestro era un uomo di potere: papa dal 314 al 335, sotto il regno dell’imperatore Costantino I, tenne le redini della Chiesa in un momento cruciale della cristianità. San Silvestro è raffigurato con indosso una corona bizantina: questa presenza di attributi orientali ricorda il suo ruolo chiave nelle lotte tra Roma e Bisanzio, ancora oggetto di un importante dibattito nel 1325. Il suo destino fu inseparabile da quello dell’imperatore, che battezzò insieme alla madre Elena, facendo di Costantino il primo Sovrano romano a tollerare e poi ad abbracciare il cristianesimo. Elena viene generalmente rappresentata come una figura di alto rango, poiché fu un’imperatrice, che in seguito si convertì e si adoperò per diffondere la fede cristiana. Fu canonizzata santa sia dalla chiesa cattolica che da quella bizantina. Secondo la leggenda, fu lei a ritrovare la vera croce di Cristo.
Stando alle nostre conoscenze, i due santi non possono essere collegati ad alcuna opera di Pietro giunta fino a noi. “L’iconografia”, spiega Eric Turquin, “ci induce a suggerire un’origine francescana e gli elementi materiali sopra rilevati, che provengono da una pala del tipo di Duccio (Siena, Pinacoteca Nazionale n°28): vi troviamo infatti un registro principale composto da cinque lati riquadri con santi a mezzo busto – ma potevano essere sette – affiancati da una Madonna centrale e sormontati da un registro di pinnacoli triangolari. Questa proposta trova la sua giustificazione anche nell’assenza di traccia della traversa superiore, che si trova generalmente sul rovescio di questo tipo di pala, alla base dei pinnacoli e che è scomparsa nei nostri pannelli durante il loro smembramento”.
Sempre secondo Turquin, l’attribuzione alla produzione di Pietro Lorenzetti sarebbe “innegabile”. “La tipologia del santo, un vecchio dallo sguardo preoccupato e segnato dalle linee ancora stereotipate della fronte e dal contorno degli occhi profondamente fessurati, non soffre di esitazioni”, dichiara lo storico dell’arte. “Meno facile è invece definire con certezza la loro collocazione cronologica all’interno del catalogo delle opere del maestro. La filiazione di San Silvestro è evidente sia nei vecchi grigi e severi dipinti da Pietro negli affreschi della basilica inferiore di Assisi poco prima del 1320, sia in quelli di alcuni medaglioni che scandiscono i bordi che inquadrano le varie scene della Passione, ovvero coloro che Cristo incontra nella Discesa al Limbo dipinta attorno al 1326. In effetti, l’espressione preoccupata di san Silvestro, anche se attenuata, ricorda quella dei santi che si affiancano alla Vergine nella pala aretina. Visti frontalmente, la loro volumetria occupa l’intero spazio, incastrandoli con forza all’interno dei pannelli. Tuttavia San Silvestro, per la sua posizione di tre quarti e per la sua corpulenza più stretta, consolidata dalla posizione delle braccia sotto il manto, gode di un respiro spaziale più ampio. Sant’Elena, più imponente, con il braccio in avanti avvolto nel panneggio, e che sta leggermente arretrato, scava così lo spazio. Un modellato delicato, un leggero passaggio tra ombra e luce, più sfumato nel santo, descrive i volti. Il dinamismo, la forza volumetrica, la tensione drammatica di Assisi o di Arezzo, eredità di Cimabue e Giotto, vengono qui ponderati, l’intensità drammatica avendo perso forza a favore di una solennità e di un’interiorità più importanti. Tutti questi personaggi animano anche i personaggi presenti negli affreschi della sala capitolare della chiesa di San Francesco a Siena, alcuni dei quali collocati dalla critica intorno al 1336 ma che altri, tra cui Volpe, collocano intorno agli anni 1325-1326”.
Resta però un particolare punto interrogativo, secondo Turquin: l’uso da parte di Pietro della crisografia per enfatizzare le pieghe della veste di San Silvestro. Questa pratica, comune nella pittura bizantina, fu trasmessa agli artisti italiani del XIII e dell’inizio del XIV secolo: la adottarono Cimabue a Firenze e Duccio a Siena. Se tuttavia diventò ben presto obsoleta per Duccio, Simone Martini e i loro colleghi e seguaci, la crisografia rimase ancora attuale a Genova alla fine del XIV secolo: qui Barnaba da Modena coprì il manto delle sue vergini con questa rete grafica dorata, probabilmente soddisfacendo il gusto di mecenati appassionati di arte veneziana. Non è escluso, secondo Turquin, che anche Pietro Lorenzetti abbia risposto a tale richiesta proveniente da committenti religiosi fortemente dominati dalla tradizione bizantina (cosa che resta però da dimostrare in assenza di documenti, che peraltro prevedevano il più delle volte l’uso dei migliori colori e l’oro più pregiato per la realizzazione di opere religiose).
Una scoperta importante, insomma, si vedrà che cifra farà segnare il martello di Tajan.