471 milioni di euro, di cui solo 432 di affreschi e pitture murali, e 310 milioni solo per il murale di Caravaggio: queste sono le stime del Casino dell’Aurora che andrà all’asta a gennaio, con offerta minima fissata a 353.250.000 euro e rilanci di un milione. Chi potrà permettersi di acquistare il preziosissimo immobile a cifre così alte? Si tratta infatti di una somma da capogiro, molto elevata anche per le casse dello Stato che può avvalersi del diritto di prelazione, trattandosi di un bene vincolato, e dunque la domanda che ora in tanti si fanno è: la stima con cui è stata valutato il Casino è corretta?
Intanto la premessa: come è stata fatta la valutazione. Lo ha spiegato lo stesso esperto che se ne è occupato, lo storico dell’arte Alessandro Zuccari, che ha comunque ammesso che stimare il murale di Caravaggio, oltre alle altre pitture presenti nel Casino, è stato molto difficile perché si tratta spesso di opere uniche e soprattutto fanno parte di un complesso unitario che è rimasto intatto dal Seicento a oggi, mantenendo la sua unitarietà. Si tratta, per di più, di un luogo unico al mondo, perché non esistono altre pitture murali di Caravaggio, perché ospita una delle opere più belle del Guercino, l’Aurora, e perché ci sono capolavori di molti altri artisti del Seicento, a partire dal Domenichino. La stima è stata deduttiva: si è basata sulle stime assicurative di opere simili per tecnica e periodo, e sulle quotazioni di vendita (per esempio per Caravaggio è stato tenuto conto della stima della Giuditta di Tolosa, che per quanto sia accompagnata da numerosi dubbi attributivi, inclusi quelli dello stesso Zuccari che non la ritiene autografa, è comunque secondo lo studioso l’opera più vicina per poter formulare una quotazione).
Si è trattato di un procedimento corretto? La stima del professor Zuccari non è stata esente da critiche. Per prime sono arrivate quelle di Tomaso Montanari che ha parlato di una “stima assurda e vergognosa partorita da un professore disposto a valutare quei dipinti come se fossero tele libere da ogni vincolo, già disponibili sul mercato di Londra”: secondo lo studioso, trattandosi di “beni vincolati, e inamovibili, che dovranno continuare ad essere visitabili”, sono opere che “non valgono affatto quelle cifre astronomiche”. Il punto, sottinteso (l’articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano non lo spiega), è che i beni vincolati hanno sul mercato un valore decisamente più basso (proprio a causa del vincolo, che comporta una serie di limiti e obblighi da parte del proprietario del bene) rispetto a un bene non vincolato.
Più nello specifico è entrata Rita Borioni, membro del CdA della Rai, è già docente di Legislazione dei Beni Culturali (argomento sul quale ha anche scritto un manuale) all’Università della Calabria dal 2001 al 2009. “Gli attuali proprietari del Casino dell’Aurora Ludovisi”, ha scritto pubblicamente sul suo profilo Facebook, “hanno deciso di mettere in vendita il loro bene. E lo possono fare anche se il bene è vincolato perché, per lo Stato, che un bene immobile sia in proprietà di un privato o di un altro non fa grande differenza purché vengano garantite le prescrizioni di tutela e valorizzazione sul bene stesso. Lo Stato può comunque esercitare sui beni culturali il diritto di prelazione, vale a dire che può interporsi tra venditore e compratore dopo che la vendita è avvenuta e acquistare il bene al prezzo stabilito tra i due privati. Non, quindi, ad un prezzo che decide lo stato e neanche al prezzo chiesto astrattamente dal venditore, ma al prezzo al quale è stato effettivamente venduto”. Se il Casino dell’Aurora “fosse venduto non per 450 o 475 milioni, ma per 550 milioni di euro, quella sarebbe la cifra da pagare perché lo stato entri in possesso del bene”. Ancora, spiega Borioni citando la dirigente MiBACT Irene Berlingò, “è noto che i tentativi di esproprio da parte dello Stato e la determinazione del giusto prezzo sono sempre, e sottolineo sempre, ragione di contenziosi decennali che, tra l’altro, lo stato perde piuttosto spesso. Insomma a me piace molto il dibattito, anche su questi temi, ma andrebbe sempre ricordato che l’Italia è una democrazia liberale che tutela costituzionalmente la proprietà privata (salvo i limiti per garantire la funzione sociale e renderla accessibile a tutti) di tutti. La nostra e anche di quelli che ci stanno antipatici”.
Ancora, sulla rivista About Art Online, Gloria Gatti è partita domandandosi se “se alla sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma, si stia per mettere in vendita alla migliore offerta un Caravaggio imprigionato dentro una villa diruta, piuttosto, che una villa con dentro un Caravaggio”. Gatti contesta, intanto, il fatto che il giudice non abbia affidato la vendita a un soggetto specializzato nel settore di competenza (nel caso in specie, una casa d’aste): è stato invece scelto di disporre la vendita “tramite un commissionario ma ha seguito la procedura ordinaria, fissando una vendita telematica asincrona, delegando all’operazioni di vendita un notaio e incaricando per la perizia di stima dell’immobile un architetto”. Gatti ha specificato che il dilemma di valutare la pittura murale di Caravaggio “è stato risolto, con un calcolo aritmetico, dal Prof. Alessandro Zuccari, ed è stato ottenuto moltiplicandolo il valore dell’opera a metro quadro per l’estensione della volta, utilizzando il metodo dei comparables (transazioni comparabili), e prendendo come parametro il prezzo ‘proposto’ o sognato dall’antiquario francesce Eric Turquin per la Giuditta che decapita Oloferne, ritrovato in una soffitta di Tolosa”. Gatti ha ricordato che la Giuditta, opera controversa, sarebbe dovuta andare in asta nel 2019 con stima tra i 120 e i 150 milioni di euro, ma lo Stato francese ha rinunciato all’esercizio della prelazione “perché troppo dubbia era la sua attribuzione al Merisi e, come prevedibile, a seguito di ciò, il dipinto è stato ritirato dalla vendita dalla casa d’aste privata Labarbe e ad oggi se ne sono perse le tracce”. In sostanza, la stima della pittura murale di Caravaggio, spiega Gatti, di fatto “non è stata dedotta in via analogica da un dato reale, ma da un’opinione di Turquin, e da un’accattivante campagna marketing orchestrata su un dipinto dubbio che, quando fu esposto a Brera con l’asterisco (attribuzione proposta dal proprietario e non dal museo) provocò le dimissioni di Giovanni Agosti, membro del comitato scientifico della Pinacoteca e una spaccatura nel mondo dell’arte che ancora oggi non ha deciso se sia un lavoro di Caravaggio, del fiammingo Louis Finson o un’opera collettiva, lasciata incompiuta del Merisi e portata a termine da qualche suo seguace”.
Gatti sottolinea anche la pericolosità di affidarsi alle stime assicurative per quotare l’opera di Caravaggio: “il dato”, ha spiegato Massimo Maggio, AD di PL Ferrari, compagnia assicurativa specializzata in arte, “è spesso inattendibile soprattutto quando il prestatore è un soggetto privato, che spesso utilizza il valore assicurativo per compiere operazioni commerciali o finanziarie sull’opera”. Anche Gatti, come Montanari, spiega che il fatto che l’opera sia sottoposta a vincolo dovrebbe comportare un notevole abbattimento della stima: “Oltre, quindi, all’inattendibile comparable”, ha scritto Gatti, “in perizia non è stato applicato nessun coefficiente di abbattimento per il fatto che si tratta di un dipinto sottoposta a vincolo (art. 13 Codice Beni Culturali), circostanza che, sul mercato, è ben noto provocare un deprezzamento decisamente rilevante (dal 50% all’80%) [...]. E nessun ulteriore coefficiente di abbattimento è stato applicato perché si tratta di una pittura muraria, inseparabile dell’immobile su cui è realizzata, inamovibile e invendibile separatamente e insuscettibile di generare ricavi tramite prestiti onerosi”. In definitiva, secondo Gatti, “pur comprendendo la difficoltà di periziare un immobile unico e contenente l’unica pittura muraria di Caravaggio, la metodologia applicata per la stima che risulta una sommatoria dei valori delle murature a quella delle opere, inscindibili per vincolo e per natura, non risulta corretta, trattandosi di beni inseparabili. Tale criterio di stima avrebbe potuto essere applicato solo ove fosse stato previsto e autorizzato dalla Soprintendenza il distacco delle pitture murarie e la loro vendita all’incanto come beni mobili. Nella situazione attuale il valore della Villa Ludovisi avrebbe dovuto essere oggetto di un’unica perizia di stima quella immobiliare a cui applicare un coefficiente moltiplicativo in ragione dell’unicità e rarità delle opere che ne fanno parte e un ulteriore coefficiente moltiplicativo in ragione della maggiore potenziale redditività che potesse essere eventualmente ricavata dall’aggiudicatario tramite la fruizione al pubblico delle opere d’arte ivi contenute”.
Infine sull’argomento è intervenuta oggi la senatrice Margherita Corrado del Gruppo Misto, che ha presentato una interrogazione al ministro della cultura Dario Franceschini. Corrado parte da una premessa: il MiC ha facoltà di esercitare il diritto di prelazione, acquistando il Casino dell’Aurora allo stesso prezzo della migliore offerta privata, tuttavia “molti dubbi sono stati espressi sul metodo adottato per la stima”, spiega la parlamentare, “poiché il giudice, nel procedimento di divisione giudiziale tra gli eredi del principe Nicolò Boncompagni Ludovisi, mancato nel 2018, non si è avvalso della facoltà di affidare la vendita ad un soggetto specializzato nel settore (come consentito dall’art. 532 c.p.c. qualora i beni pignorati abbiano un carattere particolare, come in questo caso), né ha coinvolto il MiC, titolare dei diritti di tutela, ma ha seguito la procedura ordinaria e ha diviso, in sede di stima, ciò che per natura e vincolo non avrebbe dovuto esserlo, dal momento che l’immobile e la presunta pittura caravaggesca sono inseparabili”. Peraltro, fa sapere Corrado, “alla stima della seconda non è stato applicato alcun coefficiente di abbattimento, nonostante ricorressero i presupposti”. Corrado contesta anche il metodo delle transazioni comparabili adottato da Zuccari, pe il fatto che è stato adottato come parametro, sottolinea la senatrice, “non un dato reale ma ‘un’opinione’, come l’ha definita Gloria Gatti, sottolineando anche altre decisioni opinabili”.
Ancora, prosegue Corrado, per le modalità scelte (vendita telematica asincrona e non pubblicizzata su alcuna testata specializzata nel settore artistico), “potrebbero configurarsi un danno finanziario al privato, con il rischio che il compendio resti invenduto e alla prossima asta il suo valore sia ribassato del 20%, ma anche un danno erariale, perché in presenza, invece, di un’offerta valida, qualora lo Stato eserciti la prelazione, sarà costretto a sborsare una cifra potenzialmente sovradimensionata”. Dunque, Corrado e i colleghi Angrisani, Granato e Lannutti, hanno chiesto a Franceschini di spiegare “quanti e quali vincoli gravino sul Casino dell’Aurora e sui manufatti in esso contenuti (opere d’arte, arredi e accessori), a quando risalgano e se siano stati aggiornati di recente, e quando, o in vista del passaggio di proprietà che sarà sancito dall’asta; se di detti beni esista, singolarmente, un’adeguata documentazione fotografica; quale sia la stima complessiva dei beni oggetto dei citati provvedimenti di vincolo e quale il valore attribuito, nel merito, alla pittura caravaggesca e agli affreschi del Guercino raffiguranti l’Aurora e la Fama; a quando risalga e a quanto ammonti l’ultima tassa di successione pagata per il Casino dell’Aurora precedentemente alla morte del principe Nicolò Boncompagni Ludovisi e a quanto corrisponda la cifra se rivalutata ad oggi”.
Il Casino di Caravaggio in vendita a 471 milioni di euro. Ma la stima è corretta? |