Altro che Tiziano, altro che ritrovamento eccezionale. Il Ritratto di Gentiluomo recuperato nel 2020 nell’astigiano e restituito allo Stato con una cerimonia pubblica che si è tenuta ieri a Torino, a Palazzo Chiablese, non ha niente a che vedere con il grande cadorino: è un’opera antica, sì, ma di entità molto più modesta. Ne è convinto lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi, che esordisce dicendo che se quello è Tiziano, “io sono Napoleone! Il dipinto attribuito a Tiziano, che ieri è stato ‘riconsegnato’ allo Stato, non è di Tiziano”. A Palazzo Chiablese, secondo Sgarbi, “si è inscenata una lugubre cerimonia”, che ha celebrato “la insensata confisca di un’opera recuperata non in Svizzera ma in Italia, in un laboratorio di restauro dell’astigiano. Una esibizione muscolare”.
“Non c’era dunque nulla da recuperare, né un’opera da restituire a un Istituto pubblico”, afferma Sgarbi: il quadro è “un’opera sicuramente non di Tiziano e di modesto valore. Ciò che conta non è la presunta storia, o giallo, di una esportazione mancata, ma il luogo di un ritrovamento che indica una ‘non’ esportazione. D’altra parte la proposta anonima per ‘l’avvenuta importazione’ ha maggiore attendibilità dell’attribuzione interessata, presentando correttamente il Ritratto di gentiluomo con berretto nero con la generica attribuzione a scuola veneta”. L’opera era stata infatti dichiarata come dipinto del XVIII secolo dai proprietari svizzeri. Per il quadro in questione esiste solo “una perizia mercantile del 1998”, rileva Sgarbi, “unica attestazione (a pagamento, come ogni expertise privata) per un’opera non pubblicata da nessuno studioso di Tiziano, che indica un valore commerciale impossibile e ingannevole. Cinque, sei miliardi di lire nel 1998. Per dire: l’ultimo vero Tiziano, apparso qualche giorno fa a Vienna, alla casa d’aste Dorotheum, una magnifica Maddalena, ha raggiunto i 4 milioni di euro”. Il riferimento è alla Maddalena appartenuta alla regina Cristina di Svezia, questa sì un autentico dipinto di Tiziano Vecellio, il cui ritrovamento era stato annunciato il 12 aprile e che è stata venduta venduta a 4,8 milioni di euro, il triplo della stima iniziale di 1-1,5 milioni.
Peraltro, “comicamente”, prosegue Sgarbi, “l’articolo apparso su Repubblica traduce i 5/6 miliardi in 7 milioni di euro”, e in più “chiama il professore Augusto Gentili ‘Giovanni Gentile’, confondendolo evidentemente con il filosofo. Ecco, la distanza tra Tiziano e l’autore del Ritratto in nero è la stessa che vi è fra il grande filosofo Gentile e lo studioso d’arte Gentili”. E c’è di più: “Il quadro, come annota il gip nel provvedimento di confisca”, afferma ancora lo storico dell’arte, "fino al 2003 si trovava in territorio italiano, da dove è poi ‘inspiegabilmente sparito’. Uno dei due svizzeri ha dichiarato di averlo acquistato dal connazionale nel 2004 grazie a un amico elettricista che gli aveva segnalato la possibilità di un ‘buon affare’. Una caricatura. E da quando un dipinto di Tiziano si compra da un elettricista?”.
In definitiva, secondo Sgarbi oggi lo Stato, con questo dipinto, “stringe un pugno di mosche. Altroché ‘misura recuperatoria (sic!) di carattere amministrativo’, nell’italiano improbabile del pubblico ministero! Non si è recuperato niente, si è preso in giro lo Stato. E nessuno pagherà. Tiziano non c’è. Una operazione evitabile (e ritrosiva)”.
Di chi è allora l’opera? Potrebbe verosimilmente trattarsi di un dipinto di area tedesca, facilmente confondibile con un ritratto veneziano dati i solidi legami che nel Cinquecento la Serenissima intratteneva con l’Impero Asburgico, sia a livello economico, sia a livello culturale: gli stessi ritratti di Tiziano contribuirono a diffondere una moda che attecchì in Germania e più in generale nel nord Europa, con ritratti a mezzo busto dove i soggetti erano raffigurati in abito nero e su fondo chiaro. Ritratti di questo genere abbondano nella produzione di ritrattisti nordici attivi al tempo di Carlo V, come il tedesco Christoph Amberger (è semmai agli schemi di questo artista, e non a quelli di Tiziano, che è meglio accostabile il dipinto ritrovato), l’austriaco Jakob Seisenegger, il fiammingo Michiel van Coxcie e diversi altri che declinarono secondo la loro sensibilità e il loro stile i modelli che arrivavano da Venezia. Dunque, è molto più probabile che occorra guardare più a nord per trovare, qualora possibile, il nome dell’autore di questo dipinto.
In giornata è poi arrivato anche il parere di Andrea Donati, giovane specialista di Tiziano secondo il quale l’opera “non ha nulla a che fare con Tiziano, che mai può aver dipinto un’opera simile. Non si capisce come si sia potuto fare il nome di Tiziano per un’opera così diversa dal suo stile. Lo stile, più che all’ambito veneziano, rimanda a quello italianizzante tedesco-fiammingo. La moda in nero, infatti, e l’impostazione stessa del ritratto rispecchiano modelli diffusi ovunque in Europa a seguito dell’imperatore Carlo V. Un ritratto celeberrimo dell’imperatore (replica certa di Tiziano) si trova nella collezione Farnese a Capodimonte. Lo scambio tra la ritrattistica veneziana e quella tedesco-fiamminga è piuttosto facile nel Cinquecento, quando tra Venezia e l’Impero asburgico i legami erano assai forti. Per attribuire un dipinto a Tiziano, tuttavia, ci vogliono argomenti solidi e qui non se ne vedono. Di Tiziano in questo ritratto io non ci vedo nemmeno l’ombra. E sarebbe vano pure attribuirlo a un allievo o seguace di Tiziano, che pure ne aveva tanti. Pertanto l’attribuzione a mio avviso è clamorosamente sbagliata. È sicuramente al di sopra di ogni ragionevole parametro valido; quindi appare formulata senza una cognizione reale del mercato. Ci si chiede perplessi perché fare il nome di Tiziano così a casaccio in un modo tanto plateale, quando Tiziano meriterebbe ben altra attenzione e ben altro palcoscenico. La storia dell’arte è una disciplina seria che richiede motivazione, dedizione ma soprattutto una vera preparazione professionale. Tutti possono conoscere Tiziano nelle chiese e nei musei dove le sue opere sono conservate, ma riconoscere un Tiziano lo può fare solo chi lo ha studiato per anni dando prova di padroneggiare le fonti, la materia e la storia dell’arte”.
Altro che Tiziano! Parla Sgarbi: il dipinto ritrovato è un'opera modesta |