Vicenza, fondata nel II secolo a.C., prosperò sotto la dominazione veneziana dall’inizio del XV secolo alla fine del XVIII secolo. Famosa per il suo patrimonio architettonico, la città possiede il titolo di Patrimonio dell’Umanità UNESCO grazie alle opere dell’architetto rinascimentale Andrea Palladio (Padova, 1508 – Maser, 1580), il quale ha dato vita allo stile inconfondibile presente nelle architetture della città. I palazzi e le residenze, integrati nel contesto urbano medievale, regalano un insieme di edifici dove il gotico veneto si alterna con il classicismo palladiano. Nel cuore del suo centro storico si trova la Basilica Palladiana, simbolo di Vicenza e Piazza dei Signori, circondata da palazzi come la Loggia del Capitaniato. Tra le opere più celebri di Palladio spiccano La Rotonda, un simbolo dell’architettura palladiana e il Teatro Olimpico, ultima opera dell’architetto e meraviglia dell’architettura teatrale rinascimentale. La città è inoltre formata da musei e gallerie d’arte che ospitano mostre permanenti e temporanee con opere di artisti del passato rinascimentale e contemporanei. Tra i più famosi si trovano, il Museo civico di Palazzo Chiericati e le Gallerie d’Italia in Palazzo Leoni Montanari, che presentano un’ampia panoramica sull’arte della magna grecia, veneta e russa. Ecco quali sono i 10 luoghi da non perdere vi trovate in viaggio verso la città del Palladio.
Piazza dei Signori, nel centro storico di Vicenza, trae le sue origini dal foro romano e dal mercato dell’antica città di Vicetia, rimanendo sempre il fulcro degli affari e del tempo libero della comunità. Oggi, la piazza è dominata dalla Basilica Palladiana e affiancata dalla Torre Bissara, che, situata accanto alla Basilica, è considerata una delle strutture più alte della città e ospita un orologio del 1378 che non solo indica le ore ma anche le fasi lunari. Di fronte alla Basilica, è costruita la loggia del Capitaniato, una delle opere mature di Andrea Palladio. Costruito tra il 1565 e il 1572, il palazzo presenta stucchi celebrativi della vittoria nella Battaglia di Lepanto avvenuta nel 1571. Il nome “dei Signori” deriva dalla scelta dei signori del potere costituito, come il podestà e il capitano nominati dalla Repubblica di Venezia, di risiedere nei palazzi della piazza. Un ulteriore testimonianza della dominazione veneziana su Vicenza è rappresentata dalla colonna sormontata dal leone di San Marco, eretta nel 1464, alla quale nel 1640 è stata affiancata una seconda colonna con una statua di Cristo.
I palazzi di Vicenza, situati nell’area delle logge palladiane, hanno radici fin dalla seconda metà del Duecento. Il Palatium vetus, prima sede del Comune e delle magistrature, si trovava verso l’attuale piazzetta Palladio e fino all’archivolto che conduce a piazza delle Erbe. Nel settore orientale invece, il Palatium Communis ospitava il Salone dei Quattrocento. In seguito, numerosi incendi e danni storici portarono alla ricostruzione degli edifici intorno al 1450, utilizzando le murature inferiori dei palazzi duecenteschi per erigere un grande salone con un soffitto a carena di nave rovesciata, originariamente in legno rivestito di piombo. Nel XIX secolo, a causa delle devastazioni delle truppe francesi e austriache, il palazzo dell’attuale Balisica era in degrado. L’architetto Bartolomeo Malacarne (Vicenza, 1782 – Venezia, 1842) decise quindi di restaurarne il soffitto a carena tra il 1823 e il 1832, sostituendo il piombo con il rame. Tuttavia, durante i bombardamenti del 1945, il soffitto fu incendiato e ricostruito nel 1947 con legno e cemento armato. Nel 2002, il Comune di Vicenza lanciò un concorso internazionale per il restauro conservativo e funzionale, completato tra il 2007 e il 2012. La Basilica riaprì al pubblico il 5 ottobre 2012 e il 9 maggio 2014 è stata dichiarata Monumento Nazionale.
Il Teatro Olimpico fu l’ultima opera dell’architetto Andrea Palladio e fu commissionato nel febbraio 1580 dall’Accademia Olimpica, un’associazione di illustri personalità vicentine nel campo delle lettere, scienze e arti, di cui Palladio stesso era membro. Il progetto del teatro si ispirava al modello di teatro all’antica, rifacendosi agli studi rinascimentali di Vitruvio. Gli spazi teatrali servivano inoltre anche come luogo di celebrazione per l’aristocrazia vicentina, rispecchiando gli ideali classici sostenuti dai membri dell’Accademia. Ad oggi, l’accesso al Teatro Olimpico avviene attraverso l’Odeo e l’Antiodeo, due grandi sale progettate da Vincenzo Scamozzi, principale protagonista dell’architettura vicentina del Cinquecento dopo il Palladio. L’Odeo è decorato con affreschi di Francesco Maffei, risalenti al 1637 circa, che raffigurano divinità e figure allegoriche. L’Antiodeo, invece, presenta un fregio monocromo del 1595 circa, che riproduce allestimenti teatrali curati dall’Accademia prima della costruzione dell’Olimpico e spettacoli come Edipo Re e Ambasceria dei legati giapponesi.
Palazzo Chiericati, sede del Museo Civico, è stato progettato nel 1550 da Andrea Palladio per Girolamo Chiericati e fu completato nel tardo XVII secolo. Oltre alla collezione del museo, all’interno dei suoi spazi è possibile trovare diversi affreschi che decorano la struttura. Nella Sala del Firmamento e Sala d’Ercole al piano terra, si trovano le decorazioni cinquecentesche ad affresco di Domenico Brusasorzi, mentre nella Sala del Concilio degli Dei quelle di Battista Zelotti. Al piano nobile, all’interno della Sala delle Virtù Civili, sono presenti gli affreschi di Brusasorzi, e quelli di Battista del Moro nella Sala della Colonna Traiana. Nella parte seicentesca del palazzo, i soffitti decorati con stucchi bianchi e dorati ospitano tele di Cristoforo Menarola, l’Apoteosi della famiglia Chiericati e i tondi con figure allegoriche, e quelli di Bartolomeo Cittadella che raffigurano Apollo sul Parnaso con la lira e Muse agli angoli. Al piano interrato in più sono state scoperte le fondamenta delle antiche casette Chiericati del XIV e XV secolo, insieme agli spazi che un tempo ospitavano la servitù, come cucine e cantine, con il camino, il pozzo e la scala delle botti ancora visibili. Tra le opere che il museo conserva si ricordano: il legato di Paolina Porto Godi, composto da 90 dipinti (1825-1831); il legato di Girolamo Egidio di Velo, composto da reperti archeologici dalle Terme di Caracalla (1831); il legato di Carlo Vicentini dal Giglio, con 364 dipinti (1834); e il legato di 33 disegni di Andrea Palladio, donati da Gaetano Pinali (1838).
Situato nel centro storico di Vicenza, Palazzo Leoni Montanari fa parte de Le Gallerie d’Italia, il polo museale del gruppo Intesa San Paolo, presente anche in altre città italiane come Milano e Napoli. Al suo interno, Le Gallerie d’Italia presentano mostre temporanee che spaziano dall’arte antica a quella contemporanea, in dialogo con gli affreschi e le decorazioni iconografiche del palazzo stesso e con le collezioni permanenti. La collezione museale offre diverse sezioni, tra cui le ceramiche attiche e magnogreche e il Settecento veneto, con opere di Pietro Longhi e vedutisti, trasportando il visitatore nell’atmosfera dell’epoca della Serenissima. Inoltre, la raccolta di icone russe, una delle più significative in Occidente, regala un viaggio verso la religione ortodossa con una nuova presentazione museografica. Palazzo Leoni Montanari invita i visitatori a scoprire la storia del mecenatismo locale e i miti antichi rappresentati, con dettaglio ad Apollo ed Ercole, i “numi tutelari”, incarnati nelle decorazioni del palazzo.
Il parco cinquecentesco dei Giardini Salvi, situato all’estremità ovest di corso Palladio, appartenne alla famiglia Valmarana fino al primo decennio dell’Ottocento. Nel 1592, la famiglia decise di aprirlo al pubblico, ma presto fu nuovamente chiuso. Oggi, i giardini ospitano statue e due logge in stile palladiano, distintivo delle architetture di Vicenza: la loggia Valmarana, del XVI secolo, si affaccia su un piccolo corso d’acqua che un tempo difendeva le mura cittadine. L’altra, la loggia Longhena risalente al XVII secolo è situata più a sud e fu un luogo d’incontro per i membri dell’Accademia Olimpica nei secoli passati. Acquistati in seguito dalla famiglia Salvi nell’Ottocento, i giardini diventarono proprietà comunale nel 1907. Nel 1994, la Loggia Valmarana è stata inserita nella lista dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO insieme agli altri monumenti palladiani della città.
L’origine del Santuario di Monte Berico risale alle due apparizioni della Madonna a Vincenza Pasini, nel 1426 e nel 1428, anni segnati dall’epidemia di peste. La Madonna promise la fine della peste e chiese che fosse eretta una chiesa in quel luogo. Nel 1428 perciò, fu costruita la prima chiesetta tardogotica e un piccolo convento per accogliere una comunità religiosa dedicata all’assistenza ai pellegrini. Tra il 1493 e il 1498, il convento fu ampliato, mentre nel 1475 la chiesa fu estesa per mano di Lorenzo da Bologna. Successivamente nel 1562, Palladio progettò una moderna chiesa a pianta centrale, ma il progetto fu abbandonato. Negli anni 1578-79, l’architetto aggiunse elementi classici, seguiti da ulteriori ampliamenti nel 1590-91, adesso demoliti. La chiesa barocca fu successivamente realizzata da Carlo Borella, mentre tra il 1825 e il 1852 Antonio Piovene progettò il nuovo campanile, causando la distruzione del coro di Lorenzo da Bologna e il danneggiamento dell’annessa sacrestia. Qualche anno dopo, nel 1860-61, Giovanni Miglioranza rifece la facciata della chiesa originaria. Ad oggi l’interno della chiesa conserva diverse opere d’arte, tra cui la Vergine con i quattro evangelisti e il Battesimo di Cristo di Alessandro Maganza, e la Pietà di Bartolomeo Montagna, datata ai primi anni del Cinquecento.
Villa Valmarana ai Nani è un complesso di tre edifici immersi in un vasto parco d’epoca. La Palazzina, costruita nel 1669, insieme alla Foresteria e alla Scuderia del 1720, è circondata da roseti, un giardino all’italiana con una quinta scenica e un pozzo, e una carpinata. Entrambe le strutture sono affrescate da Giambattista e Giandomenico Tiepolo, commissionati nel 1757 dal proprietario dell’edificio, Giustino Valmarana. Il suo nome deriva dalle statue dei 17 nani in pietra, originariamente sparse nel giardino ma ora collocate sul muro di cinta. Le statue sono legate alla leggenda della principessa Layana, presumibilmente create da Francesco Uliaco e ispirate da Giandomenico Tiepolo. Costruita nel 1669 dall’avvocato Giovanni Maria Bertolo e successivamente ereditata dalla figlia Giulia, monaca del monastero di Ognissanti a Padova, la villa fu in seguito acquistata da Giustino Valmarana nel 1715. La sua bellezza è data soprattutto dal lavoro dei Tiepolo: il padre affresca principalmente la Palazzina con temi dai libri preferiti del committente, mentre il figlio progetta i dipinti nella Foresteria lasciando la Stanza degli dei dell’Olimpo al padre. All’interno della Villa, nel salone centrale della villa è appeso il ritratto di Andrea Palladio, attribuito al pittore Giovanbattista Maganza, sebbene la sua attribuzione non sia del tutto certa.
La Rotonda, progettata da Andrea Palladio al culmine della sua carriera, fu commissionata dal nobile vicentino Paolo Almerico (1514-1589), un ecclesiastico che nel 1565 incaricò Palladio di realizzare la sua nuova residenza su un colle alle porte di Vicenza. Il rifugio doveva servire sia come luogo di rappresentanza, ben visibile e simbolico, sia come ritiro bucolico lontano dall’aristocrazia cittadina. Venne poi completata dai fratelli Capra, da cui l’altro nome con cui è nota (Villa Almerico Capra, oppure Villa Capra). La Rotonda combina le funzioni agricole di una villa rurale veneta con l’aura sacra di un tempio pagano o cristiano, mettendo l’uomo del Cinquecento al centro della sua struttura. Ad oggi la sua architettura, classica e moderna insieme, è diventata un’icona di equilibrio e armonia, un modello progettuale unico. All’interno, le sculture sono opera del vicentino Lorenzo Rubini, mentre i soffitti delle quattro sale d’angolo e dei camerini del piano nobile, oltre alla volta a cupola, furono affrescati tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo da Alessandro Maganza con allegorie della religione e delle virtù. Louis Dorigny, pittore francese, è autore degli affreschi sulle pareti della stanza rotonda centrale, dove otto gigantesche divinità olimpiche si innalzano in un’architettura illusionistica che inganna l’occhio.
Il Museo Naturalistico-Archeologico è situato nei chiostri del vecchio convento del Domenicani, nel centro storico di Vicenza. Lo spazio museale è diviso in due sezioni: Naturalistica e Archeologica. La sezione Naturalistica illustra le caratteristiche del territorio, famoso per l’unicità della sua fauna e flora, con un focus sui Colli Berici. La sezione Archeologica, invece, custodisce manufatti che raccontano la storia del Vicentino dalla preistoria fino ai Longobardi. La parte dedicata alla Preistoria presenta un importante raccolta di strumenti in pietra, attestando la presenza dell’uomo sui Colli Berici fin dal Paleolitico medio. Di pregio sono reperti neolitici e dell’età del Bronzo dalle Valli di Fimon, tra cui i vasi a bocca quadrata di Molino Casarotto. L’Età del Ferro è rappresentata da materiali votivi, come le laminette figurate in rame; L’Età romana include reperti del teatro romano di Berga e del criptoportico di piazza Duomo, oltre a anfore e mosaici di Vicenza. Una collezione di statuaria romana invece, donata da Girolamo Egidio di Velo nel XIX secolo, arricchisce l’esposizione museale.