Un viaggio attraverso una terra dove la storia ha plasmato ogni pietra, ogni torre, ogni borgo, nel cuore della Romagna e in particolare della Romagna Toscana. L’entroterra romagnolo è segnato dalla presenza di diverse Fortezze medicee: in epoca rinascimentale, infatti, parte della Romagna era posta sotto il dominio dei Medici, e in generale tutta la regione fu oggetto di battaglie e contese, essendo la sua posizione decisamente importante dal punto di vista strategico. Si può dunque percorrere un itinerario tra capolavori di ingegneria militare e paesaggi che paiono usciti da un dipinto rinascimentale. Questa regione racconta storie di confini contesi e di una Firenze in espansione, governata dai Medici. Dal XV secolo fino al 1923, la Romagna fu un crocevia di culture, strategie e innovazioni architettoniche. Più nello specifico, la Romagna Toscana, sul versante adriatico dell’Appennino tosco-romagnolo, è un territorio punteggiato di rocche e torri che un tempo controllavano le vie di comunicazione cruciali per collegare Firenze al Nord Italia.
Nel 1403, quando i territori fiorentini in Romagna avevano acquisito una loro fisionomia, Firenze designò Castrocaro come capoluogo e denominò i territori Provinciae Florentinae in partibus Romandiolae. C’è anche una città di fondazione: è Terra del Sole, fondata nel 1564 vicino a Castrocaro, a soli 6 km da Forlì. Questo capolavoro di ingegneria rinascimentale fu creato per garantire un controllo rigoroso della regione, concentrando i poteri giurisdizionali nelle mani di un funzionario di fiducia di Cosimo I de’ Medici. L’itinerario tra le rocche romagnole comprende anche le Rocche di Forlì e Forlimpopoli, legate alla figura di Caterina Sforza, che sposò in terze nozze Giovanni de’ Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico. Per la Rocca di Ravaldino, Caterina Sforza commissionò importanti interventi di ampliamento, affidandoli all’architetto fiorentino Mastro Giorgio Fiorentino, noto per la sua esperienza nella progettazione di fortezze.
Le fortezze medicee non sono solo opere d’ingegneria: sono testimoni del dominio fiorentino, del suo desiderio di controllo e della sua capacità di costruire strutture che resistessero al tempo e alle invasioni. Ogni tappa di questo itinerario ci ricorda il ruolo cruciale delle fortificazioni nella storia della Romagna toscana. Non solo strumenti di difesa, queste opere rappresentano il potere e la cultura di un’epoca che ha fatto dell’ingegneria e dell’architettura un linguaggio universale. Un percorso ricco di fascino, un viaggio nella storia, un’esperienza che unisce la bellezza del paesaggio appenninico alla scoperta di un patrimonio culturale unico. Ogni borgo, ogni rocca, ogni pietra racconta una storia di conquista, di difesa e di ingegno. Ecco, di seguito, le dieci tappe del viaggio.
Premilcuore, adagiato vicino al confine con la Toscana, è un borgo le cui origini sono poco note, avvolte anche da leggende, e che si perdono nei millenni: tracce di età eneolitica, reperti umbro-etruschi e resti di epoca tardo romana testimoniano la sua antichità. La storia documentata inizia con il dominio fiorentino nel 1375, un’epoca segnata da tumultuose vicende, tra cui l’occupazione da parte di Filippo Maria Visconti e il breve regno di Caterina Sforza, che nel 1494-1496 si rifugiò a Premilcuore per difendersi dall’attacco di Cesare Borgia. La svolta arriva nel 1504, quando un tradimento del castellano consegna il borgo ai fiorentini, consolidandone l’appartenenza a Firenze. Dopo secoli di vicissitudini politiche, Premilcuore passa ufficialmente alla provincia di Forlì da quella di Firenze nei primi anni del Novecento. Questo passato turbolento è inciso nelle pietre del suo borgo murato, accessibile un tempo solo attraverso due porte: Porta di Sotto, oggi demolita, e Porta Fiorentina, che resiste al tempo pur con alcuni restauri. All’interno, l’antica Rocca domina il panorama, evocando le lotte e i poteri che si contesero questa terra.
Non lontano dal borgo sorge la Pieve di San Martino in Alpe, un capolavoro medievale rimaneggiato nel 1526. Questa chiesa, di un’eleganza tipicamente rinascimentale toscana, conserva una croce del Quattrocento, un’opera che incarna il legame tra Premilcuore e la tradizione artistica fiorentina.
Portico e San Benedetto sono due volti di un’unica storia, uniti in un intreccio di cultura, architettura e tradizione. Portico in Romagna, il cui nome deriva dal latino porticum (mercato coperto), divenne nel 1386 la capitale della Romagna Toscana sotto il dominio di Firenze. La sua struttura medievale, unica e ben conservata, si articola su tre livelli distinti ma collegati da passaggi che raccontano la vita quotidiana di un tempo: il castello nella parte alta, con la torre Portinari e il Palazzo del Podestà; i portici e i palazzi nobiliari come Palazzo Portinari nel piano intermedio; le case dei popolani lungo il fiume, che chiudevano il borgo in basso. Ai quattro angoli del paese, torri d’avvistamento trasformate col tempo in depositi o rondinaie testimoniano le necessità difensive dell’epoca.
San Benedetto in Alpe, invece, si sviluppa intorno alla celebre abbazia omonima, fondata dai monaci di Cluny intorno all’anno 1000. Questo centro, nato nei pressi dell’incrocio dei torrenti Acquacheta, Rio Destro e Troncalosso, prese il nome di Biforco e si arricchì presto di mulini, un ospizio per viandanti, e strutture agricole come il pecorile e il caprile. Tuttavia, la sua abbazia conobbe la decadenza nel XIV secolo, con la perdita dell’ordine benedettino e il passaggio ai Vallombrosani, fino a un secondo declino nel 1529. I restauri successivi modificarono profondamente l’architettura dell’edificio, spostando l’abside e distruggendo parte del chiostro originale. Il legame di entrambi i borghi con Firenze è radicato nei secoli: dal 1440, Portico e San Benedetto passarono sotto la giurisdizione della Signoria che fu prima dei Medici e poi dei Lorena, mantenendo vivo un artigianato che prosperò accanto alla tradizione agricola e religiosa.
Rocca San Casciano, il cui primo riferimento scritto risale al 1197, ha vissuto una storia tumultuosa segnata da invasioni, conquiste e calamità naturali. Il castello originario, attestato nel XIII secolo, fu una delle fortezze sotto la giurisdizione del vescovo di Forlimpopoli, poi affidato a Faenza. Nel 1382 passò a Firenze, ma non senza alterne vicende: i Visconti lo conquistarono nel 1424, per poi cederlo agli Ordelaffi l’anno successivo. I fiorentini riconquistarono la Rocca nel 1436, consolidandone il controllo.
Gli eventi del 1504, con l’occupazione del castello da parte di Dionigi Naldi per conto di Venezia, segnarono una svolta: i veneziani smantellarono la rocca, indebolendo così la sua funzione strategica. Nel 1661 un devastante terremoto colpì Rocca San Casciano, causando il crollo parziale della struttura. Quello che un tempo era un simbolo di potere e difesa fu lentamente adattato a usi più umili, trasformandosi in abitazioni rurali.
Il borgo di Rocca San Casciano, pur con le sue ferite storiche, resta un testimone vivente delle grandi potenze che si avvicendarono sul territorio: dalla Signoria di Firenze, che la incluse nei suoi domini per secoli, alle dinastie locali e alle influenze veneziane.
La Rocca di Dovadola, risalente al XII secolo, domina ancora oggi lo sperone roccioso su cui fu costruita per controllare la strada tra Romagna e Toscana. Di proprietà inizialmente degli arcivescovi di Ravenna, passò ai monaci di San Benedetto in Alpe e infine ai Conti Guidi, che ne fecero un baluardo del loro potere. La fortezza si orientava verso nord-est, pronta a fronteggiare eventuali attacchi dalla Romagna, mentre le sue terrazze si affacciavano verso la Toscana, simbolo di una duplice appartenenza culturale e geografica.
Le strutture fortificate di Dovadola, con il mastio che sovrasta il paesaggio circostante, evocano un’epoca in cui ogni sentiero era sorvegliato e ogni valle celava insidie. Oggi il borgo è un esempio di come la storia possa plasmare l’identità di un luogo, dove i secoli di contese tra signorie si riflettono nelle sue mura e nella sua architettura.
Modigliana vanta una storia che affonda le sue radici nel IX secolo, quando la contessa Ingelrada ne fece dono al figlio Pietro, diacono di Ravenna. Nei secoli successivi, il castello e la Rocca furono il cuore del potere dei Conti Guidi, che ottennero il titolo di conti palatini e ne fecero una delle loro principali roccaforti.
Nel 1166, il castello ospitò l’imperatore Federico Barbarossa, la cui moglie diede alla luce un figlio tra le sue mura. Questo evento segnò uno dei momenti più illustri della storia di Modigliana, che divenne oggetto di contese tra Firenze e gli alleati dell’impero. Nel 1440 Firenze riconquistò la città e, per garantirne la difesa, costruì una terza cinta muraria con dodici torri. La Rocca, con il suo mastio cilindrico e le imponenti mura in ciottoli di fiume, fu il fulcro della vita medievale. Al suo interno si trovavano cisterne, abitazioni e una cappella dedicata a Santa Barbara. Ma con il declino delle funzioni militari (a partire dalla fine del Cinquecento, quando Modigliana non era più strategica per Firenze), la costruzione di nuove fortezze e i disastri naturali – come i terremoti del 1661, del 1725 e del 1918 – il complesso fu abbandonato.
Oggi, nonostante i secoli di abbandono e i danni inflitti dal tempo, Modigliana conserva ancora il fascino dell’epoca medievale e rinascimentale, periodo più fulgido della storia del borgo, quando attorno alla Rocca si svolgevano cacce, cavalcate, tornei di cavalieri, feste e mercati.
Arroccato sulla cima di un monte che domina la valle del fiume Marzeno, il sito di Ceparano rappresenta uno dei luoghi storici più affascinanti dell’Appennino Romagnolo. Qui, a circa 10 chilometri da Faenza, in direzione Modigliana, sorgeva un fortino medievale noto come la Torre di Ceparano. Le sue vestigia, che si innalzano ancora maestose tra le asperità del paesaggio, ricordano la pianta del castello di Rontana, altro presidio di rilevante importanza strategica per il controllo del territorio. Le origini di Ceparano risalgono al X secolo, quando il sito ospitava una pieve dedicata a Santa Maria in Castro Cepariano, menzionata già nel 970 e circondata da un castelletto. La storia di Ceparano è strettamente legata alla famiglia dei Conti Guidi, potente casata che dominò la regione per quattro secoli. Tuttavia, la posizione strategica di Ceparano lo rese un obiettivo di contese continue. I faentini, sostenitori della fazione guelfa, nel 1167 demolirono la fortezza e riedificarono la chiesa in una posizione meno vulnerabile.
Nel XIII secolo, i Manfredi di Faenza ripresero il controllo del fortino, che venne ulteriormente distrutto nel 1356 dal cardinale Albornoz durante la sua campagna contro le rocche ghibelline. Astorgio I dei Manfredi lo fece ricostruire nel 1378, come testimoniato da due lastre di pietra ritrovate nei pressi della torre: una di esse raffigura il blasone manfrediano, mentre l’altra celebra la ricostruzione con un’iscrizione in latino. Entrambi i reperti sono oggi custoditi nella Pinacoteca Comunale di Faenza.
Successivamente, la torre seguì le vicende dei domini della Romagna: passò brevemente sotto Cesare Borgia (il Valentino) nel 1500, poi ai veneziani nel 1503 e infine allo Stato Pontificio, che nel 1577 decretò l’abbattimento della struttura a causa delle incursioni dei briganti. La pieve originaria di Santa Maria, oggi chiamata San Giorgio, venne infine spostata a una quota più bassa, dove conserva un suggestivo fonte battesimale del XV secolo e opere d’arte d’origini toscane che testimoniano secoli di storia religiosa.
Castrocaro Terme, uno dei borghi più pittoreschi della Romagna, racchiude una storia millenaria che si intreccia con la politica e la cultura della regione. Le prime attestazioni del “Castrum Carium” risalgono al 1035, ma si ritiene che il sito fosse già abitato in epoca longobarda sotto il nome di Sussubium. La posizione strategica, sulla valle del fiume Montone, ne fece una roccaforte contesa tra diversi poteri, dalla Chiesa ai comuni medievali, fino alla Repubblica di Firenze.
Durante il Medioevo, il castello di Castrocaro si sviluppò come una delle più importanti fortificazioni della Romagna. Nel 1371, il legato pontificio Anglico de Grimoard lo descrisse nella celebre Descriptio provinciae Romandiolae come una struttura complessa con mura imponenti, torri e porte fortificate. La fortezza si articolava in tre nuclei principali: la torre del “Girone”, la Rocca e gli arsenali medicei. Questa disposizione, ottimizzata per la difesa e l’offesa, rifletteva le avanzate tecniche architettoniche dell’epoca. Sotto il dominio fiorentino, a partire dal 1403, Castrocaro fu inserita tra le 21 castellanie più importanti della Toscana, e i Medici apportarono significativi miglioramenti alla struttura per adeguarla alle nuove esigenze belliche.
Oggi, la fortezza di Castrocaro è considerata un capolavoro dell’architettura medievale. La visita comincia dal Palazzo del Castellano, che ospita un museo (il Museo storico del Castello e della Città) con collezioni di armi, ceramiche, e opere d’arte rinascimentale. Scendendo verso gli Arsenali Medicei, si possono ammirare le “cannoniere”, ambienti unici progettati per l’artiglieria moderna, caratterizzati da grandi volte e camini progettati per dissipare il fumo. Il percorso culmina nella corte interna, dove si svolgono rievocazioni storiche e spettacoli.
Nata nel 1564 per volontà di Cosimo I de’ Medici, Terra del Sole rappresenta uno degli esempi più straordinari di città ideale del Rinascimento, assieme a città come Sabbioneta e Palmanova. La sua costruzione rispondeva a una precisa strategia del Granducato di Toscana: fortificare il confine nord-orientale e creare un centro amministrativo per la gestione della Romagna Toscana. Il progetto, affidato all’ingegnere militare Giovanni Camerini e successivamente perfezionato da Bernardo Buontalenti, integrava fortificazioni all’avanguardia con una pianta urbana perfettamente simmetrica.
La città si sviluppa attorno a una piazza centrale, su cui si affacciano il Palazzo del Commissario, sede del governo locale, e la chiesa di Santa Reparata, destinata alle funzioni religiose. Le mura che circondano Terra del Sole, dotate di bastioni angolari e porte fortificate (Fiorentina e Romana), sono un capolavoro di architettura militare: proteggevano non solo la popolazione locale, ma anche le attività commerciali e amministrative della città, che includevano un mercato del grano e del sale.
La posizione di Terra del Sole, al confine con lo Stato della Chiesa, la rese un punto strategico per la gestione della giustizia. Fino al Settecento, la città fu teatro di processi e condanne, divenendo un simbolo del controllo mediceo sulla regione. Oggi, il borgo conserva intatta la sua struttura originaria e offre ai visitatori l’opportunità di immergersi in un’atmosfera fuori dal tempo. Le mura, perfettamente conservate, e il panorama sulla valle circostante rendono Terra del Sole una meta imperdibile per gli amanti della storia e dell’architettura rinascimentale.
Forlì, durante il Rinascimento, divenne uno dei centri nevralgici della storia italiana, grazie alla presenza di Caterina Sforza, una figura di grande rilevanza. Nel 1497, Caterina, vedova di Girolamo Riario e nipote di papa Sisto IV, sposò Giovanni de’ Medici, detto “il Popolano”: dal matrimonio nacque Ludovico (poi Giovanni) delle Bande Nere, un famoso capitano di ventura, padre di Cosimo I de’ Medici, il primo Granduca di Toscana. La storia di Caterina Sforza è indissolubilmente legata alla città di Forlì, che fu teatro di una delle sue battaglie più celebri.
Il punto focale della difesa di Forlì fu la Rocca di Ravaldino, che prese il nome proprio da Caterina Sforza. La Rocca fu una delle principali fortificazioni medievali e, nel 1471, l’architetto Giorgio Marchesi Fiorentino ne ampliò le fortificazioni. Nel 1481, Girolamo Riario, marito di Caterina, commissionò la costruzione della Cittadella, una serie di fortificazioni e rivellini destinati a rafforzare ulteriormente la difesa della città. La Rocca di Ravaldino era circondata da fossati e ponti levatoi che la rendevano praticamente imprendibile. Nel 1496, Caterina Sforza fece erigere un ulteriore rivellino e una palazzina, chiamata Il Paradiso, sopra le rovine di un antico forte trecentesco. Nonostante la sua resistenza eroica, Caterina Sforza non poté evitare la caduta della Rocca nel gennaio del 1500, quando Cesare Borgia, dopo aver assediato la città, conquistò il castello e la condusse prigioniera a Roma. L’eroica difesa di Caterina ha segnato un momento cruciale nella storia della città, rendendola famosa in tutta Italia.
La Rocca di Ravaldino ha subito diverse modifiche nel corso dei secoli, specialmente con l’avvento delle artiglierie che ne hanno ridimensionato l’importanza come struttura difensiva, trasformandola in una prigione. Oggi, la Rocca è stata restaurata, e alcuni dei suoi elementi più distintivi, come il maschio centrale e i suoi torrioni, sono stati riportati al loro splendore originale. Il maschio della Rocca, in particolare, è famoso per la sua scala a chiocciola in pietra, che rappresenta un esempio straordinario dell’architettura militare medievale. Nonostante le trasformazioni nel corso del tempo, la Rocca di Ravaldino rimane un simbolo importante della storia di Forlì e del Rinascimento italiano.
Forlimpopoli è una cittadina ricca di storia e tradizione, la cui origine risale alla metà del XIV secolo, quando il cardinal legato Egidio Carrillo de Albornoz decise di erigere un fortilizio sulle rovine della cattedrale romanica di Santa Maria Popiliense. Questo fortilizio, costruito tra il 1361 e il 1363, aveva una funzione difensiva, soprattutto per proteggere la piccola comunità rimasta dopo la distruzione della città ad opera delle truppe pontificie nel 1360. In quel periodo, il fortilizio era conosciuto come Salvaterra, un nome che richiamava la sua funzione di presidio e protezione. Nel 1379, Forlimpopoli passò sotto il controllo di Sinibaldo Ordelaffi, che divenne signore della città per concessione di Papa Urbano VI. Fu lui a trasformare il fortilizio in una vera e propria rocca, dando inizio ai lavori di fortificazione che avrebbero plasmato la struttura. Successivamente, tra il 1471 e il 1480, Pino III Ordelaffi proseguì il lavoro, conferendo alla rocca l’aspetto che possiamo ammirare oggi. La rocca venne rafforzata con bastioni rinforzati da murature a scarpa e con quattro torrioni angolari di sezione quadrata, poi trasformati in muratura circolare per adattarsi alle nuove tecniche di guerra.
La Rocca di Forlimpopoli divenne un esempio di architettura militare rinascimentale, tipica della Romagna del periodo. Con l’intervento di Caterina Sforza, la rocca assunse la sua forma definitiva, simile a quella delle contemporanee rocche di Imola, Forlì e Dozza. Dopo la morte di Caterina, la rocca passò sotto il controllo di Cesare Borgia e successivamente a quello dei Rangoni. Tra il 1535 e il 1578, il dominio passò agli Zampeschi, ma la struttura mantenne la sua funzione difensiva e fu un punto di riferimento per la città e per la sua comunità.
Oggi, la Rocca di Forlimpopoli è un testimone della storia medievale e rinascimentale della città. La struttura, sebbene rimaneggiata nel tempo, conserva ancora molti degli elementi originari, come i fossati e alcuni tratti delle mura difensive. La Rocca rappresenta non solo un’importante testimonianza del passato, ma anche un simbolo della continua trasformazione della città, che ha saputo mantenere il suo legame con la storia pur proiettandosi verso il futuro.
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