Il territorio di Vercelli è caratterizzato dalla coltura del riso: qui infatti nella stagione primaverile il paesaggio si trasforma in un mare a quadretti perché l’acqua sommerge le risaie in cui si rispecchia l’intero ambiente naturale circostante e le antiche pievi disseminate nell’immensa scacchiera riflettente che si crea. Uno spettacolo molto suggestivo che vale la pena vedere. Nella stagione estiva invece le piantine di riso crescono, accendendo di un bel verde brillante tutto il territorio; infine, in autunno, il verde diventa oro, il colore del riso ormai maturo, pronto per essere colto. Il vercellese può essere definita la “provincia europea del riso” perché la sua coltivazione rappresenta un patrimonio storico, culturale e territoriale unico in Europa, da valorizzare e da tutelare. Più di cento varietà di riso vengono coltivate qui: da ricordare il Riso di Baraggia Biellese e Vercellese, prima e unica D.O.P. nel settore del riso dal 2007. È nata persino l’Accademia del Riso, associazione senza scopo di lucro che riunisce gli operatori del comparto enogastronomico vercellese e dell’intera filiera del riso con l’obiettivo comune di riqualificare e di promuovere la ristorazione, le tradizioni enogastronomiche e le risorse turistico-culturali del territorio.
Conosciuto fin dal 3500 a.C. in Asia, il riso si diffuse nel vercellese nel Quattrocento, probabilmente tra il 1427 e il 1493 e, scoprendo la sua utilità come fondamentale fonte di sostentamento, cominciò a portare grandi cambiamenti nel paesaggio: si resero necessarie le bonifiche e le opere di irrigazione. Furono i monaci cistercensi nella zona di Lucedio (fulcro fu infatti l’Abbazia di Santa Maria) a dare il via alle opere di bonifica e a introdurre la coltivazione massiva del riso. Nacquero così le Grange, edifici abitativi e centri agricoli dove i monaci fuori dal convento bonificavano i territori coperti di bosco planiziale per renderli adatti all’uso agricolo. Le grange, letteralmente “granai”, sono oggi moderne aziende agricole e sono tuttora centri di produzione del riso.
Intorno alle aree di coltivazione risicola, in particolare nella zona delle Grange e la Baraggia, sono nati nel tempo piccoli borghi rurali ricchi di antiche testimonianze, come piccole chiese romaniche, resti di ricetti e castelli.
Nell’area di Lucedio dove si sviluppano le Grange che costellano la bassa vercellese si trova ad esempio la chiesa del Santissimo Nome di Maria, meglio conosciuta come Santuario della Madonna delle Vigne. Costruito nella prima metà del Seicento su un preesistente edificio sacro, il santuario rappresenta un notevole esempio di barocco piemontese. Abbandonato da decenni, il luogo è legato a numerose leggende: la più famosa è quella dello Spartito del diavolo, un brano palindromo considerato magico raffigurato in un affresco all’interno del Santuario. Se suonato al contrario, si dice che il brano sia in grado di liberare un demone tenuto prigioniero nella cripta della chiesa della vicina abbazia di Lucedio, anche denominata Principato di Lucedio. Fondata nel 1123 dai monaci cistercensi per volontà del marchese del Monferrato, ora è una moderna azienda agricola visitabile che ha saputo mantenere i caratteristici ambienti medievali. Sempre nella zona delle Grange, a Trino, si erige la chiesa di San Michele in Insula. La pieve in stile romanico ha origini altomedievali, ma probabilmente venne costruita su un edificio sacro preesistente, visto che il territorio era abitato fin dall’età romana. La navata centrale, rispetto alle altre due che compongono la struttura, si presenta più rialzata; all’interno della pieve sono stati rinvenuti frammenti di affreschi del XII secolo che raffigurano una Crocifissione e Scene della vita di san Michele.
La zona di Baraggia è uno degli ultimi e più significativi esempi di prateria dell’area padana (pare infatti una savana), oltre a essere un’area molto legata alla coltivazione del riso; è infatti, come già detto, il territorio dove è nata la prima e unica DOP italiana di riso. In uno dei suoi piccoli borghi agricoli, Lenta, si trova la pieve di Santo Stefano, riccamente decorata con affreschi. Edificata nell’XI secolo in stile romanico su una preesistente chiesa databile al V secolo, anticamente era dedicata ai santi Stefano e Antonio Abate (si teneva qui anche la benedizione degli animali). Possiede due absidi, di cui quello intitolato a santo Stefano risulta essere il più antico; è decorato con affreschi raffiguranti il Cristo Pantocratore con simboli degli Evangelisti e gli Apostoli, l’Annunciazione, la Natività, l’Adorazione dei Magi e altre figure di santi. A Lenta sono presenti anche i resti di un antico ricetto, uno dei meglio conservati, di cui sono ancora visibili parti come case e viottoli.
In un altro piccolo centro di tradizione risicola, Pertengo, si erige il Santuario della Madonna d’Oropa, costruito nel 1742 dopo un evento avvenuto nel punto in cui si trovava un pilastro con l’effigie della Madonna d’Oropa. Sembra che il 2 febbraio, giornata della Candelora, ovvero la ricorrenza cristiana che ricorda la presentazione di Gesù al tempio, sia comparso in questo luogo, nonostante il freddo e la neve, un biancospino fiorito. I padri lateranensi della Basilica di Sant’Andrea di Vercelli considerarono miracoloso il fatto e decisero quindi di erigere il Santuario della Madonna d’Oropa. È un edificio ad aula unica con cappella laterale situato in posizione periferica rispetto al centro abitato; la facciata presenta un triportico antistante con colonnine, mentre l’interno è decorato con ornamenti e motivi floreali color oro.
E ancora, nei pressi di Ronsecco, è possibile visitare il Santuario della Madonna dei Viri Veri, circondato dal verde e dalle acque delle risaie. È databile alla fine del Cinquecento, ma fu eretto su una chiesa preesistente del Quattrocento. È esternamente circondato da un porticato probabilmente aggiunto successivamente, nel corso del Settecento, e la facciata presenta sul frontone affreschi eseguiti dal pittore Saletta di Casale. Il santuario è legato alla liberazione da una terribile epidemia di colera che colpì la comunità nel 1867, da quando la statua dell’Assunta divenne oggetto di grande venerazione.
Infine, a Livorno Ferraris, si trova la chiesa di Santa Maria d’Isana, la cui costruzione risale alla prima metà del XII secolo e si dice che fu riedificato dopo il terremoto padano del 1117 dall’ordine dei cavalieri Templari che si erano insediati qui in una loro mansio (si parla per la prima volta di questa mansio templare in un documento del 1208. L’ordine religioso e cavalleresco dei Templari dava assistenza e ospitalità ai pellegrini: crearono infatti un loro insediamento proprio a Isana, punto cruciale tra le città di Vercelli, Casale, Ivrea, sulla via Liburnasca. Anche questa chiesa è legata alla fine di un’epidemia, in questo caso di peste, grazie alla Madonna che aveva allontanato dal territorio quel terribile flagello.
Sono molti i resti di ricetti, le pievi e le piccole chiese romaniche che si possono trovare nei pressi delle risaie vercellesi; edifici calati in ambienti di forte suggestione che rivelano la storia e la tradizione del territorio. Ecco perché varrebbe la pena tracciare piccoli itinerari di turismo lento per conoscere meglio luoghi insoliti della nostra penisola.
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