Questo incantevole angolo di mondo che è la Valchiavenna, con i suoi aspri paesaggi e gli affascinanti villaggi arroccati, offre una fusione straordinaria tra l’arte dell’uomo e la magnificenza della natura. Lo scioglimento di massicci strati di ghiaccio che ebbe luogo circa 10.000 anni fa diede origine a poderosi corsi d’acqua che fluivano con forza e questo straordinario fenomeno lasciò, con il tempo, segni tangibili nel territorio locale. Le rocce levigate dall’erosione dell’acqua e del ghiaccio, le profonde gole scavate dai detriti trasportati dalle correnti d’acqua sono chiaramente visibili in ogni angolo e solo con un po’ di immaginazione è possibile rievocare i percorsi delle masse di ghiaccio che hanno graffiato le pareti montuose nei millenni. Lungo le rocce levigate ed erose dal tempo si possono trovare, inoltre, le testimonianze della presenza umana attraverso moltissime incisioni rupestri. Qui è dove si trova l’anima della Valchiavenna, una delle zone più interessanti della Lombardia, attraversata dal torrente Liro e dal fiume Mera, vicina alla Valtellina, tra i boschi e i borghi che attorniano la città di Chiavenna, principale centro della valle, oltre che luogo da visitare e da cui partire per il proprio itinerario. Abbiamo selezionato 10 tappe da non perdere tra arte e bellezza struggente della natura.
Costruito dai fratelli Guglielmo e Luigi Vertemate Franchi, famiglia prospera nel commercio della pietra ollare, il Palazzo Vertemate Franchi, situato nel comune di Piuro, rappresenta un dialogo perfetto tra arte e natura in Valchiavenna. Questa dimora, inizialmente rifugio di “ricreazione e delizia”, subito dopo la morte dell’ultimo erede nel 1879 subì violenti saccheggi. Tuttavia, l’antiquario milanese Napoleone Brianzi ne riscattò il passato e lo restaurò, riportandolo alla sua magnificenza originaria. La proprietà passò poi di mano in mano fino al 1986, anno della morte di Maria Eva Sala, che tramite legato testamentario, lo lasciò Comune di Chiavenna, trasformandola in una Casa Museo dal 1988. Il palazzo incanta il visitatore con il suo giardino a più livelli e affreschi raffinati, tra cui la Sala di Giove, la cui storia di Callisto è dipinta con maestria. In questo luogo, l’arte si fonde con la natura, raccontando una storia straordinaria che trascende i secoli.
Nel V secolo a Chiavenna sorse una prima chiesa cristiana, ma solo nel X secolo, con l’organizzazione delle pievi nel 973, venne eretto un edificio più ampio e funzionale dedicato al protomartire san Lorenzo. L’edificio attuale mantiene intatte le antiche pareti in stile romanico, sebbene l’area dell’altare e le navate laterali siano state estese nel XVIII secolo. L’interno, dipinto nel 1759 da Filippo Fiori e Giovan Maria Giussani di Como, è stato poi parzialmente restaurato nel XIX secolo. Sulla facciata esterna è è possibile leggere l’anno MDXXXVIII (1538) che commemora la ricostruzione del tetto in quercia a capanna, andato distrutto l’anno precedente in un incendio. Da non trascurare è la visita alla fonte battesimale, risalente al 1156, che è un monolite in pietra ollare i cui rilievi scolpiti raffigurano la cerimonia della benedizione dell’acqua e del Battesimo durante il sabato santo.
Ospitato anch’esso nella suggestiva Collegiata di San Lorenzo, il Museo del Tesoro di Chiavenna è ospitato in un complesso risalente al V secolo che presenta un’architettura unica. Il porticato, costruito tra il XVII e XVIII secolo, serviva a delimitare il cimitero e ad accogliere le processioni. All’interno del museo è custodito un ricco corredo di paramenti sacri e arredi oltre a un prezioso codice musicale dell’XI secolo, ma il pezzo principale è la “Pace di Chiavenna”: un evangeliario dell’XI secolo in oro sbalzato, gemme, perle e smalti, che rappresenta un capolavoro di oreficeria medievale. Si ritiene che la pace sia stata donata da un vescovo tedesco o francese, forse Cristiano di Magonza, che visitò Chiavenna con l’Imperatore Barbarossa nel 1176. I dettagli di questo intricato capolavoro, si possono ammirare grazia ad una lente di ingrandimento e ad un video che racconta le vicende storiche della Pace e ne svela i segreti.
Sulle pendici del complesso montuoso che segna l’estremità superiore della Valchiavenna a est e l’inizio della Val Bregaglia a sud si estende il parco delle Marmitte dei Giganti. Un’area, questa, di grande rilevanza ambientale che offre paesaggi straordinari grazie alle sue caratteristiche geomorfologiche imponenti e affascinanti che sono il risultato dell’azione glaciale nell’arco alpino. La Riserva Naturale, istituita con la legge regionale nel 1983, deve il suo nome proprio al fenomeno geologico delle “marmitte dei giganti”: delle profonde buche cilindriche scavate dalla forza erosiva dell’acqua durante l’ultima glaciazione. Queste forme, insieme alle rocce levigate chiamate “rocce montonate”, costituiscono un vero e proprio museo naturale all’aperto. Il percorso nel parco offre al viaggiatore un’opportunità unica di esplorare la geologia, la storia e la natura che caratterizzano questa affascinante regione alpina.
Una tappa imperdibile alla scoperta della Valchiavenna è il sentiero escursionistico della Via Spluga che da secoli unisce le due località di Thusis in Svizzera e Chiavenna in Italia attraverso il passo dello Spluga. Via, questa, dalla lunghezza totale di 70 km che permette di scoprire la storia del luogo mentre si è immersi nella natura incontaminata. Essa nacque durante il I secolo a.C per volere di Augusto come collegamento per il trasporto delle merci su dorsi di animali da soma. In epoca romana essa era altresì nota come Cunus Aureus, ovvero punto d’oro, poiché lungo l’arco alpino compreso tra il versante ligure e il Ticino, veniva estratto l’oro.Per secoli tale via ha anche rappresentato il collegamento diretto tra l’Italia e l’Europa e moltissimi hanno amato e percorso queste valli: dal generale romano Stilicone, a Ottone 1° di Germania; da Leonardo da Vinci a Erasmo da Rotterdam; dai Wurttemberg a Goethe.
Il tempietto di San Fedelino, simbolo dell’antica architettura romanica lombarda, risiede sulla riva occidentale del Lago di Mezzola ed è uno dei luoghi più suggestivi in tutta la provincia di Sondrio. Costruito nell’XI secolo il tempio è dedicato a san Fedele, un martire che venne giustiziato all’epoca di Diocleziano e le cui reliquie furono ritrovate grazie a un sogno del vescovo Gualdone nel 964. Le mura, sottili come una carezza, sfiorano a malapena lo spessore di mezzo metro, mentre l’abside esterna è ornata da tre serie di graziosi archetti pensili, che aggiungono un tocco di eleganza alla sua struttura. Sebbene soltanto frammenti di affreschi resistano all’usura del tempo, essi raccontano ancora una storia di fede e devozione: un Cristo pantocratore emerge con un libro nella mano sinistra, sul quale è possibile scorgere parzialmente la scritta “Ego sum via veritas et vita” (Io sono la via, la verità e la vita) e ai suoi lati, due angeli con braccia tese che sorreggono drappi rossi.
Uno dei luoghi più amati della Valchiavenna è sicuramente la statua a 2000 metri della Nostra Signora d’Europa a Motta, alla quale si arriva tramite una piccola passeggiata. Nel suggestivo scenario delle vette montane emerge maestosa la statua metallica della Vergine, un’opera avvolta in una sontuosa lamina d’oro che si erge per ben 13 metri verso il cielo. Proprio il suo posizionamento in cima alle montagne ne fa un luogo di riflessione, preghiera e ispirazione per tutti coloro che la contemplano. La sua presenza domina il paesaggio e da qui si diramano moltissime passeggiate tra cui quella per arrivare al Lago Azzurro, amato e celebrato da Giosuè Carducci che trascorse qui le sue estati tra il 1888 e il 1901.
In Valchiavenna, al confine con la Svizzera, si trova una valle dal nome singolare che rimanda a una figura femminile. É la Val di Lei e secondo un’infelice leggenda, la moglie di un centurione romano tradì il marito mentre egli era in viaggio e al suo ritorno, come lo scoprì, chiuse la donna in una caverna ove la lasciò morire. I vecchi pastori della valle narrano che, da allora, quando il vento sibila è l’anima di “lei” che piange per la sua terribile sorte. In questa splendida valle, affacciato alla diga, si trova il piccolo museo della centrale elettrica che spiega, con pannelli digitali e filmati d’epoca, la storia della valle e della costruzione dell’immensa diga. All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, infatti, una società chiese le autorizzazioni per lo sfruttamento idroelettrico in val Ferrera e il 25 novembre 1955, dopo una lunga trattativa, Italia e Svizzera firmarono un accordo poiché la diga si sarebbe trovata al confine tra le due. Si ottenne, così, una curiosa linea di separazione: il lago artificiale alimentato dal Reno di Lei è in territorio italiano, mentre la diga è in territorio svizzero.
Le radici di Campodolcino affondano probabilmente all’epoca romana, quando il nucleo centrale coincideva con ciò che per gli antichi romani era Tarvessede, un punto di ristoro cruciale lungo la strada Como-Coira. Durante il medioevo, il dominio su questo territorio fu oggetto di contese. Questa porzione di terra, che abbracciava l’intera valle, divenne teatro di scontri proprio tra Como e di Coira, che lottarono per anni per il suo controllo. Durante il dominio del ducato milanese dei Visconti e degli Sforza, il suo status privilegiato rimase intatto, ma nel corso del tempo cadde sotto l’egida protettiva dei Grigioni. Questo scenario storico contribuì a preservare il carattere unico di questo luogo incastonato tra le montagne e anche l’origine del suo nome così particolare mirava a evocare l’immagine di un terreno soffice e accogliente che negli anni ha accolto pellegrini e visitatori. Innamorato della valle e in particolar modo di Campodolcino fu, per esempio, il grande artista Aligi Sassu che dipinse il paese in numerose opere.
La maestosità delle cascate dell’Acquafraggia impressionò moltissimi viandanti tra i quali spicca Leonardo da Vinci, il quale le scoprì durante il suo passaggio nella Valle di Ciavenna. Nel Codice Atlantico, Leonardo fece menzione delle cascate dell’Acquafraggia, descrivendo il loro impatto visivo: “Su per detto fiume (la Mera) si truova chadute di acqua di 400 braccia le quale fanno belvedere...”. Un sentiero appositamente attrezzato conduce alla sommità delle cascate, tra castagni, ginestre e rocce, offrendo ai visitatori la possibilità di immergersi nella bellezza di questo spettacolo naturale. Poco oltre si troverà la piccola dimensione insediativa di Savogno che vive in armonia con la natura circostante. La chiesa cinquecentesca e le minuscole e rustiche case a balconate sono disposte a scala su un versante che diviene immediatamente ripidissimo e immerge l’esploratore in un luogo senza tempo.
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