Una fortezza che fu dimora di Caterina Sforza, teatro di battaglie, baluardo a difesa di una delle città più prospere del nord Italia durante il Rinascimento: parliamo della Rocca di Ravaldino di Forlì, conosciuta anche come la “Rocca di Caterina”, ovvero uno dei più straordinari esempi di architettura militare rinascimentale in Emilia-Romagna. Situata in quello che è oggi il centro storico della città romagnola, questa fortezza ha attraversato i secoli con la sua imponenza e il suo carico di storia, dalle battaglie medievali fino ai giorni nostri, divenendo un simbolo del coraggio e della tenacia della città.
Le origini della Rocca di Ravaldino risalgono al XIV secolo, quando il cardinale Egidio Albornoz, durante la sua campagna per riportare sotto il controllo della Chiesa i territori della Romagna, fece costruire una prima fortificazione a pianta quadrata, caratterizzata da torrioni angolari circolari e un mastio centrale. Da questa prima fortificazione deriva forse anche il nome con cui la rocca è tuttora nota: un “rivellino” era propriamente una piccola fortificazione che si trovava staccata dalla cinta muraria di una città, e generalmente serviva come primo baluardo, come forma di protezione di una porta d’accesso alla città, o in generale come prima protezione di un centro abitato. Tuttavia all’epoca la fortezza, seppur concepita con scopi difensivi, era ben lontana dalla forma definitiva che avrebbe assunto nei secoli successivi: non era insomma la rocca che vediamo oggi passeggiando per le vie di Forlì.
Fu infatti durante il dominio della famiglia Ordelaffi, in particolare per volontà di Pino III Ordelaffi (Forlì, 1436 – 1480), signore di Forlì dal 1466 al 1480, che la Rocca di Ravaldino assunse la sua struttura attuale. Nel 1471, Pino III commissionò all’architetto Giorgio Marchesi da Settignano il progetto di ampliamento della fortificazione. Marchesi, esperto nelle più moderne tecniche di architettura militare, realizzò un’opera all’avanguardia per l’epoca, dotando la rocca di bastioni a pianta circolare, capaci di resistere all’innovazione delle artiglierie.
La pianta quadrata della rocca fu mantenuta, ma venne rinforzata con quattro torrioni cilindrici agli angoli e un poderoso mastio al centro della cortina nord-ovest, simbolo di forza e controllo. L’intera struttura era inoltre circondata da un complesso sistema di fossati e mura, che la rendevano molto difficile da espugnare.
Nel 1480, con la caduta degli Ordelaffi che seguì la tragica fine di Pino III (avvelenato dalla moglie Lucrezia Pico) e quella di suo figlio tredicenne Sinibaldo (che, a seguito di una sollevazione popolare, si era rifugiato proprio nella Rocca di Ravaldino, dove trovò la morte), Forlì passò sotto il dominio di Girolamo Riario (Savona, 1443 – Forlì, 1488), nipote di papa Sisto IV, e di sua moglie, la celebre Caterina Sforza (Milano, 1463 circa – Firenze, 1509), destinata a diventare una delle figure più emblematiche del Rinascimento. Girolamo Riario affidò nuovamente a Giorgio Marchesi la realizzazione di un’ulteriore struttura fortificata: la Cittadella. Quest’ultima, a pianta quadrilatera, nacque per ospitare contingenti di truppe e proteggere la rocca principale. Il complesso era formato da due torrioni principali e, sui lati esterni, da due rivellini, quello di Cotogni e quello di Cesena, strategicamente posizionati per potenziare la difesa.
Tra il 1488 e il 1496, Caterina Sforza, rimasta vedova di Girolamo Riario dopo l’assassinio del marito avvenuto a seguito della congiura degli Orsi del 1488 (i fratelli Orsi, Ludovico e Checco, speravano d’impadronirsi della città eliminando il signore, ma il loro tentativo venne soffocato perché Caterina, prima di essere presa prigioniera dagli Orsi, fece in tempo ad avvertire gli alleati di Bologna e Milano che inviarono i loro contingenti al fine di sedare la rivolta), divenne la vera protagonista della storia della Rocca di Ravaldino. Caterina, dopo l’assassinio di Girolamo Riario, diventò signora reggente di Forlì per conto del figlio Ottaviano Riario (che all’epoca dei fatti aveva solo nove anni), si trasferì stabilmente nella fortezza e ne fece il centro del proprio potere, commissionando anche la costruzione di una sontuosa palazzina residenziale denominata “Il Paradiso”. Purtroppo, questa struttura non è giunta fino ai nostri giorni, ma le cronache dell’epoca la descrivono come un luogo magnifico, arricchito da decorazioni e comodità che ben si addicevano alla figura della “leonessa di Romagna”.
Il momento più celebre e drammatico della storia della Rocca di Ravaldino si consumò tra il dicembre 1499 e il gennaio 1500, quando Cesare Borgia, detto il Valentino (César Borja; Subiaco, 1475 – Viana, 1507), figlio di papa Alessandro VI, assediò Forlì con il chiaro obiettivo di conquistare la Romagna.
Caterina Sforza, pur consapevole della potenza dell’esercito nemico, guidò personalmente la difesa della Rocca. La cronaca di quegli eventi ci racconta della sua straordinaria forza d’animo e del suo coraggio. Niccolò Machiavelli, che seguì con attenzione le vicende della Romagna, descrisse nel Principe la resistenza di Caterina attraverso una riflessione sulle fortezze: “Ne’ tempi nostri non si vede che quelle [le fortezze, ndr] abbino profittato ad alcuno principe, se non alla contessa di Furlì, quando fu morto il conte Ieronimo suo consorte: perché mediante quella possé fuggire l’impeto populare e aspettare il soccorso da Milano e recuperare lo stato; ed e’ tempi stavano allora in modo che il forestieri non poteva soccorrere il populo. Ma di poi valsono ancora a lei poco le fortezze, quando Cesare Borgia l’assaltò e che il populo, suo inimico, si coniunse col forestiere”.
Il Valentino, infatti, grazie a una superiorità numerica e all’uso delle più moderne artiglierie, riuscì ad aprire una breccia nelle mura meridionali della rocca. Lo stemma dei Borgia è ancora oggi visibile proprio in quel punto, come simbolo della vittoria del Valentino e della caduta di Caterina Sforza. La nobildonna fu catturata e condotta a Roma, dove fu imprigionata a Castel Sant’Angelo. Fu in seguito liberata, anche se non sarebbe più tornata a Forlì: si trasferì a Firenze e si allontanò dalla politica, vivendo una vita appartata.
Con la caduta di Caterina Sforza e il passaggio di Forlì sotto il dominio pontificio, la Rocca di Ravaldino perse gradualmente la sua funzione militare. Già nel XVI secolo, con l’evoluzione delle tecniche di guerra e l’introduzione delle artiglierie più avanzate, le imponenti mura della rocca non erano più sufficienti a garantire la sicurezza della città.
A partire dal XIX secolo, la Rocca fu adibita a carcere, funzione che mantenne per oltre un secolo. Nel corso del Novecento, la Rocca subì diversi restauri. Negli anni Sessanta, furono ricostruite le coperture dei torrioni e del mastio centrale. Quest’ultimo, che si erge al centro della struttura, è oggi accessibile solo parzialmente, ma conserva intatta la sua maestosita. Al suo interno, una singolare scala a chiocciola in pietra, priva di perno centrale e composta da 67 gradini sovrapposti, rappresenta un esempio straordinario di ingegneria architettonica.
Oggi, la Rocca di Ravaldino si presenta come una imponente architettura quadrangolare, con bassi torrioni circolari e un mastio a pianta quadrata. Resti delle mura trecentesche e delle fortificazioni quattrocentesche sono visibili nel giardino circostante.
Dopo anni di chiusura, nel 2024 la Rocca di Ravaldino è stata riaperta al pubblico, diventando nuovamente uno dei luoghi più visitati di Forlì. Accanto al percorso storico e architettonico, la Rocca ospita la rassegna estiva “Arena Forlì Rocca di Caterina Estate”, un programma ricco di eventi culturali, musicali, teatrali e cinematografici che valorizzano questo straordinario patrimonio storico.
La Rocca di Ravaldino non è soltanto una fortezza, ma un simbolo della città di Forlì: un luogo che racconta storie di battaglie, di passioni e di personaggi indimenticabili come Caterina Sforza. Visitare la Rocca significa fare un salto indietro nel tempo, riscoprendo le radici di una città che ha saputo mantenere viva la memoria del proprio passato, attraverso un viaggio tra le sue mura per conoscere la storia del coraggio di una donna che scritto una delle pagine più intense della storia del Rinascimento.
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