Seguire le tracce di due grandi protagonisti del Rinascimento italiano come Leon Battista Alberti e Piero della Francesca per andare alla scoperta in Romagna del patrimonio storico-artistico e intellettuale che questi artisti ci hanno lasciato: è questo l’obiettivo dell’itinerario Leon Battista Alberti e Piero della Francesca. La rinascita delle arti tra Ferrara e Rimini, che si snoda attraverso le due città che furono fulcro nel Rinascimento di due importanti corti: quella estense a Ferrara e quella malatestiana a Rimini.
A Ferrara, Piero della Francesca lavorò alla corte del marchese Leonello d’Este, fratellastro di Borso d’Este, per realizzare affreschi, oggi andati perduti, nel Castello di San Michele e nella chiesa di Sant’Andrea. Quest’ultima diventò durante la signoria estense una delle più importanti chiese della città; vi furono sepolti Biagio Rossetti, Alberto Schiatti, Giovan Battista Aleotti e Giuseppe Mazzuoli detto il Bastarolo. Ridotta allo stato attuale da crolli e demolizioni nel corso del Novecento, fino al 1806 fu parrocchiale, mentre in epoca napoleonica venne adibita a caserma. Venne chiusa al culto nel 1866 e completamente svuotata dei quadri e degli arredi ricevuti negli anni da donazioni. È tuttavia possibile vedere opere d’arte provenienti dalla chiesa di Sant’Andrea nella Pinacoteca Nazionale di Ferrara, quali gli affreschi con il Trionfo di Sant’Agostino e Santa Dorotea condotta al martirio attribuiti a Serafino de’ Serafini e databili al 1378 circa, il polittico Costabili realizzato da Benvenuto Tisi detto il Garofalo e Dosso Dossi tra il 1513 e il 1525 circa, e ancora, l’affresco staccato con l’Antico e il Nuovo Testamento (1523) del Garofalo proveniente dal refettorio del monastero.
Provengono dalla chiesa di Sant’Andrea altre significative testimonianze artistiche attualmente visibili al Museo di Casa Romei: una scultura raffigurante San Nicola da Tolentino attribuita ad Alfonso Lombardi, un San Michele Arcangelo di Andrea Ferreri, frammenti di affreschi del XIII secolo raffiguranti la Vergine Annunciata e l’Angelo Annunziante con un santo e due affreschi di un anonimo pittore di scuola ferrarese degli inizi del XVI secolo raffiguranti San Giacomo della Marca e Sant’Agostino. Nel Castello invece Piero della Francesca dipinse, come affermato da Vasari, “molte camere che furono poi rovinate dal duca Ercole il vecchio per ridurre il palazzo alla moderna”. Era il 1448-1449. Nel 1451 l’artista giunse poi a Rimini, chiamato da Sigismondo Pandolfo Malatesta, per realizzare uno dei suoi capolavori all’interno del Tempio Malatestiano (qui potete leggere il nostro articolo dedicato al Tempio Malatestiano). Si può infatti ammirare ancora oggi l’affresco che raffigura Sigismondo Malatesta inginocchiato davanti al suo santo protettore Sigismondo, opera molto significativa sia per Rimini che per l’artista stesso, poiché è la prima opera pittorica pienamente rinascimentale, in un contesto ancora legato al gotico cortese, nonché il momento più alto del Rinascimento di matrice centroitaliana. È inoltre l’unica opera datata di Piero nel territorio emiliano-romagnolo e quindi testimonianza del periodo legato alla corte dei Malatesta.
GAL Montefeltro Sviluppo e Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con l’architetto paesaggista Carlo Leonardi, hanno inoltre ideato il progetto Balconi di Piero nel Montefeltro, attraverso il quale è possibile riscoprire i paesaggi e gli scorci esatti che hanno fatto da sfondo a celebri opere dell’artista, quali Il Battesimo di Cristo, La Resurrezione, La Natività, Ritratto di Battista Sforza, San Gerolamo e un devoto. Questi paesaggi si credevano immaginari fino al 2007, ma alcuni studiosi li hanno identificati. Sono esempi dei Balconi di Piero in Romagna Montecopiolo - Monte Palazzolo, che avrebbe ispirato Piero Della Francesca per la sua Natività, e sempre a Montecopiolo, in località Pugliano, si troverebbe invece il paesaggio che ha ispirato la Resurrezione. A Sant’Agata Feltria, in località Petrella Guidi, lo sfondo del Battesimo di Cristo; a San Leo quello di San Girolamo e un devoto, e a Poggio Torriana, in località Montebello, quello del Ritratto di Battista Sforza.
Il Tempio Malatestiano deve il suo aspetto esteriore a Leon Battista Alberti che a partire dal 1453 cominciò sistemare l’esterno dell’antica chiesa di San Francesco, una basilica gotica a navata unica e cappelle laterali: il compito gli era stato affidato da Sigismondo Malatesta, signore di Rimini e Fano dal 1432. Leon Battista Alberti ideò un tempio innovativo: utilizzò per la facciata la struttura tipica dell’arco di trionfo romano, ispirandosi all’Arco di Augusto di Rimini e, come in un tempio antico, inserì anche un fregio con l’iscrizione SIGISMUNDUS PANDULFUS MALATESTA PANDVLFI F V FECIT ANNO GRATIAE MCCCCL, ovvero “Sigismondo Pandolfo Malatesta, figlio di Pandolfo, realizzò per voto nell’anno di grazia 1450”. Il monumento si sarebbe dovuto concludere, secondo il progetto dell’architetto, con l’inserimento di una maestosa rotonda coronata con una cupola ripresa dal Pantheon di Roma, ma il progetto rimase incompiuto con la morte di Sigismondo Malatesta nel 1468, anche se i lavori si erano già fermati all’epoca degli scontri con Pio II. Al Museo della Città di Rimini è conservata una medaglia di Matteo de’ Pasti, collaboratore di Alberti a Rimini, sulla quale è visibile il progetto completo del Tempio Malatestiano con la prevista cupola.
Ma Leon Battista Alberti fu legato anche a Ferrara grazie a Leonello d’Este, principe e signore della città tra 1441 e 1450. A quest’ultimo vennero infatti dedicati il trattatello albertiano del Theogenius e il De equo animante. Alberti fu inoltre coinvolto in qualità di arbitro nella gara indetta dal Collegio dei Savi nel 1443 per il bozzetto della statua equestre di Niccolò III, anche se la scelta ricadde poi su Niccolò Baroncelli e Antonio di Cristoforo per l’effigie bronzea del cavaliere. Infine, sarebbe probabilmente legato alla figura di Leon Battista Alberti anche il campanile del Duomo di Ferrara, costruito a partire dal 1412 e terminato a più riprese tra il 1451 e 1487. Secondo le recenti indagini di Francesco Ceccarelli, non solo si riconsidera l’attribuzione albertiana del campanile ferrarese (gli stessi marmi vennero utilizzati anche per il Tempio Malatestiano), ma l’anticipata cronologia (1454 circa) ne suggerisce il ruolo di prototipo.
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