Sono molte le città dell’Umbria segnate dalla presenza del Perugino (Pietro Vannucci; Città della Pieve, 1445 - Fontignano, 1523). Nessuna regione più dell’Umbria reca le tracce del grande artista: noto come allievo del Verrocchio e soprattutto come maestro di Raffaello, Perugino in realtà è stato uno dei più grandi artisti del Rinascimento. Dopo essersi formato nella terra natale, con un apprendistato che gli permise di osservare le opere dei grandi artisti che erano conservate a Perugia (dal Beato Angelico a Piero della Francesca, da Domenico Veneziano a Benozzo Gozzoli), Perugino guardò dapprima ai suoi contemporanei, su tutti Benedetto Bonfigli e Bartolomeo Caporali, e poi si trasferì a Firenze dove, come detto, fu scolaro del Verrocchio e studiò assieme a Leonardo da Vinci e Sandro Botticelli. Le sue esperienze gli consentirono di mettere a punto un linguaggio originale e innovativo, che era fondato su un disegno solido, sulla grazia nobile e delicata dei suoi personaggi, sulla cura per il dettaglio, soprattutto nella resa dei paesaggi, che non mancavano quasi mai di riferimenti alla sua terra (spesso si vede infatti il lago Trasimeno, che gli era molto caro). Uno stile così peculiare, che ebbe subito imitatori in tutta Italia: era la prima volta che l’arte di un pittore rinascimentale s’imponeva con un successo così esteso e diffuso. Non c’è modo migliore per conoscere l’arte del Perugino che recarsi in Umbria per un tour tra i luoghi che conservano le sue opere: vi proponiamo dunque, di seguito, un itinerario in 10 tappe per vedere tutta la produzione dell’artista nella regione in cui nacque.
Il viaggio non può che partire da Perugia, dove è raccolto il grosso della sua produzione. Nessuna città al mondo come il capoluogo umbro conserva tante testimonianze dell’arte del Perugino. Perugia è inoltre una delle sole tre città (le altre sono Roma e Firenze) in cui è possibile vedere sia opere del Perugino custodite presso sedi museali, sia opere che ancora si trovano nei luoghi per i quali furono concepite. Per una panoramica onnicomprensiva sull’arte di Pietro Vannucci, la prima tappa non può che essere la Galleria Nazionale dell’Umbria, in Palazzo dei Priori: qui è serbato il nucleo di opere del Perugino più grande e importante del mondo, da opere giovanili come il Gonfalone del Farneto o le tavole di San Bernardino, passando poi per un capolavoro anch’esso giovanile quale l’Adorazione dei Magi e per le opere della maturità (come la Madonna della Confraternita della Consolazione, la Pala Tezi, l’Annunciazione Ranieri e il Gonfalone della Giustizia) per giungere alle opere tarde come la Pala di Monteripido e il Polittico di Sant’Agostino. Si scende poi al pianterreno di Palazzo dei Priori, nella sede del Collegio del Cambio, per ammirare il sontuoso ciclo di affreschi con cui il Perugino decorò la Sala delle Udienze tra il 1496 e il 1500. Ci si reca quindi alla poco distante Cappella di San Severo dove è possibile vedere la Trinità con sei santi, una delle sue opere estreme (del 1521), l’unica però in cui il Perugino è posto a diretto confronto con l’allievo Raffaello, in quanto Pietro Vannucci fu chiamato a completare il lavoro lasciato incompiuto dall’Urbinate. Merita una visita anche il Museo del Capitolo: non ci sono qui opere del Perugino, ma il museo ha una sala dedicata al Santo Anello del Duomo di Perugia, per la cui cappella l’artista dipinse lo Sposalizio della Vergine che oggi è al Musée des Beaux-Arts di Caen in Francia.
Da Perugia ci si sposta a Deruta, per visitare la Pinacoteca Comunale: il piccolo museo della città della ceramica accoglie un affresco staccato (si trovava anticamente nella chiesa di San Francesco) raffigurante il Padre Eterno con i santi Rocco e Romano, dipinto dal Perugino tra il 1477 e il 1478. L’opera è particolare perché, sotto ai due santi, Rocco e Romano, è possibile osservare una veduta della città di Deruta così com’era nel Quattrocento, all’epoca in cui il pittore attese alla realizzazione della sua opera: si trova in quella posizione per fare in modo che possa ricevere la protezione dei due santi. L’affresco venne infatti dipinto come ex voto a seguito di una pestilenza che colpì la città nel 1476: i due santi vengono infatti invocati come protettori contro le malattie. È una delle opere più significative della fase giovanile della carriera del Perugino.
A poca distanza da Deruta, nel borgo di Cerqueto, è possibile visitare la chiesa di Santa Maria Assunta, dove è custodito un affresco frammentario del Perugino, dipinto nel 1478 e raffigurante San Sebastiano tra i santi Rocco e Pietro. L’opera risale al periodo in cui l’artista era tornato in Umbria da Firenze dove s’era recato per studiare dal Verrocchio: gli affreschi della chiesa di Cerqueto, dei quali purtroppo oggi non restano che lacerti, furono una delle prime commissioni di vasta portata per l’artista, che si cimentò qui con un ciclo complesso, anche in questo caso fatto realizzare dopo la fine della pestilenza del 1476. L’unico santo pienamente leggibile è san Sebastiano, altro nume invocato contro le malattie, che risente dell’arte di Piero della Francesca. Il Perugino avrebbe poi replicato svariate altre volte la figura del santo martire: a Cerqueto è però possibile vedere il prototipo di tante altre figure simili.
Nel complesso di San Francesco di Montefalco è possibile ammirare un monumentale affresco della fase matura della carriera del Perugino, la Natività, in cui l’artista riprende, semplificandolo, lo stesso schema della Natività che aveva dipinto in una delle lunette del Collegio del Cambio a Perugia. L’affresco del Perugino risale al 1503 (gli fu commissionata da fra’ Francesco Augusti, frate minore conventuale, professore di sacra scrittura, teologo e soprattutto guardiano del convento di San Francesco), e fu da lui dipinto sulla controfacciata della chiesa di San Francesco che oggi è stata trasformata in un complesso museale. Nella lunetta sopra la scena della Natività, Pietro Vannucci ha poi dipinto un’altra delle figure tipiche del suo repertorio, il Padreterno in una mandorla, che appare accompagnato da due angeli inginocchiata. Nell’arco ecco invece un’Annunciazione. La particolarità dell’opera sono poi le finte architetture entro cui le scene sono incorniciate, ottimamente conservate, con un singolare rimando tra contenuto e contenitore dal momento che le grottesche delle finte colonne sono identiche a quelle delle colonne della capanna sotto la quale si svolge la scena.
In un tour nell’Umbria del Perugino è d’obbligo un passaggio nella sua città natale, Città della Pieve, dove sono tre i luoghi da visitare. Ci si reca dapprima all’Oratorio di Santa Maria dei Bianchi, dove si conserva un capolavoro quale l’Adorazione dei Magi del 1504, dipinta proprio per l’oratorio (una curiosità: il Perugino lavorò a un prezzo fortemente scontato proprio perché l’opera era destinata alla sua cittadina), e che riprende anch’essa la Natività del Collegio del Cambio. A pochi passi si visita poi la Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio, dove si possono osservare due opere del Perugino: la tavola con il Battesimo di Cristo, eseguita attorno al 1510 per la cappella dedicata a San Giovanni Battista, e la Madonna in trono fra i Santi Gervasio Protasio (del 1507), che oggi si trova nella parte centrale dell’abside ma in origine era destinata all’altare maggiore perché opera più importante della chiesa, dal momento che raffigura la Madonna in gloria assieme ai due santi titolari della cattedrale pievese (oltre che patroni della città, tanto che reggono i vessilli con il simbolo della città, che all’epoca ancora non si chiamava “Città della Pieve” dal momento che fu elevata a città solo nel XVII secolo da papa Clemente VII, ma si chiamava “Castello della Pieve”, “Castrum Plebis” in latino). Infine, nella chiesa di Santa Maria dei Servi, oggi sede museale, si possono ammirare i due affreschi, frammentari e poco conosciuti, della Deposizione di Cristo e del Compianto sul Cristo morto, commissionati nel 1517 al Perugino dalla Compagnia della Stella.
Fuori dalle mura del grazioso borgo di Panicale si trova la chiesa di San Sebastiano, la cui visita è una tappa irrinunciabile in un viaggio alla scoperta del Perugino in Umbria, per due motivi. Il primo è l’affresco, del 1505 circa, con il Martirio di san Sebastiano, particolare anche perché la scena si svolge davanti a un arioso e monumentale porticato classico decorato a grottesche, aperto su di un paesaggio umbro dipinto in prospettiva aerea, sotto l’apparizione del Padreterno nella mandorla, accompagnato dai due angeli simmetrici. Il secondo motivo è un affresco staccato che ha appassionato e continua ad appassionare gli studiosi: ritenuto a lungo di scuola peruginesca, nel 2005 è stato attribuito da Elvio Lunghi al giovane Raffaello. Non sappiamo tuttavia con sicurezza se questa Madonna col Bambino sia veramente opera di Raffaello, ma di sicuro è un’altra ragione valida per visitare questo luogo sorprendente.
Una delle opere più sontuose e spettacolari del Perugino si trova a Corciano, nella chiesa di Santa Maria: è la monumentale Pala di Corciano, opera di oltre due metri d’altezza, racchiusa in una fastosa cornice, che raffigura l’Assunzione della Vergine, che vediamo portata al cielo accompagnata da angeli che suonano e serafini, entro una mandorla, con gli apostoli che, nel registro inferiore, osservano l’evento estasiati. La pala, eseguita nel 1513, replica elementi già ben rodati e collaudati dall’artista e dalla sua bottega, ma la Pala di Corciano si distingue, anche rispetto ad altre opere dell’ultimo Perugino, per l’altissima qualità della stesura pittorica e per la finezza del disegno. Un’altra particolarità è data dal fatto che questo dipinto si trova ancora nel luogo per cui fu concepito, evenienza non così scontata per una pala del Perugino destinata a una chiesa umbra, dato che la maggior parte di esse oggi è conservata nei musei.
La Pinacoteca Comunale di Bettona conserva tre opere del Perugino degli anni Dieci. La prima è una tavola con Sant’Antonio da Padova, ex voto in cui vediamo rappresentato anche il committente (Bartolomeo di Maraglia, luogotenente del signore di Perugia Giampaolo Baglioni, che era stato catturato e imprigionato dopo la battaglia di Marignano e aveva pregato sant’Antonio per essere liberato). La seconda è la Madonna della Misericordia, che probabilmente in origine decorava un’edicola nelle campagne dell’Umbria, per poi essere trasferita nel 1987 nella chiesa di Sant’Antonio di Bettona. Fu poi rubata nel 1987 e venne ritrovata addirittura in Giamaica: rientrata in Italia, fu restaurata e poi trasferita presso il museo di Bettona. Infine, la terza opera è il Gonfalone di Sant’Anna, opera attribuita al Perugino e alla sua bottega, dove si può vedere, sullo sfondo, una rappresentazione della città di Bettona.
Il viaggio termina nella parte orientale della provincia di Perugia, cominciando dallo splendido borgo di Spello. Qui, nella chiesa di Santa Maria Maggiore, si incontrano due opere tarde del Perugino. La prima è una Pietà con san Giovanni Evangelista e la Maddalena, opera del 1521 di cui conosciamo il nome del committente (tale Michelangelo Andine), poiché il suo nome compare nell’iscrizione dedicatoria. La seconda opera, risalente sempre al 1521, è una Madonna col Bambino, santa Caterina d’Alessandria e san Biagio, commissionata da un Giovanni Bernardelli anch’esso citato nell’iscrizione che notiamo sul trono della Vergine. Sono opere che riprendono lo stesso schema, tanto che addirittura la Pietà è ambientata sopra un trono simile a quello dell’opera eseguita per Giovanni Bernardelli, e le due sante di destra (Maddalena e Caterina d’Alessandria) hanno volti identici, eseguiti sulla base dello stesso cartone. Di grande finezza, e ben conservato, è il paesaggio che notiamo dietro la Pietà, con una magistrale prospettiva aerea che sfuma in lontananza le dolci colline dell’Umbria.
Ultima tappa del viaggio è Foligno: nell’Oratorio della Nunziatella, l’altare di San Giovanni Battista ha un affresco del Perugino raffigurante il Battesimo di Cristo, esemplato sullo stesso schema di quello dipinto per Città della Pieve e quello che compare nel Polittico di Sant’Agostino conservato alla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia. Non conosciamo l’esatta data di realizzazione (forse il periodo compreso tra il 1505 e il 1508 oppure il 1512-1513). Altra opera tipica dell’ultima fase del Perugino, come tante altre opere di tema sacro dell’artista trova la sua ambientazione non nei luoghi delle Sacre Scritture, ma nell’Umbria terra natia del pittore. Il Battesimo di Cristo è sormontato da una lunetta dove ancora il Perugino ha dipinto un altro affresco, raffigurante il Padreterno tra angeli adoranti.
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