Opere del Parmigianino in cinque luoghi a Parma e dintorni da vedere in due giorni


Un itinerario a Parma e dintorni, da compiersi in due giorni, per scoprire le opere del Parmigianino in città e nel suo territorio.

È uno degli artisti più eccentrici del Cinquecento: è Girolamo Francesco Mazzola, ma è passato alla storia dell’arte come il Parmigianino (Parma, 1503 - Casalmaggiore, 1540). Artista molto precoce, genio irrequieto, uomo tormentato: Giorgio Vasari, addirittura, nelle sue Vite dice che se l’artista “avesse seguitato gli studii della pittura e non fusse andato dietro ai ghiribizzi di congelare mercurio per farsi più ricco di quello che l’aveva dotato la natura et il cielo, perciò che sarebbe stato sanza pari e veramente unico nella pittura”. Secondo lo storiografo aretino, infatti, la pratica dell’alchimia lo avrebbe distolto dall’arte e avrebbe pertanto privato l’arte di uno dei suoi più grandi talenti. Una vicenda complessa, quella del Parmigianino, che fu comunque un pittore colto, aperto a diverse fonti, autore di un’arte insolita, dietro alla quale si celano le angosce dell’uomo e del tempo. Molta della sua produzione è rimasta nella sua città natale, a Parma, e negli immediati dintorni. Vediamo dunque un itinerario da compiere nella città e nel territorio in due giorni per scoprire le opere di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi.

1. Parma, Galleria Nazionale (Complesso della Pilotta)
La base per conoscere l’arte del Parmigianino è indubbiamente il più grande museo parmense, la Galleria Nazionale, che fa parte del Complesso della Pilotta. Qui si trova uno dei più grandi capolavori del Parmigianino, ovvero la Schiava turca, probabilmente il suo ritratto più celebre (qui un dettagliato approfondimento), ma non solo: al suo ambito è attribuito uno Sposalizio mistico di santa Caterina, forse uno studio per un affresco che l’artista stava per apprestarsi a eseguire nella chiesa di San Giovanni Evangelista, e a lui è attribuito anche il celeberrimo Autoritratto con berretto rosso, immagine realizzata attorno al 1540, l’anno della sua scomparsa, famoso perché vi compare l’immagine di un uomo stanco e sciupato, che dimostra molto più della sua reale età (trentasette anni). Una visita alla Galleria Nazionale è comunque fondamentale per comprendere l’ambiente nel quale maturò l’arte di Parmigianino: nelle sale del museo si dipana infatti un percorso tra capolavori e opere meno note del Cinquecento parmense ed emiliano.

Parmigianino, Schiava turca (1530-1534 circa; olio su tavola, 68 x 53 cm; Parma, Galleria Nazionale)
Parmigianino, Schiava turca (1530-1534 circa; olio su tavola, 68 x 53 cm; Parma, Galleria Nazionale)


Parmigianino (attribuito), Autoritratto con berretto rosso (1540 circa; olio su carta, 21 x 15,5 cm; Parma, Galleria Nazionale)
Parmigianino (attribuito), Autoritratto con berretto rosso (1540 circa; olio su carta, 21 x 15,5 cm; Parma, Galleria Nazionale)

2. Parma, Santa Maria della Steccata
Se c’è un luogo, a Parma, legato profondamente al nome del Parmigianino, ebbene quel luogo è la basilica di Santa Maria della Steccata, che per il Parmigianino è un po’ come San Giovanni Evangelista o come il Duomo per Correggio. La chiesa fu costruita tra il 1521 e il 1539 (anno che coincide con quello della consacrazione), e il Parmigianino vi lavorò in maniera molto accurata. Il progetto iniziale prevedeva che l’artista eseguisse l’intera decorazione ad affresco, ma così non fu: il Parmigianino infatti era estremamente meticoloso ma anche molto lento, e il lavoro andò avanti con diversi ritardi (nacquero anche problemi legali), tanto che alla fine l’artista fu sollevato dal suo incarico e la Confraternita della Steccata si rivolse ad altri pittori. Francesco Mazzola fece in tempo a realizzare soltanto il grandioso affresco delle Tre vergini sagge e tre vergini stolte, che rappresenta tuttavia uno dei suoi principali capolavori. Nella chiesa è possibile trovare poi un’alra opera del Parmigianino: si tratta delle due enormi ante d’organo (più di cinque metri d’altezza), capolavoro giovanile eseguito nel 1523 circa, che l’artista eseguì per il vecchio oratorio della Steccata, progressivamente demolito per fare posto alla nuova basilica costruita dal 1521.

Basilica di Santa Maria della Steccata, il sottarco con le Tre vergini sagge e tre vergini stolte
Basilica di Santa Maria della Steccata, il sottarco con le Tre vergini sagge e tre vergini stolte

3. Parma, San Giovanni Evangelista
Nella chiesa il cui nome è indissolubilmente legato a quello del Correggio per via degli affreschi che ornano la cupola, ci sono anche opere del Parmigianino ventenne. L’artista vi lavorò come collaboratore del Correggio (tra i due c’erano quattordici anni di differenza), ma ebbe modo di eseguire anche alcune opere indipendenti: sono le decorazioni della prima e della seconda cappella di sinistra, affreschi raffiguranti Sant’Agata e il carnefice e le sante Lucia e Apollonia (nella prima cappella), i santi Stefano e Lorenzo e san Vitale col cavallo (nella seconda). I suoi affreschi, caratterizzati da uno spiccato illusionismo prospettico (spettacolare è il San Vitale col cavallo), oltre che da freschezza e leggerezza, gli spalancarono le porte del successo e possono essere considerati la sua prima opera importante.

Parmigianino, San Vitale e il cavallo (1523 circa; affresco; Parma, San Giovanni Evangelista)
Parmigianino, San Vitale e il cavallo (1523 circa; affresco; Parma, San Giovanni Evangelista)

4. Bardi, Chiesa di Santa Maria Addolorata
Per conoscere un Parmigianino giovanissimo ci si può recare nel borgo di Bardi, sull’Appennino parmense, e visitare la chiesa di Santa Maria Addolorata, dove si ammira la cosiddetta Pala di Bardi. All’epoca della realizzazione, nell’agosto del 1521, Parma veniva occupata dall’esercito di Carlo V, comandato da Prospero Colonna, e il Parmigianino fu mandato dagli zii, suoi tutori dopo la scomparsa del padre (anche loro erano artisti: gli procurarono le prime commesse), a Viadana con suo cugino (un altro pittore: Girolamo Bedoli). Durante il soggiorno nel mantovano, il Parmigianino dipinse due tavole, una perduta con un san Francesco che riceve le stimmate, e uno Sposalizio di santa Caterina, sistemata inizialmente nella chiesa di San Pietro a Viadana. Durante la guerra di successione di Mantova la chiesa fu saccheggiata e la pala fu spedita a Parma, ma non sappiamo come poi lo Sposalizio abbia raggiunto Bardi: fatto sta che oggi è noto, appunto, come la Pala di Bardi. È una sacra conversazione, un tema dunque classico, ma che il Parmigianino affronta già, seppur con alcune incertezze, goffaggini e ingenuità, con quelli che diventeranno gli elementi tipici della sua arte: per esempio, l’allungamento delle figure e le torsioni.

Parmigianino, Pala di Bardi (1521; tempera su tavola, 203 x 130 cm; Bardi, Santa Maria Addolorata)
Parmigianino, Pala di Bardi (1521; tempera su tavola, 203 x 130 cm; Bardi, Santa Maria Addolorata)

5. Fontanellato, Rocca Sanvitale
Altro capolavoro giovanile, nonché tra le realizzazioni più note del Parmigianino, è la decorazione ad affresco della Saletta di Diana e Atteone, eseguita nel 1523-1524 nella Rocca di Fontanellato per il conte Galeazzo Sanvitale (che l’artista ha raffigurato in un ben noto ritratto, oggi conservato al Museo Nazionale di Capodimonte: risale allo stesso periodo degli affreschi) e per sua moglie Paola Gonzaga. Sulle pareti della sala si dipana il mito di Diana e del cacciatore Atteone, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio: il cacciatore Atteone, reo di aver visto la dea Diana nuda al bagno con le ninfe sue compagne, viene trasformato in un cervo e sbranato dai suoi stessi cani. Famosa è proprio la figura di Atteone, reso dal Parmigianino in modo molto singolare, come un uomo dalla testa di cervo, con ancora in mano il suo arco. Quattro sono le scene raffigurate dal Parmigianino, che si sviluppano nelle lunette del piccolo locale della reggia dei Sanvitale, sotto un rigoglioso pergolato che ricorda molto da vicino la Camera di San Paolo del Correggio (una fortuna, da parte del Parmigianino, averla vista: si trovava infatti in un monastero femminile che di lì a poco avrebbe osservato una rigidissima clausura), il quale a sua volta si apre su un cielo terso. L’opera, dal complicato significato allegorico, è stata interpretata in diversi modi dalla critica: a Fontanellato troverete varie pubblicazioni in grado di aiutarvi a decifrarla!

Affreschi del Parmigianino nella Rocca Sanvitale di Fontanellato
Affreschi del Parmigianino nella Rocca Sanvitale di Fontanellato


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