Una riserva rigogliosa nell’estremo oriente della Toscana, al confine con l’Umbria, tra colline ondulate e valli verdeggianti: è qui, nel territorio comunale di Anghiari, tra l’Alpe di Catenaia e gli Appennini, lungo le sponde del torrente Sovara, che si trova la Riserva Naturale dei Monti Rognosi, un gioiello nascosto che incanta gli amanti della natura e non solo. La Riserva Naturale dei Monti Rognosi, istituita nel marzo del 1998 con Delibera del Consiglio Provinciale di Arezzo, si estende da nord a sud su di un vasto territorio, occupando una superficie di 1.500 ettari: si chiamano “monti”, ma in realtà le altezze sono comprese tra i 350 e i 700 metri (la vetta più alta è il Monte della Croce, che non si spinge oltre i 680 metri di quota). Più colline, insomma, che montagne inarrivabili. Hanno però un aspetto del tutto particolare, poiché i Monti Rognosi sono caratterizzati dalla costante presenza di rocce di origini magmatiche (vennero cioè deposte da vulcani che emergevano su un antico mare che arrivava fino a qui), dall’aspetto scuro, ruvido e aspro (ecco dunque da dove deriva il loro nome): si tratta di rocce ignee ultrabasiche, dette ofioliti, letteralmente “rocce-serpenti”, perché assumono una colorazione verde scura e possono ricordare, appunto, la pelle di un serpente.
Eppure, nonostante l’asprezza di queste pietre, ogni passo all’interno della riserva rivela una nuova meraviglia della natura. La diversità biologica qui è straordinaria: i Monti Rognosi sono la dimora di diverse specie vegetali e animali che si sono adattati a questo territorio. I pini sono forse l’albero più associabile a questa zona, nelle due specie del pino marittimo (Pinus pinaster) e del pino nero (Pinus nigra), che dànno vita a fitte pinete. Altre piante tipiche dei Monti Rognosi, e in generale tipiche dei territori aspri a cui si sono ben adattate, sono l’erica Erica arborea), la ginestra (Spartium junceum), l’elicriso (Helychrisum italicum) e il ginepro (Juniperus communis), tutte essenze della macchia mediterranea. Non è difficile trovare anche essenze arboree come l’albero della manna (Fraxinus ornus), la farnia (Quercus robur) e la roverella (Quercus pubescens). Si possono poi osservare anche diverse specie di orchidee. Per coloro che desiderano esplorare la riserva a fondo, una rete di sentieri ben tenuti offre l’opportunità di immergersi completamente in questa natura verdeggiante. Escursionisti di tutti i livelli di esperienza troveranno sentieri adatti alle loro capacità, e lungo i percorsi tutti potranno godere della serenità che solo luoghi ancora non toccati dal turismo di massa riescono ancora a garantire.
Quanto alla fauna, i Monti Rognosi sono un paradiso per gli amanti del birdwatching, grazie alla straordinaria varietà di uccelli: rapaci come la poiana, il biancone, il gheppio o il meno conosciuto lodolaio, e poi uccelli come il picchio, il succiacapre, la sterpazzolina, l’occhiocotto. Tra i mammiferi ci si può imbattere in cinghiali e caprioli, mentre meno frequente è l’avvistamento dei lupi, che comunque non disdegnano i boschi dei Monti Rognosi.
Oltre alla sua ricchezza naturalistica, la Riserva Naturale dei Monti Rognosi è anche un parco colmo di storia. Ci troviamo in Valtiberina, sulle direttrici che da Arezzo portano a Rimini: di qui, in particolare, passava la Via Ariminensis, antica strada militare romana che collegava le due città lambendo Anghiari e attraversando proprio i Monti Rognosi. Ancora oggi la via è percorsa dai pastori che conducono i loro armenti dagli Appennini verso la Maremma, tanto che questa via è nota anche come “strada merammana”. E proprio pensando alla storia, una delle particolarità dei Monti Rognosi le antiche costruzioni che si trovano tra i loro boschi. Il più frequentato dagli escursionisti è probabilmente il Castello di Montauto, che si trova non lontano dalla riserva. Costruzione che risale al Medioevo, fu anticamente sede dei signori di Montauto, i Barbolani, piccoli feudatari locali che mantennero le loro prerogative fino al 1815 (e che ancora vi dimorano: hanno riacquistato il maniero dopo la seconda guerra mondiale, periodo durante il quale il castello fu pesantemente danneggiato), e ricoprì una grande importanza strategica in passato, dal momento che la sua posizione elevata, sulla cima ci un monte, consentiva di controllare tutto il territorio circostante. Pare che di qui sia passato anche san Francesco, che nel 1203 avrebbe donato il suo saio al nobile Alberico II Barbolani (la reliquia sarebbe rimasta nel castello fino al Cinquecento). Oggi il Castello si presenta nel suo aspetto imponente frutto delle ristrutturazioni cinquecentesche, che però hanno seguito la forma della struttura originaria. Non troppo distante dal Castello di Montauto è Castiglion Fatalbecco, altro edificio militare medievale, anticamente proprietà dei conti di Galbino, di cui oggi però rimangono soltanto le rovine, immerse in un bosco di pini sulla cima del Poggio di Castiglione e raggiungibile con un’escursione di circa tre chilometri lungo due diversi sentieri che partono vicino ad Anghiari. Più a valle si trova invece il Conventino, un antico convento di suore agostiniane che risale probabilmente al Trecento anche se venne ristrutturato tra Sei e Settecento e oggi ha l’aspetto di un imponente edificio squadrato, ingentilito però da elementi decorativi barocchi: è abituale ritrovo di escursionisti perché da qui partono diversi sentieri che esplorano i Monti Rognosi.
La Riserva Naturale dei Monti Rognosi non è solo un luogo di bellezza straordinaria, ma anche un rifugio cruciale per la conservazione della natura. Numerose iniziative vengono messe in atto per educare i visitatori alla conoscenza dei valori ambientali di questa terra. Si può allora visitare la “Fabbrica della Natura”, ovvero il Centro Visite e di Educazione Ambientale della Riserva Naturale dei Monti Rognosi (aperto da aprile a ottobre, mentre fuori dagli orari d’apertura stabiliti è possibile prenotare una visita), che si trova in località Ponte alla Pietra, caratteristico borgo costruito in pietra come il nome suggerisce, a breve distanza da Anghiari: la Fabbrica della Natura è un po’ la porta d’accesso ai Monti Rognosi, e qui si può trovare un percorso di divulgazione sulla storia, sulla biodiversità, sull’ambiente dei Monti Rognosi. È possibile anche prenotare una visita al parco con una guida ambientale: un modo per conoscere più da vicino i segreti di questa terra. All’interno della Fabbrica della Natura, si visitano la sezione archeologica, quella dedicata alla geologia, la collezione di rocce e minerali, la sezione botanica con approfondimenti per conoscere la vegetazione che si è adattata agli ofioliti, gli erbari, la sezione sulla fauna e quella sulle miniere e sulle attività estrattive che nei secoli hanno dato da vivere agli abitanti dei Monti Rognosi.
Questo territorio è stato infatti sfruttato per le sue materie prime (in particolare il rame) fin dall’epoca preistorica, e l’estrazione dei metalli veniva praticata anche da etruschi e romani (si racconta che la Chimera di Arezzo, una delle più famose opere etrusche, sia stata realizzata con un bronzo che utilizzava rame dei Monti Rognosi), anche se le attività estrattive più copiose sono quelle cominciate in età moderna, in particolare a partire dal 1569, quando il granduca di Toscana, Cosimo I, diede avvio a una politica di sfruttamento intenso delle risorse minerarie del granducato. Nel Settecento venne anche costruito lo stabilimento della Ferriera, lungo il torrente Sovara, che diede nuovo impulso alle attività: l’estrazione fu però del tutto abbandonata già all’inizio dell’Ottocento, poiché scarsamente redditizia (i ruderi della Ferriera sono stati di recente recuperati e possono essere visitati).
In un mondo sempre più urbanizzato, la Riserva Naturale dei Monti Rognosi si erge come un rifugio di pace, natura, storia. La sua diversità biologica, gli splendidi paesaggi e l’impegno delle istituzioni per conservare intatto il patrimonio ecologico di questa terra la rendono un luogo unico, da visitare da preservare per le generazioni future. Visitare questa riserva significa non solo abbracciare la bellezza della natura, ma anche contribuire alla sua protezione e sostenibilità.
La tua lettura settimanale su tutto il mondo dell'arte
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER