In Toscana, quasi al confine con il Lazio, c’è un promontorio famoso in tutto il mare nostrum: il Monte Argentario. Un mare cristallino, tra l’isola del Giglio e quella di Giannutri, in pieno “Santuario dei cetacei” con un’area marina classificata come “Protetta di interesse Mediterraneo”, circonda il Monte Argentario, che un tempo era un’isola ed oggi è uno dei luoghi più conosciuti a livello internazionale per la nautica da diporto e la vela e per le caratteristiche morfologiche e ambientali uniche che qui si concentrano. L’intero promontorio (che ha una altezza massima di 635 metri a Punta Telegrafo) fa comune a sé, con le frazioni di Porto Santo Stefano e Porto Ercole, nei due versanti del monte, e vanta una lunga storia militare legata alla sua posizione strategica sul mare in mezzo al Tirreno (testimoniata dalle molte fortezze e fortificazioni di cui è cinta) e per il suo contesto ambientale “bello da vivere”, tanto che al tempo dei Romani diverse famiglie patrizie lo scelsero per costruirvici residenze di villeggiatura (“Case d’ozio”). Il paesaggio (con una costa frastagliata e ricca di calette molto caratteristiche) e il clima mite lo rendono adatto a una vacanza molti mesi l’anno dove natura, attività sportiva, cibo, storia e manifestazioni tradizionali la rendono ricca di esperienze diverse da vivere, non solo legate all’estate: il Monte Argentario ripido e ricco di terrazzamenti fatti dall’uomo nei secoli offre sentieri nella rigogliosa macchia mediterranea per amanti del trekking e della bicicletta per escursioni tra vigneti e palme. Senza contare le escursioni marine. Vediamone un itinerario in 10 punti di interesse.
L’Argentario è collegato alla costa da due lembi di terra a nord e a sud: i tomboli sabbiosi della Feniglia e della Giannella (lunghi 6 chilometri) racchiudono una laguna con un ecosistema unico, zona naturalistica tra le più incontaminate d’Italia che stupisce per i regali che può dare. Ad esempio il rosa che invade la laguna dei fenicotteri che stazionano o che vi fanno tappa nei loro viaggi migratori. Ci sono oltre 1500 ettari di terreno paludoso nel mezzo del quale c’è un istmo sul quale sorge il paese di Orbetello collegato all’argentario da un ponte (la Diga Leopoldina). Nella parte nord c’è una Riserva naturale del WWF dove nidificano o trovano il loro spazio per le tappe dei loro viaggi, molte specie di uccelli: oltre ai fenicotteri si possono ammirare il cavaliere d’Italia, l’airone bianco maggiore, il falco pescatore, il cormorano. Altrettanto ricche sono le acque della laguna: spigole, orate, muggini, anguille. Molto sviluppata è la produzione della pregiata bottarga. La natura si sprigiona anche nella flora con una vegetazione sclerofillica con ginepro fenicio e coccolone, filliree, alaterno, smilace, lentisco e mirto, leccio, sughera con orniello e roverella. A sud invece c’è la Riserva Naturale di Feniglia dove vivono in libertà daini, cinghiali e altri ungulati, volpi, tassi e altri roditori, tortore, picchi, upupe e rapaci notturni. Al tempo della dominazione senese nella Laguna furono edificati 9 mulini, il cui funzionamento era legato al movimento dell’acqua a causa delle maree. Oggi ne rimane solo uno, iconico, sospeso tra le acque, che si può ammirare con una breve passeggiata dal centro di Orbetello.
Il Museo Archeologico di Orbetello dal 2004 si trova in una ex polveriera del 1692 lungo le mura di Levante (luogo dove anche Garibaldi si fermò per fare scorta di munizioni e armi per la spedizione dei Mille dopo l’attacco a Talamone) e conserva al suo interno monili, buccheri e utensili in pietra, che coprono un arco cronologico dall’età villanoviana a quella romana, con reperti provenienti dalle necropoli etrusche dell’area di Orbetello e di Talamone (stipi votive, armi, strumenti agricoli e corredi tombali) e ritrovamenti delle strutture romane rinvenute sul territorio. L’attività di raccolta è iniziata a fine Ottocento e ha cambiato diverse sedi fino alla attuale e dal 2007 rientra nella rete museale dei Musei della Maremma. Degni di nota i ritrovamenti della necropoli di Orbetello appartenuti alla ricca aristocrazia etrusca del IV sec. a.C. consistenti in ornamenti di vario tipo, perlopiù in oro, decorati con tecnica a sbalzo, ma anche in bronzo come gli specchi. Dalla necropoli di Talamone vari oggetti decorativi delle porte del tempio di età ellenistica, in bronzo come punte di lancia e coltelli, attrezzi agricoli. Nel museo si trova anche il “frontone del tempio di Talamone”: un’opera etrusca di età ellenica.
Orbetello, che ha origini antichissime risalenti al neolitico, è costruita sull’istmo all’interno della Laguna omonima e già questo basterebbe per andarci in visita. Cittadina di origine etrusca, fu con la dominazione spagnola che visse i momenti di maggiore sviluppo con le relative fortificazioni e costruzioni. Una cinta muraria di grandi dimensioni circonda tutt’ora il borgo: si tratta di mura di epoca etrusca poi rinforzate dagli spagnoli, e la parte più corposa delle fortificazioni sorge sul lato che guarda alla terraferma ed è provvista di piccole torri quadrate. Nei secoli Orbetello, come l’Argentario, ha svolto un ruolo di presidio rispetto ai potenziali invasori e ciò ne determinò lo sviluppo urbanistico. All’interno è senz’altro da visitare la cattedrale di Santa Maria Assunta con il suo grande rosone sulla facciata che ricorda quello del Duomo di Orvieto. All’interno è riccamente decorata con opere d’arte, stucchi e arredi del Seicento con la cappella San Biagio in stile Barocco.
Posizionata a sud est dell’Argentario c’è Porto Ercole, che vanta una splendida baia sormontata dalle fortezze spagnole edificate al tempo dello Stato dei Presidi: Forte Filippo, la Rocca e Forte Stella, ancora in ottimo stato di conservazione e visitabili come punti panoramici ottimali. Fu proprio sotto il dominio spagnolo Porto Ercole visse il massimo splendore e divenne un porto di importanza europea. In tutto il promontorio ci sono dieci torri di avvistamento e tre fortezze. Fu presa di mira più volte dai pirati tra cui, nel 1544 anche dal Barbarossa, che la depredò e saccheggiò. I porti e approdi di Portus Herculis, Incitaria e Domitiana sull’Argentario sono tutti menzionati nell’Itinerarium Maritimum, tra i porti e gli approdi del tragitto marittimo che da Roma conduceva in Provenza. Da segnalare che nel Salone dei Cinquecento a Firenze Vasari raffigurò la battaglia navale che qui si svolse tra spagnoli e francesi quando Porto Ercole era di dominio senese, alleati ai francesi, e gli spagnoli erano alleati di Firenze. La sua natura è quella del borgo marinaro e la sua parte più antica sotto la Fortezza ha mantenuto intatta l’architettura passata ed è percorribile solo a piedi. Tra i vicoli e i palazzi colorati si arriva alla chiesa di Sant’Erasmo dove si trovano le tombe dei governanti spagnoli. Salendo per il borgo antico ci si può godere una splendida vista dalla terrazza panoramica e visitare il cinquecentesco Palazzo dei Governanti. A Porto Ercole ha trovato la morte, fuggiasco, Caravaggio nel 1610, e a ricordarlo c’è un’iscrizione sulla porta d’accesso al borgo, che è sormontata dalla Torre dell’Orologio. Porto Ercole è stato classificato tra i borghi più belli d’Italia nel 2004.
Porto Santo Stefano, dominata dall’alto dalla Fortezza spagnola del XVII secolo, è la sede amministrativa dell’Argentario e qui fanno scalo i traghetti per le isole dell’Arcipelago toscano. È una località balneare molto chic, il lungomare è stato addirittura disegnato da Giorgetto Giugiaro, e il porto turistico molto rinomato è sempre pieno di yacht. All’Argentario c’è anche un Golf Club che consta di un parco di ben 77 ettari con un campo da 18 buche, situato in un anfiteatro naturale composto da ulivi e macchia mediterranea e che offre un panorama di grande pregio. Qui come a Porto Ercole sono stati sviluppati servizi per la nautica da diporto che ne fanno uno degli approdi più visitati del Tirreno: l’Argentario è una delle capitali mondiali dello yachting con oltre 2mila posti barca, un punto d’ormeggio per navi fino ad 80 metri di lunghezza (unico in tutta la costa tirrenica) e le due rade (a Porto Santo Stefano e a Porto Ercole) che possono garantire la sosta in massima sicurezza con qualunque condizione meteo. Ogni anno dal 1937, rievocando un attacco piratesco, a Ferragosto si disputa il Palio Marinaro dell’Argentario con la gara tra i quattro rioni.
Edificata nel XVII secolo, sovrasta il borgo: ha dismesso le sue funzioni militari da tempo e oggi è luogo di arte e cultura ospitando due mostre permanenti che illustrano la storia locale, una sui ritrovamenti archeologici in mare e uno sulla maestria della lavorazione del legno. La Fortezza ha mure spesse sei metri e un basamento quadrato, è strutturata su due livelli che mantengono intatti le feritoie da cui sparavano i cannoni. Oggi all’interno ha sede il Museo dei Maestri d’Ascia dedicato agli artigiani capaci di “far navigare il legno”, con l’esposizione delle tecniche di sviluppo della carpenteria navale. È presente anche come mostra permanente “Memorie Sommerse” che raccoglie reperti archeologici trovati sui fondali marini nell’arcipelago, dove quelli più antichi sono di epoca romana. Al secondo piano c’è la sezione dedicata al ritrovamento del relitto arcaico (VI secolo a.C.) del Campese (Isola del Giglio).
Il Forte Stella è una imponente fortificazione con bastioni a quattro punte con sopra una seconda fortificazione a sei punte che si trova a strapiombo sul mare, sopra a Porto Ercole. Costruito tra la metà del Cinquecento e la prima metà del Seicento dagli spagnoli (che si affidarono in realtà a Cosimo I dei Medici per la realizzazione) è una costruzione così precisa e ben conservata da stupire il visitatore d’oggi. Era una torre di avvistamento che comunicava con le altre torri dell’Argentario con segnali luminosi e consentiva così a tutto il sistema difensivo di essere allertato contro gli attacchi in tempo reale. Adesso è luogo di allestimento di mostre, spesso di arte contemporanea.
L’Acquario Mediterraneo della Costa d’Argento, aperto nel 2001, è stato realizzato con l’intento di riprodurre più fedelmente possibile gli ecosistemi più indicativi del litorale dell’Argentario. Ideato, progettato e gestito dall’Associazione Accademia Mare Ambiente con l’intento di “proporre”, spiegano loro stessi sul sito, “una ricostruzione fedele degli ambienti caratteristici dei fondali che lambiscono le coste del Promontorio di Monte Argentario, in modo che il visitatore possa provare le bellissime sensazioni che ogni sub sperimenta quando si immerge nel Mare Nostrum. Con le sue 17 vasche di cui 7 panoramiche con solo acqua di mare (in tutto circa 50mila litri) accoglie centinaia specie animali e vegetali, come: Cernie, Murene, Cavallucci marini, Polpi, Gattucci, Gattopardi, Aragoste, Anthias, Tanute, Ricciole, Spondili, Gorgonie, Posidonia e molte altre”. È un museo con percorsi didattici e all’interno sono presenti anche una mostra permanente delle conchiglie e quella di fotografia subacquea.
A poca distanza da Monte Argentario, nel comune di Capalbio, al confine con il Lazio, c’è un parco d’arte contemporanea realizzato dall’artista franco-statunitense Niki de Saint-Phalle che trasporta il visitatore in un mondo incantato: il Giardino dei Tarocchi. Non un parco giochi, anche se agli occhi di un bimbo parrebbe lo stesso, ma un luogo dove l’estro e l’inventiva hanno preso forma in 17 lunghi anni di lavoro e divertimento tra sculture, colori, specchi, ceramiche, vetro e cemento. Ci sono 22 sculture alte dai 12 ai 15 metri che rappresentano gli Arcani maggiori dei Tarocchi, composte di ferro e cemento poi rivestite con mosaici a specchio, vetro di Murano e ceramiche. L’idea nacque su ispirazione a una visita a Barcellona al Parco Guell di Gaudí. “Sapevo”, ha scritto Niki, “che un giorno dovevo costruire il mio giardino della gioia. Un piccolo angolo di paradiso. Un luogo di incontro tra l’uomo e la natura”, e così ha fatto: nel 1998 il Giardino dei Tarocchi ha aperto i cancelli per portare le persone a fare una “passeggiata esoterica tra natura e cultura”. Il luogo è davvero incredibile e vale il costo del biglietto anche solo per vedere cosa ha prodotto la passione di Niki de Saint-Phalle che nel corso degli anni ha coinvolto altri artisti e tanta gente del luogo che tutt’oggi ci lavora.
Cosa era una colonia romana fondata nel 273 a.C che possiamo posizionare oggi nei pressi di Ansedonia, nel comune di Orbetello, e la sua importanza è testimoniata dal Museo Archeologico Nazionale che ne raccoglie i reperti. L’estensione si può calcolare grazie ai resti delle grosse mura di cinta che racchiudevano la città: un perimetro di un chilometro e mezzo circa, tre porte e molte torri. A questa si aggiungeva una seconda cinta muraria che delimitava lo spazio dell’acropoli, con un’apertura verso il porto. Nel 1981 l’American Academy in Rome chiede una collaborazione allo Stato italiano per aprire un Museo dedicato a Cosa e così venne aperto questo Museo Nazionale che all’inizio era dotato di una unica sala espositiva. Qui erano esposti i reperti provenienti principalmente dell’Arce, dal Foro, e dalle abitazioni private e le relative decorazioni fittili dei templi sull’Arce, oltre alle ceramiche, vetri e oggetti in metallo e in avorio. Nel 1997 l’ampliamento portava ad altre due sale espositive: una dedicata all’area del porto, con reperti ritrovati nella necropoli intorno alla città, mentre la seconda sala raccoglie la storia di Cosa fino al XV secolo. Le funzioni che si possono dedurre per la colonia così fortificata (con 18 torri e tre porte) erano sempre quella di presidio: i Romani da qui avevano punto strategico di controllo del mare contro attacchi cartaginesi e non di meno quello di controllo dei territori appena conquistati agli Etruschi (Volsinii e Vulci). Il museo è promotore di molte iniziative volte a valorizzare e scoprire una delle aree archeologiche più belle e anche meno conosciute della Maremma e dell’intero Mediterraneo.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autore di questo articolo: Andrea Laratta
Giornalista. Amante della politica (militante), si interessa dei fenomeni generati dal turismo, dell’arte e della poesia. “Tutta la vita è teatro”.