Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, può essere considerato un papa sui generis perché non intraprese la carriera ecclesiastica in giovane età, come era solito per il tempo: ebbe infatti la vocazione da adulto, già quarantenne, e salì al soglio pontificio ultracinquantenne. Prima di dedicarsi alla vita religiosa, Enea Silvio, nato nel 1405 nel piccolo borgo senese di Corsignano, che apparteneva alla sua illustre famiglia da tempo decaduta, intraprese una carriera diplomatica molto attiva, viaggiando lungo l’Europa, in particolare in Inghilterra, in Scozia e in Germania, ma soprattutto fu un grande umanista. Scrisse, tra le sue opere più famose, la Historia de Eurialo et Lucretia, meglio nota come la Storia dei due amanti: un romanzo epistolare che si ispira alla storia d’amore che vede protagonista il cancelliere imperiale Schlik, amico e protettore di Enea Silvio alla corte imperiale viennese, raccontando questa vivace passione con una certa licenziosità e sensualità, ritenute alquanto spinte e inadatte per un uomo dell’epoca, e soprattutto, se si pensa che il suo autore poi sarebbe diventato papa.
La sua vita precedente a quella papale oscillava tra i piaceri e le passioni, per la sua indole tutt’altro che dedita esclusivamente alla devozione; tuttavia, inaspettatamente, decise in età matura di dare una significativa svolta alla sua esistenza: fu ordinato sacerdote a quarant’anni, diventò vescovo di Trieste e successivamente di Siena, fu cardinale nel 1456 e dopo pochi anni divenne papa. La scelta del nome da pontefice ricadde su Pio sia in riferimento al suo predecessore Pio I, ma in particolare in riferimento a Virgilio e al “pius Aeneas” dell’Eneide: un rimando per lui molto importante data la sua forte e innata passione per le lettere e per la cultura umanistica. Anche da papa la sua esistenza non fu mai noiosa, punteggiata di viaggi; e mai abbandonò la sua passione più grande: continuò infatti a scrivere, raccontando anche dettagli della propria vita e del proprio ambiente. Ne sono un chiaro esempio i suoi Commentarii, i tredici libri scritti tra il 1462 e il 1464, anno in cui morì, nei quali racconta in forma di diario la sua vita, dalla nascita fino agli anni del pontificato, inserendo, tra i grandi fatti storici del tempo, intrighi di corte e di ambiente ecclesiastico e riflessioni personali. Una biografia che si differenziava nettamente da quelle degli altri pontefici sia perché scritta in prima persona che per i contenuti spesso lontani dalla letteratura cristiana e dalle Sacre Scritture. Tanto che i Commentarii vennero studiati successivamente più come analisi della cultura rinascimentale italiana.
Pio II passò alla storia infatti per essere stato un profondo cultore delle arti e delle lettere, un umanista perfettamente inserito nel contesto del Rinascimento, e prima di tutto per aver creato il borgo di Pienza, che da lui stesso prese il nome. Suo sogno era infatti dare vita a una vera città rinascimentale ed è riuscito appieno nel suo intento: Pienza è considerata ancora oggi la città ideale del Quattrocento. Ideale perché nacque seguendo un piano urbanistico prestabilito, che voleva rispettare le “regole” della cultura umanistica, prime su tutte la prospettiva, il gusto e l’eleganza, e seguendo le più innovative idee di urbanistica rinascimentale. E per realizzare questo ambizioso progetto scelse proprio il suo paese natale, l’antico borgo di Corsignano: Pienza dunque non è altro che il frutto dell’ampio e complesso, nonché moderno, piano di trasformazione urbanistica compiuto sul borgo natio, rispettando tuttavia le strutture degli edifici già presenti e l’antico asse viario, probabilmente su consiglio di Leon Battista Alberti, celebre architetto e amico di Pio II, anche se la realizzazione del progetto spettò a un altro dei più grandi architetti dell’epoca, Bernardo Rossellino, che lo portò a termine in soli tre anni (dal 1459 al 1462). Scelse infine di cambiare il nome della città: da Corsignano a Pienza, ovvero città di Pio.
Se si volesse tracciare un itinerario per una passeggiata in Val d’Orcia, in territorio senese, sulle tracce di Pio II, il viaggio prenderebbe il via proprio dalla piazza principale di Pienza, piazza Pio II. Sulla piazza, a pianta trapezoidale e con il lastricato diviso in grandi rettangoli per meglio evidenziarne la visione prospettica, si affacciano il Duomo e il palazzo vescovile, quest’ultimo donato da Pio II al cardinale Rodrigo Borgia (futuro papa Alessandro VI), suo più stretto collaboratore: noto come Palazzo Borgia, ospita oggi il Museo Diocesano, che fa parte della rete di Fondazione Musei Senesi. Qui si conservano le splendide opere del poliedrico artista Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, come la pala del 1460-1462 con la Madonna col Bambino in trono tra i santi Biagio, Giovanni Battista, Nicola e Floriano, completa di lunetta raffigurante la scena dell’Annunciazione e di predella con storie raffiguranti il Martirio di san Biagio, la Crocifissione e il Miracolo di san Nicola. L’opera proviene dalla chiesa della grancia di Spedaletto, complesso fortificato a pochi chilometri da Pienza: la pala fu infatti commissionata all’artista in occasione della consacrazione della chiesa nel 1462.
Oltre a questa pala è qui custodita la tavoletta con la Morte e resurrezione di un monaco, dello stesso periodo. Proveniente dal monastero di Sant’Anna in Camprena, la tavoletta è parte di una predella e vi è narrato l’episodio della vita di san Benedetto che resuscitò un monaco ucciso dal diavolo. Tra le altre opere qui conservate sono da menzionare la tenera Madonna col Bambino di Pietro Lorenzetti proveniente da Monticchiello (il vicino borgo dove ogni estate si rinnova la tradizione del Teatro Povero), il san Leonardo (1415-1425) e il san Regolo (1430-1435) di Domenico di Niccolò “dei cori” in legno intagliato e dipinto. Vi è poi il Piviale di Pio II, di manifattura inglese, databile alla prima metà del Trecento, realizzato con la tecnica del ricamo dell’opus anglicanum con raffigurazioni della vita della Vergine, di santa Margherita d’Antiochia e di santa Caterina d’Alessandria, che secondo la tradizione fu donato al papa da Tommaso Paleologo; il piviale è un prezioso manufatto completamente ricamato in sete policrome e in filo d’argento dorato sul fondo e in origine impreziosito da perle applicate forse lungo i bordi e in varie parti ornamentali, per la maggior parte sugli archetti gotici. Oltre a quest’ultimo si possono vedere le formelle in smalto di manifattura fiorentina della seconda metà del Quattrocento che erano applicate sulla mitria papale di Pio II, la pianeta in lampasso a fondo rosso e una serie di bordi figurati in lampasso con scene di soggetto religioso.
Di fronte si trova Palazzo Piccolomini con il suo giardino pensile, il primo del Rinascimento: in pietra arenaria e travertino su disegno di Bernardo Rossellino e su modello di Palazzo Rucellai di Firenze, dal loggiato si può ammirare un magnifico panorama sulla Val d’Orcia e il Monte Amiata mentre al primo piano è l’appartamento nobile con le varie sale e la biblioteca.
Il Duomo, dedicato a Maria Assunta, ha una facciata tripartita con tetto a capanna; presenta un interno a tre navate, di uguale altezza sull’esempio delle chiese che aveva lui stesso visto in Austria, divise da grandi pilastri e cappelle. Pio II probabilmente ne curò l’apparato decorativo: cinque grandi pale d’altare realizzate dai più importanti artisti senesi dell’epoca, ovvero l’Assunzione della Madonna tra i santi Agata, Pio, Callisto e Caterina da Siena del Vecchietta; la Madonna col Bambino tra i santi Girolamo, Agostino, Nicola e Martino e la Madonna col Bambino tra i santi Caterina d’Alessandria, Matteo, Bartolomeo e Lucia di Matteo di Giovanni; la Madonna in trono col Bambino e i santi Maria Maddalena, Filippo, Giacomo e Anna di Sano di Pietro; la Madonna col Bambino tra gli angeli e i santi Bernardino, Antonio abate, Francesco e Sabina di Giovanni di Paolo.
Poco distante dall’abitato, scendendo da dietro il Duomo, è possibile raggiungere l’antica pieve di Corsignano con il suo campanile cilindrico e la facciata tipica del preromanico lombardo ravennate, cosa rara in Toscana. Nei dintorni di Pienza si trova inoltre il citato Spedaletto, borgo fortificato a sud della città che nacque come ricovero per pellegrini e viandanti che percorrevano la Francigena; fu luogo di passaggio di ospiti illustri, vi sostò nel 1460 anche Pio II che intese promulgare una bolla a favore dell’ospedale per dotarlo di privilegi. E il già citato monastero di Sant’Anna in Camprena fondato dal beato Bernardo Tolomei all’inizio del Trecento: al suo interno si possono ammirare gli affreschi compiuti nel 1503 nel refettorio dal pittore Antonio Bazzi detto il Sodoma (Vercelli, 1477 – Siena, 1549), primo lavoro toscano dell’artista realizzato poco prima dei celebri affreschi dell’abbazia di Monteoliveto Maggiore.
Si conclude così un ideale itinerario che da Pienza, la città da lui progettata, ai più prossimi dintorni segue le tracce di un papa sui generis, amante delle arti e delle lettere, tanto da basare su queste la sua esistenza e per questo ricordato tra i più importanti umanisti del Quattrocento.
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