C’è un labirinto nel cuore di Roma, anzi: nel cuore d’Italia, nella più alta sede istituzionale dello Stato. Non a tutti infatti è nota la presenza di un dedalo nel giardino del Palazzo del Quirinale, proprio dentro alla sede della Presidenza della Repubblica: uno dei giardini più belli del paese, risultato di secoli di modifiche e rimaneggiamenti del parco dello splendido palazzo costruito sul punto più alto di Monte Cavallo. Quattro ettari di verde che cominciano dal cancello di Porta Giardini, che porta il visitatore direttamente nel viale delle Palme, il sentiero che conduce lungo tutte le aree del parco, labirinto incluso.
Si deve al cardinale Ippolito d’Este l’apertura del giardino, progettato dopo il 1550 da Girolamo da Carpi (Ferrara, 1501 – 1556) e Tommaso Ghinucci (Siena, attivo nel XVI secolo). Il cardinale ferrarese aveva preso in affitto nel 1550 la villa che era dei nobili Carafa e che si trovava sul colle del Quirinale: fu proprio Ippolito d’Este a dare per la prima volta una forma definita ai terreni che si trovavano attorno alla villa, trasformandoli in un sontuoso giardino con fontane, vialetti, padiglioni in legno, sculture antiche della propria raccolta che ornavano il ninfeo centrale. Per tutto il Cinquecento il giardino non avrebbe subito modifiche, neanche con i successori del cardinale Ippolito d’Este: le cose cambiarono all’inizio del XVII secolo, quando ormai la villa dei Carafa era divenuta stata acquistata dalla Camera apostolica, e quindi era divenuta proprietà pontificia. Fu sotto Paolo V che il giardino del Quirinale venne ampliato verso le Quattro Fontane, con l’acquisizione di nuovi terreni, e venne trasformato in un parco monumentale, cui fu aggiunta, nel 1741, la splendida Coffee House progettata da Ferdinando Fuga (Firenze, 1699 – Napoli, 1782), un piccolo edificio con un loggiato centrale che conduce verso due salette laterali, una affrescata nella volta con la magnifica Consegna delle Chiavi di Pompeo Batoni (Lucca, 1708 – Roma, 1787), l’altra invece decorata con il Cristo che raccomanda a Pietro il suo gregge di Agostino Masucci (Roma, 1691 – 1758) e con due pregevolissime tele di Giovanni Paolo Panini (Piacenza, 1691 – Roma, 1765), raffiguranti la Piazza del Quirinale e Santa Maria Maggiore. Fu a seguito di questi interventi che, nell’Ottocento, arrivò il labirinto.
Sotto il pontificato di Gregorio XVI (1831 – 1846), il giardino venne infatti ampiamente risistemato secondo il gusto del tempo: vennero quindi sostituite le alberature con essenze capaci d’evocare la moda del giardino all’inglese, si collocò nel giardino una fontana in marmo progettata da Filippo Martinucci e, nel 1839, si aprì il labirinto, il cui progetto, stando a quanto riporta il Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica scritto dal bibliografo Gaetano Moroni (che fu anche assistente di Gregorio XVI), si deve all’architetto Gaspare Salvi (Roma, 1786 – 1849). Non si tratta di un dedalo quadrato o rettangolare oppure circolare, come si è soliti pensare quando s’immagina un labirinto: la sua struttura è infatti del tutto inusuale, per quanto realizzata secondo una forma geometrica regolare. Ha infatti una forma ellittica, e ovviamente l’andamento delle pareti segue la stessa forma, con l’ovvio risultato che ci si ritrova a camminare sempre seguendo linee curve e, poiché i corridoi sono anche molto stretti, è pressoché impossibile riuscire a fare due passi in linea retta.
Il labirinto del Palazzo del Quirinale, sistemato proprio sotto le finestre dell’ala orientale del complesso, si presenta ancora con le originali pareti in bosso (buxus sempervirens delle buxacee), arbusto sempreverde noto per la durezza, la lavorabilità, la robustezza e la resistenza del suo legno, e famoso anche perché pianta particolarmente adatta a realizzare siepi rigogliose e ordinate, dal momento che questa essenza, se potata con la dovuta regolarità, si adatta benissimo a qualsiasi forma le si voglia dare, e perché la sua forma compatta garantisce risultati esteticamente gradevoli, ragioni per cui è da secoli gettonatissima nei giardini all’italiana. Il percorso del labirinto si può osservare bene dall’alto della terrazza sopra alla ottocentesca Casina Svizzera (anch’essa costruita per volontà di Gregorio XVI): la terrazza venne collocata esattamente di fronte al dedalo, e fu realizzata appositamente per vederlo dall’alto. Un po’ perché era divertente vedere gli ospiti percorrere i corridoi del labirinto. E un po’ perché la sua forma doveva ispirare il pontefice nella risoluzione dei problemi che gli si presentavano nell’esercizio del suo potere.
Al centro del labirinto, venne collocato un piccolo obelisco, che dal repertorio egizio, e quindi pagano, era ormai da secoli assurto a simbolo cristiano: in particolare, in questo contesto diventa rimando dell’elevazione dell’essere umano verso Dio, della conoscenza della divinità da parte dell’essere umano. Il percorso del labirinto venne dunque studiato in virtù della sua funzione simbolica: quando il visitatore entra nel labirinto, vede l’obelisco esattamente di fronte a sé, e raggiungerlo sembra impresa d’estrema facilità, dato che il corridoio d’ingresso è rettilineo e sembra concludersi proprio con l’obelisco. Ma a poca distanza dal centro, il visitatore viene deviato, e per raggiungere l’obelisco dovrà affrontare un lungo percorso obbligato, unidirezionale. Non c’è possibilità di perdersi nel labirinto del Quirinale: è l’allegoria della vita del buon cristiano che supera tutti gli ostacoli che si pongono lungo il suo cammino per arrivare al suo obiettivo, la conoscenza di Dio.
Il labirinto ha poi seguito la storia del Palazzo del Quirinale, divenuto dal 1870 residenza del re d’Italia a seguito dell’annessione di Roma e del Lazio al Regno, e poi, dal 1946, residenza del Presidente della Repubblica Italiana. Il dedalo oggi si può vedere nel corso di una visita al palazzo e ai suoi giardini: occorre prenotare per tempo, dato che non sempre il Quirinale è aperto, e quando lo è sono molti i visitatori desiderosi di scoprirlo. Da quando è stato aperto nel 1839, non è mai stato modificato: oggi lo si può dunque percorrere vedendolo così come lo vedevano tutti coloro che, nell’Ottocento, venivano ricevuti dai papi nella loro sontuosa residenza.
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