Nel cuore del territorio di Caravino, a circa 55 chilometri da Torino, sorge il maestoso Castello di Masino insieme al suo incantevole parco, testimone di oltre dieci secoli di storia familiare dei nobili conti Valperga. Originariamente eretto nell’XI secolo come fortezza difensiva, il castello ha subito un’evoluzione che lo ha trasformato da roccaforte militare a dimora di campagna. Proprio in virtù della sua funzione originaria, si trova posto strategicamente sulla collina morenica da cui ha assistito a numerosi conflitti tra le fazioni rivali dei Savoia, degli Acaia, dei Visconti e degli stessi Valperga desiderosi di assicurarsi il controllo di queste terre prestigiose. Ma è solamente con l’arrivo del Rinascimento che il castello, situato su un’altura di fronte alla barriera morenica della Serra di Ivrea, conosce una svolta estetica, trasformandosi in una residenza signorile e di villeggiatura circondata da magnifici giardini al posto delle antiche fortificazioni.
All’interno delle sue mura, è possibile ammirare un ricco patrimonio artistico, tra cui affreschi del XVII e XVIII secolo, pregevoli arredi d’epoca e le stanze degli ambasciatori e della Madama Reale. La magniloquenza del castello è raccontata attraverso i suoi sontuosi saloni affrescati ed elegantemente arredati, le camere destinate agli ambasciatori, gli appartamenti privati, i ricchi saloni e terrazze le panoramiche che offrono una vista sulla valle che pare, in quel momento, essere tutto il mondo. Gli ambienti interni riflettono l’eleganza e la raffinatezza della cultura del Settecento, manifestando un impegno costante nella celebrazione del sapere. La biblioteca del castello, infatti, è un tesoro ancora oggi considerato inestimabile e conserva oltre 25.000 volumi antichi che testimoniano la profonda erudizione e la passione per la conoscenza della famiglia Valperga di Masino. È un luogo, questo, che ha visto inoltre passare grandi personalità della storia come Cristina Trivulzio Belgioioso alla quale è ora dedicata una stanza con mobili, dipinti, libri e documenti giunti in eredità nelle collezioni. Nel 1860, Cristina elabora un trattato intitolato Della presente condizione delle donne e del loro avvenire, dove esprime una profonda riflessione sul destino delle donne e sul loro futuro. Nelle sue parole, emerge una sensibilità acuta verso le sofferenze e le ingiustizie subite dalle donne del passato invitando le donne del suo tempo a non dimenticare il tributo di dolore e umiliazione pagato da coloro che le avevano precedute nella storia. Ella esortava a riconoscere con gratitudine le pioniere che avevano aperto la strada verso una felicità mai sperimentata prima, se non solamente flebilmente immaginata.
Le linee fluide, eleganti e intrise di storie del Castello di Masino si mescolano, procedendo silenziosamente verso l’esterno a un piccolo labirinto ortogonale a mezzaluna. Si sa ben poco della sua effettiva costruzione, che sembra risalire approssimativamente al XVII secolo. Tuttavia, dal 1753 se ne perdono le tracce perché il conte Carlo Francesco II di Valperga decise di smantellarlo brutalmente per costruire, al suo posto, un maneggio per cavalli. In questo periodo, infatti, un’importanza fondamentale è rivestita dalla figura degli illustratori delle residenze nobiliari che per primi tramandano, attraverso incisioni, le più importanti architetture del tempo. Accanto alle planimetrie degli edifici, troviamo le rappresentazioni dei giardini e una completa mappatura dei labirinti dell’epoca, come a delineare un compendio che costituisce l’autentica fotografia del patrimonio labirintico italiano tra Seicento e Settecento. Le documentazioni scritte descrivevano il labirinto di Masino come un vasto terreno che contava oltre duemila piante di carpino, sapientemente e precisamente modellate. Ed è proprio da qui che è partita la sua ricostruzione dal 1988, quando il FAI - Fondo Ambiente Italiano acquisisce il sito.
Esplorare il Labirinto del Castello di Masino è come entrare in un mondo di enigmi e intrighi, un ’rompicapo’ vegetale a doppio ingresso perfettamente simmetrico dove solamente all’ultimo passaggio, mentre si è pronti a raggiungere l’agognato centro, ci si ritroverà dispersi e sarà fin troppo facile smarrire la strada e confondersi. La dimensione del dedalo, uno dei più grandi d’Italia, permette alle fitte geometrie delle aiuole di ingannare l’occhio del viandante che si mischia, anch’egli, all’elemento naturale attorno a lui.
Durante il Settecento era infatti di primaria importanza spaesare il malcapitato che si trovava ad affrontare questo breve viaggio in un piccolo schema geometrico, semplice solo in apparenza. Prendono forza e vigore, in questo periodo la vocazione ludica che si riteneva importantissimo alla fine del Cinquecento, diventando luogo di divertimento e corteggiamento. Erano luoghi appartati dove si poteva giocare, amoreggiare e intraprendere dei veri e propri viaggi alla scoperta dell’ignoto. Un ignoto che, in questo caso, ad arrivare alla timida torretta che regala un’incredibile vista sul piccolo mondo appena sondato.
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