Meta del Grand Tour e luogo amato da personalità importanti quali Richard Wagner, Winston Churchill e Virginia Woolf, Ravello, sulla Costiera Amalfitana, si apre al viaggiatore come una città antichissima che, secondo tradizione, venne fondata dai romani in cerca di un luogo sicuro durante le invasioni barbariche. La città nasce come luogo incastonato nella roccia, in un dialogo perpetuo tra mare e cielo, dove sorge il Duomo di Ravello che, da sempre, accoglie pellegrini e cuori affamati.
La costruzione del duomo, dedicato a santa Maria Assunta, risale al 1089 per mano del vescovo Papicio e fu sovvenzionata dal ricco mercante Nicolò Rufolo. A questo primissimo periodo risalgono gli architravi delle tre porte nella facciata dalla struttura a salienti, la cui porta principale in bronzo fu donata da un nobile ravellese, Sergio Muscettola, e realizzata nel 1179. Quest’ultima, costituita da due battenti in legno, presenta 80 formelle decorate con bassorilievi che rappresentano, dal basso verso l’alto, il mondo animale e vegetale, l’universo umano e quello celeste. Gli ordini superiori, infatti, rappresentano Cristo in maestà tra gli angeli e raccontano alcune vicende cristologiche. Attorno si stagliano figure di profeti e santi guerrieri di derivazione pienamente orientale, mentre nella parte inferiore i soggetti decorativi vegetali risultano d’influenza sassanide. La basilica, di derivazione benedettino-cassinese, si presenta con una struttura interna a tre navate divise da enormi colonne e intersecata perpendicolarmente da un transetto sopraelevato su cui sono state innestate tre absidi.
L’architettura maestosa, anche se ha perso gran parte delle sovrastrutture barocche, presenta intrecci di marmo e ancora oggi, delle flebili voci di secoli passati, sussurrano storie di fede e devozione. Dell’antico arredo sono conservati, nella navata centrale, l’ambone dell’Epistola e l’ambone del Vangelo. Il primo, donato dal vescovo Costantino Rogadeo nel XII secolo, è l’unico esempio in Campania di ambone a doppia scala di derivazione romana poiché dal XII secolo essi verranno tutti costruiti su colonne. Qui, le due transenne triangolari che seguono l’andamento della scalinata, presentano particolari decorazioni raffiguranti la pistrice che prima ingoia e poi rigetta Giona, mentre il lettorino sporgente conserva un rilievo raffigurante l’aquila e un’iscrizione, che ricorda il committente, ai cui piedi si apre una cavità che ai lati rappresenta dei delicatissimi pavoni a intarsio. Dalla parte opposta si potrà osservare il secondo ambone del 1272 di Nicola di Bartolomeo di Foggia e donato da Nicola Rufolo, la cui cassa rettangolare è sorretta da sei colonne su leoni stilofori. Il lettorino a sezione rettangolare presenta ai lati delle spettacolari lastre intarsiate con tondi, al cui interno si può trovare un Agnus Dei, delicatissimi uccelli variopinti su fondo oro che rappresentano la dimensione paradisiaca e, rivolto verso la facciata del duomo, un ritratto di Madonna con Bambino. Sotto il lettorino, invece, si trovano due ritratti che potrebbero simboleggiare il giorno e la notte, circondati da cornici scolpite a tralci rigogliosi. La cassa è delimitata sui quattro angoli da colonne tortili, sorrette da dinamici leoni, sulle quali corrono ricchi motivi vegetali dai colori sgargianti.
Importantissima è la cappella dedicata al patrono della città, san Pantaleone il Guaritore, che venne costruita nel XVII secolo per conservare al suo interno il sangue versato dal martire quando fu ucciso a Nicomedia. Al centro della cappella si può ammirare un’opera che racconta la sua morte, dipinta nel 1638 dal genovese Gerolamo Imperiali, mentre il suo sangue è conservato in un’ampolla ed è soggetto a liquefazione ogni 27 luglio, giorno del martirio. Secondo un’antica leggenda, la reliquia, sarebbe giunta via mare fino a Ravello in maniera molto particolare e quasi casuale. Dei mercanti, infatti, presero la reliquia a Costantinopoli dalla casa di un’anziana signora e la portarono con loro in Italia. Una volta giunti a Marmorata caricarono nuovamente la reliquia sull’imbarcazione e una violentissima tempesta impedì loro di partire per giorni, fino a quando capirono che la reliquia del santo stava dicendo loro di voler rimanere in quella terra. Quando chiamarono il vescovo di Ravello per recuperare l’ampolla, infatti, il cielo si rischiarò, il mare tornò navigabile e i mercanti poterono finalmente lasciare la costa.
A completare la visita di questo spettacolare duomo dalla bianchissima facciata interviene il Museo del Duomo. Vi sono esposte diverse opere d’arte come il famoso busto di marmo che si pensa appartenga alla moglie di Nicola Rufolo, il ricco mercante che nel XIII secolo commissionò il pulpito della cattedrale. Altre fonti raccontano invece di come il busto possa essere un ritratto della Madonna o di Giovanna, la Regina di Napoli. Il museo, istituito nel 1983, si sviluppa nella cripta della basilica e nella zona che un tempo era adibita a cimitero. La cripta è attraversata da una fila di colonne in granito dai capitelli ora corinzi, ora medievali sovrastati da quattordici volte a crociera.
All’interno del Museo sono visibili anche alcuni importanti elementi scultorei del bestiario medievale che componeva il ciborio del 1279. Esso si innalzava su quattro colonne con capitelli corinzi che reggevano gli architravi decorati con mosaici e simboli dei quattro Evangelisti. Lo storico Francesco Pansa, nella sua Istoria dell’antica Repubblica di Amalfi, descrisse brevemente il ciborio come una struttura “a tre ali, una colla sua croce in mezzo cui vi è una tribuna tutta di marmo, sostenuta da quattro colonne, in ciascheduna vi sta l’aquila, il bue, il leone e l’angelo, geroglifici de quattro evangelisti, e del piano della base sopra dette colonne da principio un ordine di cupola, sostenuta da ventiquattro colonnette e sopra detta cupola vi è un altro ordine d’altre sedici colonnette con la sua cupoletta, sopra cui vi è un tonn, entro il quale vi è il geroglifico dell’Agnus Dei e nel frontespicio della prima base, sopra delle quattro colonne, che è tutta di mosaico con l’impresa della nobilissima famiglia de Rufoli”. Purtroppo, dopo circa cinquant’anni dalla pubblicazione, una commissione di periti decretò la rimozione proprio dell’antico tabernacolo, per “l’imminente pericolo che minaccia la cupoletta di marmo di cadere a momenti per aver patito nuove grandi lesioni oltre a quelle ci si eran’osservate colle perizie fatte nell’emergenza circa la demolizione di essa”. Da allora il ciborio fu smantellato e parte dei suoi frammenti vennero reimpiegati negli ambienti del duomo, mentre altri furono dispersi. Anche se le parole dello storico aiutarono gli studiosi a ripercorrere solo una parte dei frammenti medievali, il Duomo di Ravello si presenta al viaggiatore come una poesia in pietra che a ogni tramonto viene illuminato da una luce eterna e rimarrà sempre simbolo di arte, fede e tradizione per la città.
Il Duomo di Ravello, un concentrato di arte medievale in Costiera Amalfitana |
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