La città di Livorno ha sempre avuto un legame profondo con le arti e la cultura, e uno degli artisti il cui nome è più legato a quello di Livorno è stato Amedeo Modigliani. Nato il 12 luglio 1884 nella città toscana, Modigliani ha lasciato un’impronta indelebile non solo nel mondo dell’arte, ma anche nella storia della sua città natale. Livorno, con la sua tradizione di porto aperto e crocevia culturale, ha fornito fin da subito a Modigliani un terreno fertile per esplorare la sua creatività. La città, con la sua vivace miscela di culture e influenze mediterranee, terra di artisti (era di Livorno, giusto per citare un solo nome, Giovanni Fattori), ebbe un notevole ascendente sul giovane artista. La diversità etnica di Livorno, con una presenza significativa di comunità ebraiche (anche la famiglia di Modigliani era ebrea), ha lasciato un’impronta indelebile sullo sviluppo artistico dell’artista.
Anche se Modigliani lasciò molto giovane Livorno per trasferirsi a Parigi, il calore e l’energia della città toscana serbano numerose tracce del pittore. Il rapporto tra Amedeo Modigliani e Livorno è intriso di un’affinità profonda e intima e molti sono oggi i luoghi da vedere per seguire i passi dell’artista nella sua vita quotidiana in città, tanto che spesso associazioni del territorio organizzano dei veri tour alla scoperta dei luoghi di Modigliani a Livorno, che hanno sempre un certo successo. Ma quali sono i luoghi di Livorno più legati alla presenza di Amedeo Modigliani? Eccone dieci!
Amedeo Modigliani nacque in una palazzina ottocentesca situata al numero 38 di Via Roma, all’epoca cuore del quartiere ebraico, oggi strada nota per le sue numerose gallerie d’arte (all’epoca si chiamava Via della Barriera Maremmana). Oggi, la casa accoglie la sede dell’Associazione Natale Casa Modigliani, e alcuni degli ambienti si sono conservati vicini a come doveva vederli il piccolo Amedeo (per esempio il lavello in marmo della cucina è ancora quello originale, e lo stesso dicasi per i pavimenti e per alcune decorazioni). Nella Casa Natale, visitabile, è stata allestita una mostra di fotografie e documenti che ripercorre la vita di Amedeo Modigliani. Tra i documenti più interessanti figura il diario della madre di Amedeo, Eugenie Garsin, le foto di famiglia (tra cui una in cui un Modigliani bambino abbraccia Giovanni Fattori: i due erano separati da una differenza d’età di sessant’anni), e poi ci sono immagini delle opere di Modigliani e anche opere di artisti del Novecento e contemporanei (tra cui Renato Guttuso, Enrico Baj, Mimmo Rotella, Tano Festa, Luigi Ontani, Concetto Pozzati, Elio Marchegiani, Mark Kostabi e altri) che hanno variamente interpretato l’arte di “Modì”. A poca distanza dalla Casa Natale si trova anche un enorme murale, realizzato nel 2019 dall’artista parigino Arnaud Liard e intitolato L’âme de Montparnasse
Situato in via Ernesto Rossi, è la scuola che fu frequentata da Amedeo Modigliani: l’artista risulta iscritto a tutte le classi tra gli anni 1893 e 1898 (di recente sono state anche rivenute le pagelle del giovanissimo Modigliani). Lasciò poi la scuola e si dedicò alla sua carriera artistica entrando nella bottega di Guglielmo Micheli, all’epoca uno dei più quotati maestri livornesi, e nome di spicco dell’arte toscana di fine Ottocento. Il Liceo Guerrazzi venne fondato nel 1861 ed è sempre stato il liceo classico di Livorno: nel 2017 è stato accorpato all’istituto magistrale “Angelica Palli” ed è diventato uno degli indirizzi del nuovo Istituto Statale d’Istruzione Superiore “Niccolini-Palli”. Tra i banchi di questa scuola sono passati anche personaggi come Giovanni Pascoli e Carlo Azeglio Ciampi. Fu qui che la cultura di Modigliani cominciò a formarsi.
Si trovava qui, in piazza Benamozegh, a brevissima distanza dal Duomo, l’antica Sinagoga seicentesca, purtroppo distrutta durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale e ricostruita nelle forme attuali nel 1962, su progetto dell’architetto Angelo Di Castro: il nuovo tempio della comunità ebraica della città sorge sul luogo dove un tempo si trovava la Sinagoga frequentata da Modigliani e nella quale l’artista, all’età di 13 anni, ebbe il suo Bar Mitzwah, che segna il passaggio alla maturità secondo la religione ebraica (durante il rito, i ragazzi leggono un brano della Torah o della Haftarah, e alla fine la famiglia offre un rinfresco a parenti e amici). È una celebrazione importante poiché dopo il Bar Mitzwah un ebreo viene ritenuto membro responsabile della propria comunità.
Il Cimitero Ebraico Monumentale di Livorno si trova in Via Ippolito Nievo e venne utilizzato tra il 1840 e il 1900: è stato uno dei vari siti che, nel corso della storia, gli ebrei di Livorno hanno utilizzato per le loro sepolture. Qui riposano anche membri della famiglia Modigliani: tra di loro, la zia Rosina Modigliani, il nonno e la nonna (Emauele Modigliani e Olimpia Della Rocca), i parenti della madre. È uno dei luoghi più importanti per comprendere quanto fosse folta e attiva la comunità ebraica di Livorno tra l’Otto e il Novecento.
All’incrocio tra via Gamerra e via Baciocchi, proprio in fondo a via Roma, dunque a pochi passi dalla casa natale di Modigliani, si trovava Villa Baciocchi: qui, al pianterreno, il pittore Guglielmo Micheli aveva la propria bottega. A partire dal 1898, un Modigliani quattordicenne cominciò a frequentare l’atelier dell’importante pittore post-macchiaiolo imparando il disegno dal vero, con frequenti uscite sul poco distante lungomare dell’Ardenza. Il primo avvicinamento di Modigliani all’arte avvenne infatti col genere del paesaggio, che però l’artista non gradiva (tant’è che lo abbandonò appena diventò un artista indipendente). La villa diventò in seguito un orfanotrofio ma fu completamente distrutta nel 1943 durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, e l’edificio fu ricostruito, in forme però diverse rispetto a quelle di un tempo.
Uno storico locale di Livorno che ebbe vita molto breve, dal momento che rimase aperto solo per tredici anni, dal 1908 al 1921, ma che ebbe per la comunità artistica livornese un ruolo fondamentale dato che fu abituale ritrovo di artisti che qui svilupparono la loro poetica (fu un punto di riferimento imprescindibile per tutta la comunità post-macchiaiola: artisti come Gino Romiti, Renato Natali, Benvenuto Benvenuti e altri erano abituali frequentatori di questo locale, e fu qui che di fatto venne fondato il Gruppo Labronico, lo storico sodalizio di artisti livornesi ancor oggi esistente). Anche Modigliani per qualche tempo fu tra gli artisti che gravitavano attorno al Caffè Bardi, come dimostra peraltro il Ritratto di Aristide Sommati, artista classe 1881 che era tra gli altri habitué del Caffè Bardi: il disegno, eseguito su un foglio del Caffè Bardi (presente anche il logo e tutti gli indirizzi) è attualmente conservato al Museo Fattori di Livorno. Oggi, nel palazzo dove si trovava il Caffè Bardi, c’è un negozio d’oggettistica di una nota catena internazionale, ma una targa sulla facciata ricorda i trascorsi artistici dell’edificio e la presenza del bar.
Modigliani si trasferì a Parigi nel 1906, e qui rimase tre anni: nel 1909 infatti, su impulso degli amici che temevano per la sua salute precaria, alla quale il clima della capitale francese non faceva bene, tornò a Livorno, dove rimase però solo per l’estate, e a settembre era di nuovo a Parigi. Durante la sua permanenza in città ebbe però modo di procurarsi uno studio per sé in via Gherardi del Testa, in un locale all’interno del Mercato delle Vettovaglie la cui costruzione era terminata da pochi anni. Nello stanzone che Modigliani prese in affitto dentro al Mercato delle Vettovaglie nacquero, stando ai racconti del pittore Cafiero Filippelli, alcune delle celeberrime teste, le sculture che l’artista, insoddisfatto, avrebbe poi gettato nel Fosso Reale di Livorno.
Stando alla testimonianza del fotografo Bruno Miniati, confermata anche dal pittore Gino Romiti, qui i due si trovavano assieme a Modigliani nell’estate del 1909, durante la breve permanenza di “Dedo” prima di ripartire per Parigi, quando l’artista avrebbe mostrato ai due colleghi una testa scolpita in pietra per poi buttarla nell’acqua del Fosso Reale, nel tratto che si trova di fronte alla chiesa degli Olandesi, l’edificio di culto della comunità olandese della città. E sempre nel Fosso Reale l’artista, all’incirca lungo lo stesso tratto, avrebbe gettato altre sculture, per il fatto che non era soddisfatto del risultato. Non sappiamo però se si tratti di verità o leggenda: quel che è certo, è che le sculture di Modigliani non sono mai state ritrovate.
Il canale che un tempo circondava la città fortificata di Livorno, e che aveva funzioni sostanzialmente difensive, è divenuto celebre non solo perché Modigliani avrebbe gettato nel Fosso Reale, secondo alcuni racconti come visto sopra, le teste scolpite che non lo avevano soddisfatto: il Fosso Reale, infatti, fu al centro della clamorosa beffa che venne ordita nell’estate del 1984 (l’anno del centenario della nascita), quando il Comune, su impulso dell’allora direttrice di quello che all’epoca si chiamava Museo Progressivo di Arte Moderna di Livorno, fece dragare il fosso con la speranza di ritrovare le statue. Furono effettivamente ritrovate tre statue, giudicate da molti critici (e tra di loro alcuni dei grandi nomi del tempo come Dario Durbè, Giulio Carlo Argan e Carlo Ludovico Ragghianti) come autentiche: si scoprì poi che le tre sculture erano opere di tre studenti di Livorno, Pietro Luridiana, Pierfrancesco Ferrucci e Michele Ghelarducci, che dichiararono di essere gli autori delle opere, eseguite con l’aiuto di uno scultore, Angelo Froglia, e poi buttate nel Fosso Reale per scherzo (a conferma, i giovani inviarono ai giornali una foto che li ritraeva prima della beffa, assieme alle sculture poi ritrovate nel canale). Froglia, dal canto suo, dichiarò che il suo intento era quello di dimostrare come si potessero condizionare facilmente le convinzioni del pubblico. Di sicuro, la beffa riuscì.
È il museo d’arte più importante della città, e ospita anche due opere di Modigliani. Il Museo Civico Giovanni Fattori conserva infatti il Ritratto di Aristide Sommati (non sempre visibile per ragioni di conservazione), e un paesaggio a lui attribuito, una “Stradina toscana” del 1898 circa che rappresenterebbe uno dei primi esperimenti di Modigliani. L’opera, attribuita per tradizione a “Modì”, è dipinta, come si legge nella scheda del museo, “con rapidi colpi di pennello e punteggiature di colori che cercano gli effetti del variare della luce”, ed è probabilmente uno scorcio di campagna nei pressi di Salviano, alle porte della città, dove gli allievi di Guglielmo Micheli si recavano di frequente. “Una strada chiara, fortemente scorciata, tanto da perdersi nel punto di fuga centrale, è affiancata a sinistra da una casa dai volumi appena accennati, a destra da un albero reso con una ‘macchia’ di verde scuro, unico elemento verticale della scena; oltre la campagna e le colline retrostanti è un cielo nuvoloso schiarito da tocchi rosa del tramonto”.