Como, cosa vedere: 10 luoghi da non perdere in città


Cosa vedere a Como: un itinerario in 10 luoghi da non perdere in città.

Intellettuali di ogni tipo ed epoca hanno spesso cercato, trasportati dal fascino e da un amore quasi carnale, di raccontare quanto visto e provato nella città di Como. Le sponde del lago di Como hanno incantato e fagocitato grandissimi nomi tra cui Plinio il Giovane che in una lettera per l’amico Caninio Rufo, databile tra il 96 e 100 d.C., scriverà con dolcissima ammirazione: “Visto che il tempo ce l’hai, perché non deleghi ad altri gli impegni modesti e vili, e rivendichi per te stesso la libertà di darti alle passioni in quel tuo angolo appartato e fertile? Questo dovrebbe essere il tuo impegno e il tuo disimpegno, questa la tua fatica e questo il tuo riposo; quando sei sveglio e quando dormi, tutto il tuo tempo dovrebbe essere rivolto alle passioni.” Da qui in poi furono infiniti gli scrittori, i musicisti che hanno amato con feroce passione Como, le sue ville e i suoi quieti angoli d’ozio e il nostro itinerario alla scoperta dei 10 luoghi da non perdere a Como inizia proprio con una storia d’amore consumata tra il pianista e compositore ungherese Franz Liszt e Madame d’Agoult.

1. Il Duomo di Como

L’architettura del Duomo di Como racconta una storia che affonda le sue radici al 1396 (anno in cui venne posata la sua prima pietra) e la sua costruzione proseguirà con costanza e dedizione fino al 1744 quando verrà finalmente portata a termine. Sarà, forse, anche grazie all’atmosfera distesa e sognante descritta infinite volte da antichi viaggiatori che la sua architettura si presenta come un’armoniosa coesistenza di stili ed epoche diverse che non fanno a gara tra loro, ma si supportano ed esaltano vicendevolmente diventando qualcosa di unico e imponendosi alla vista del passante più distratto. Una graziosa particolarità del Duomo di Como è la famosa porta della rana che negli anni ha alimentato leggende e congetture di vario genere. Alcuni hanno pensato che la rana, simbolo della metamorfosi, indicasse semplicemente il cambiamento che l’uomo prima o poi affronta nella vita, mentre altri dalla fantasia ben più galoppante erano certi indicasse il segno di un tesoro nascosto, tanto che nel 1852 un canonico ticinese ottenne il permesso di scavare proprio lì sotto, ma senza trovare la fortuna sperata. La porta settentrionale fu scolpita nel 1507 da una bottega di artisti attiva nella diocesi di Como in quegli anni, i Rodari, che decisero di creare un avvilupparsi di figure che conducono lo sguardo al trionfo dell’Assunta. Si distinguono infatti santi, angeli, mostri, animali reali e immaginati e l’ormai famosa rana.

Il Duomo di Como
Il Duomo di Como

2. Il Palazzo del Broletto

Proprio accanto all’antica Cattedrale si erge il palazzo del Broletto che rappresenta il simbolo delle istituzioni comunali e si trova in posizione strategica fra la Cattedrale e il Palazzo Vescovile. Si tratta, anche questa volta, di una felice convivenza fra stili differenti infatti oltre ad essere un’interessante testimonianza dell’epoca medievale è anche arricchito da elementi di stile gotico. Il palazzo era sede delle istituzioni comunali durante il XIII secolo e sorse sul luogo già precedentemente utilizzato per le assemblee cittadine e, da quanto attesta una lapide, il venne probabilmente completato nel 1215 su iniziativa del podestà Bernardo da Codazzo. L’attento viaggiatore noterà come, sulle pareti, siano conservate ancora alcune tracce di affreschi con gli stemmi delle famiglia comasche.

Il Palazzo del Broletto
Il Palazzo del Broletto

3. La Basilica di Sant’Abbondio

Poco al di fuori le mura urbiche sorge l’imponente Basilica di Sant’Abbondio con i suoi campanili gemelli. Una posizione, questa, decisamente strategica in età medievale poiché presidiava la via Regina che collegava Milano al Nord Europa attraverso i passi alpini. Per quanto possa sembrare spoglia, non appena si varca l’ingresso volgendo lo sguardo verso l’abside si scoprirà un ciclo di affreschi attribuito a differenti maestranze tra cui è stata attestata la presenza della personalità forte e aggiornata del “Maestro di sant’Abbondio”, artista attivo durante l’episcopato del francescano Leone Lambertenghi tra il 1315 e il 1324. L’affresco presenta venti scene evangeliche in cui, nella parte superiore, sono riconoscibili gli episodi dell’infanzia di Gesù, mentre nella fascia inferiore sono narrate le vicende riguardanti la sua esistenza terrena.

La Basilica di Sant’Abbondio a Como. Foto di Francesco Bini
La Basilica di Sant’Abbondio a Como. Foto di Francesco Bini

4. Il Teatro Sociale di Como

Il 29 dicembre 1837 il celebre Franz Liszt suonò al Teatro Sociale di Como, e quattro giorni prima, all’Albergo dell’Angelo, nacque sua figlia Cosima, frutto della relazione con la scrittrice ginevrina Marie de Flavigny già sposata con il conte d’Agoult. I due si rifugiarono a Como proprio per fuggire dai pettegolezzi tipici delle grandi realtà e Liszt racconta: “Quando scriverete la storia di due amanti felici ambientatela sulle rive del lago di Como. Non conosco contrada più manifestamente benedetta dal cielo; non ne ho mai vista altra in cui gli incanti di una vita d’amore possano apparire più naturali. In mezzo a questa natura amica l’uomo respira liberamente; l’armonia dei suoi rapporti con essa non è turbata da proporzioni gigantesche; egli può amare, può dimenticare e godere, poiché sembra non fare altro che prendere la propria parte di felicità universale.” Il Teatro Sociale di Como, tra i più antichi del Nord Italia, venne inaugurato il 28 agosto 1813 ed è altresì conosciuto come “piccola Scala”, poiché dopo il bombardamento del 1943, ospitò proprio il Teatro alla Scala di Milano. Il progetto, la cui sala principale presenta attualmente la forma di cassa di violoncello, fu affidato all’architetto Giuseppe Cusi e supportato vivacemente da Alessandro Volta, che allora era presidente del consiglio comunale. 

Il Teatro Sociale di Como
Il Teatro Sociale di Como

5. Villa Gallia

Commissionata all’inizio del XVII secolo dal prelato Marco Gallio, Villa Gallia, si erge sulle rovine della villa-museo dell’umanista Paolo Giovio. Gli affreschi strappati al primo piano raffiguranti la villa come una dimora a tre piani, con un portale bugnato al piano terra, potrebbero delineare l’aspetto originario della stessa. Furono moltissime le modifiche nel corso dell’Ottocento per mano di Simone Cantoni che curò l’ampliamento a sud in stile neoclassico, prima e da parte del barone Simone Leonino, attraverso modifiche degli ornati esterni e della darsena, poi.  Al piano nobile, in cinque sale, è possibile ammirare ancora i cicli di affreschi originari dei quali non è possibile conoscere gli autori, tranne che per la sala dei Putti dove, su in fregio, compare la sigla “BR” che potrebbe indicare il pittore Battista Recchi anche per le innumerevoli assonanze stilistiche, cromatiche e di repertorio.

Villa Gallia
Villa Gallia. Foto: Wikimedia Commons/Geobia

6. Il Castello del Baradello

Nel 1903 iniziarono i restauri al castello del Baradello che misero una flebile luce alla sua storia scoprendo, per esempio, che la primissima testimonianza si ebbe in epoca preromana (come attestato dai diversi ritrovamenti archeologici), o ancora che nel 1158 vennero ampliate le mura e riedificate alcune torri per volere di Federico Barbarossa e che la torre, che oggi vediamo svettare prepotentemente, fu innalzata dai Visconti. Insomma, quella del Baradello fu una storia complessa proprio perché sorgeva in una posizione strategica e, nel corso dei secoli, ha dominato dall’alto la città e il primo bacino del lago, mentre oggi offre una vista spettacolare raggiungibile attraverso un piccolo sentiero che si snoda, inerpicandosi, nel bosco. Come ogni castello che si rispetti, anche questo possiede i suoi fantasmi e secondo una macabra leggenda, infatti, Napoleone Torriani, venne imprigionato nella “cripta del maniero” durante la battaglia di Desio e diciotto mesi dopo, solo e in preda alla follia, decise di farla finita fracassandosi la testa contro le sbarre. Secondo le storie popolari, però, non riuscirà mai a trovare pace poiché il suo fantasma si aggirerebbe ancora agonizzante tra queste mura.

Il Castello del Baradello
Il Castello del Baradello. Foto: Maurizio Moro

7. Villa Olmo

Storia decisamente più edulcorata è quella narrata alla Villa Olmo, che è tra i simboli più importanti della città di Como. La sontuosissima dimora fu costruita nel XVIII secolo come residenza suburbana e, secondo una tradizione non documentata, deve il suo nome proprio a due vecchissimi e giganteschi esemplari di olmo che troneggiavano nel giardino. La villa apparteneva a una ricchissima famiglia che nel 1664 acquistò beni e terreni dell’abbazia di Santa Maria di Vico e venne fatta costruire, per conto di Innocenzo Odescalchi, dall’architetto ticinese Simone Cantoni tra il 1782 e il 1787. L’ispirazione è fortemente neoclassica e si manifesta appieno nella sua delicatissima facciata che presenta cinque archi d’ingresso sovrastati di sei colonne ioniche intervallate da medaglioni rappresentanti filosofi. Nel 1925 fu ceduta al Comune di Como e, due anni dopo, in occasione del primo centenario della morte di Alessandro Volta venne allestita qui l’Esposizione Internazionale Voltiana.

Villa Olmo
Villa Olmo

8. Il Tempio Voltiano

Sempre in occasione delle celebrazioni per i cento anni dalla morte di Alessandro Volta, l’industriale Francesco Somaini, nel 1928, donò alla città di Como questo edificio neoclassico sulle rive del lago ed è l’unico mausoleo al mondo a commemorare uno scienziato. L’edificio, come afferma il suo architetto Frigerio “consta essenzialmente di un salone circolare di quasi 12 metri di diametro netti, coronato da una cupola a luce centrale, a guisa di Pantheon; il quale, col colonnato che lo recinge”. E, parafrasando le sue parole, la sua facciata doveva guardare chi arriva dalla città creando così una passeggiata naturale verso il tempio. All’interno è articolato il museo di Volta, dove sono esposti gli apparecchi da lui inventati ed effettivamente utilizzati, mentre la galleria del loggiato è riservata alla documentazione dell’opera scientifica del fisico comasco dove non mancano anche oggetti personali, medaglie, documenti, libri e riproduzioni fotografiche.

Il Tempio Voltiano
Il Tempio Voltiano. Foto: Maurizio Moro

9. The life electric

Anche il celebre architetto Daniel Libeskind ha deciso di onorare Alessandro Volta donando alla città di Como una sua opera e lo stesso autore spiega come essa “si ispira alla tensione elettrica tra due poli di una batteria, il grande dono di Volta all’umanità. L’opera congiunge gli elementi: luce, vento e acqua. Un’installazione, una gateway fisica e ideale aperta sul ventunesimo secolo". L’opera sorge, elegantissima e sinuosa, dal centro del primo bacino del Lago di Como ed è visibile perfettamente da piazza Cavour. Con la sua svettante altezza che supera i sedici metri, presenta la forma di due sinusoidi che si contrappongono e giocano vicendevolmente tra loro, inserendosi delicatamente nel paesaggio che le circonda, fondendo armoniosamente elementi scientifici e naturali.

The life electric
The life electric

10. Il faro di Brunate

In cima al Monte Tre Croci si trova il faro Voltiano costruito nel 1927, anche questo, per celebrare il centenario della morte di Alessandro Volta ed è raggiungibile da Como a piedi o grazie alla sua particolarissima funivia che collega la città alla frazione San Maurizio. Nonostante sia architettonicamente un faro, esso non ha alcuna utilità pratica nella navigazione e alternando fasci di luce verdi, rossi e bianchi ha il solo scopo commemorativo. Una curiosità: alla sua costruzione partecipò il padre dell’attrice Mara Berni, volto noto tra gli anni Cinquanta e Sessanta che recitò al fianco di Alberto Sordi e Totò, e lei nacque proprio qui il 12 giugno del 1935.

Il faro di Brunate
Il faro di Brunate. Foto: Valerio Carletto

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