Le colonie marine del litorale pisano, dal fascismo alla rinascita


Negli anni Trenta, il regime fascista fece costruire sul litorale di Pisa diverse colonie estive per i bambini. Ne sorse un complesso di edifici in stile razionalista con pochi eguali. Abbandonati dopo la fine del regime, sono stati quasi tutti recuperati e oggi sono diventati hotel e residence.

Percorrendo il lungomare pisano a Calambrone, ovvero l’ultima frazione di Pisa prima di entrare nel territorio comunale di Livorno, non è raro imbattersi in alcune presenze ricorrenti: le colonie marine, che rappresentano un capitolo fondamentale nella storia sociale e architettonica, non solo pisana, del XX secolo. Questi complessi, costruiti principalmente per ospitare i bambini durante i mesi estivi, sono ancor oggi forse i più ingombranti testimoni dell’edilizia sociale del regime fascista: tutte le colonie di Calambrone risalgono infatti agli anni Trenta. L’idea delle colonie marine nasce tuttavia alla fine del XIX secolo: inizialmente promosse da medici e filantropi, queste strutture avevano lo scopo di offrire un ambiente salubre ai bambini delle classi meno abbienti, favorendo il loro benessere attraverso l’esposizione all’aria di mare, l’attività all’aperto e un’alimentazione sana. Con il tempo, l’idea trovò terreno fertile in Italia, dove le coste lunghe e variegate offrivano numerose opportunità per la costruzione di colonie marine.

Le prime colonie marine in Italia furono costruite alla fine dell’Ottocento, ma fu solo nel periodo fascista che il loro numero crebbe significativamente. Il regime vedeva nelle colonie non soltanto un mezzo per offrire ai bambini delle classi meno abbienti la possibilità di una vacanza al mare, ma anche, e forse soprattutto, uno strumento per formare i futuri cittadini fascisti, oltre che per diffondere la propria ideologia attraverso attività sportive e formative. Durante questo periodo, le colonie marine divennero non solo luoghi di soggiorno estivo, ma autentici centri di educazione fisica e morale. E il lungomare di Pisa, in particolare con Calambrone, divenne uno dei principali centri per le colonie marine durante il ventennio fascista. La posizione geografica, con le sue ampie spiagge e il clima favorevole, era ideale per questo tipo di strutture. Fu così che, tra gli anni Venti e Trenta, il regime diede il via a un’intensa operazione di urbanizzazione del litorale pisano, dapprima fondando due nuovi centri, ovvero Tirrenia (che rimane una delle principali città di fondazione del regime: oggi è frazione del Comune di Pisa), e la stessa Calambrone, che mutuava il nome da quello che fu sempre utilizzato per identificare il tratto di costa che sta tra Pisa e il porto di Livorno. E una volta fondati i due centri, vennero costruite numerose colonie, finanziate da enti pubblici e privati oltre che dalle grandi aziende italiane.

Ancora oggi, le colonie marine del lungomare pisano sono le presenze più evidenti sulla costa di Calambrone, imponenti edifici in stile razionalista che spesso intendevano rifarsi alle architetture dell’antica Roma, ma altre volte costruite invece secondo schemi più eclettici. Venivano tutte costruite nelle vicinanze della spiaggia. La prima a venire terminata, in ordine di tempo, fu la Colonia Firenze, costruita tra il 1931 e il 1932 su progetto di Ugo Giovannozzi: era la colonia della Gioventù Italiana del Littorio e si caratterizzava per una struttura a padiglioni, che potevano essere utilizzati singolarmente. Si trova sul lungomare e si distingue per la sua architettura razionalista leggera, d’ispirazione metafisica: predominano i loggiati, gli elementi curvi lungo tutti i blocchi che si susseguono sul lungomare. Si tratta, peraltro, dell’unica colonia di Calambrone che è ancor oggi in stato di abbandono.

Venne invece commissionata prima (tra il 1925 e il 1926), ma fu terminata più tardi (nel 1931, anche se l’inaugurazione rimonta al 14 luglio 1933) la Colonia Rosa Maltoni Mussolini, intitolata alla madre del duce, la più estesa delle colonie di Calambrone, progettata dall’ingegner Angiolo Mazzoni Del Grande. Il complesso integrava non solo una colonia (destinata ai figli dei ferrovieri e dei postelegrafonici), ma anche un collegio, una biblioteca e una cappella, e dava direttamente sulla spiaggia: il grande complesso era preceduto da un portico con due palazzine sui fianchi che fungevano da propilei e immettevano nei due corpi del complesso (quello sud per i postelegrafonici e quello nord per i ferrovieri), Le architetture richiamavano quelle del futurismo ma anche quelle della metafisica, data anche la presenza di due alte torri cilindriche che contribuivano a caratterizzare l’identità del complesso, che anche dall’esterno si faceva notare, per via del colore rosso con cui erano state rivestite le superfici.

Altro esempio notevole è la Colonia Principi di Piemonte. Costruita tra il 1932 e il 1934, questa colonia era destinata ai figli del personale dell’Aeronautica Militare. La struttura, razionalista ma ispirata alle architetture neoclassiche (esempio unico in tutte le colonie marine pisane), è caratterizzata da due blocchi paralleli, uniti da un porticato chiuso, la cui forma ricorda vagamente quella di un aereo, a simboleggiare la destinazione del complesso.

Colonia Firenze, padiglione centrale. Foto: Francesco Bini
Colonia Firenze, padiglione centrale. Foto: Francesco Bini
La colonia Rosa Maltoni Mussolini nel 1938
La colonia Rosa Maltoni Mussolini nel 1938
La colonia Rosa Maltoni Mussolini oggi dopo il recupero. Foto: Ordine degli Architetti di Firenze
La colonia Rosa Maltoni Mussolini oggi dopo il recupero. Foto: Ordine degli Architetti di Firenze
La colonia Principi di Piemonte oggi dopo il recupero. Foto: Francesco Bini
La colonia Principi di Piemonte oggi dopo il recupero. Foto: Francesco Bini
La colonia Principi di Piemonte oggi dall'alto. Foto: Principi di Piemonte Residence
La colonia Principi di Piemonte oggi dall’alto. Foto: Principi di Piemonte Residence

Fu costruita tra il 1934 e il 1935 la Colonia femminile dei Fasci Italiani all’Estero, che come lascia intuire il nome stesso era la colonia marina per le figlie degli italiani residenti fuori dai confini nazionali, e venne costruita per volontà di Piero Parini, segretario generale dei Fasci Italiani all’Estero: il progetto fu affidato nel 1933 agli architetti Giulio Pediconi e Mario Paniconi. Inizialmente era previsto che la colonia ospitasse 400 bambine, ma poi il progetto venne ampliato e alla fine il complesso poteva accogliere 1.100 bambine. Anch’essa venne costruita, al pari della Colonia Firenze, con una struttura a padiglioni, e all’epoca venne lodata in quanto ritenuta una delle colonie architettonicamente meglio riuscite, soprattutto per la sua capacità di coniugare un’architettura razionalista sobria a un’efficiente organizzazione degli spazi, oltre che per la cura delle rifiniture all’interno. Anche in questo caso, l’ingresso era stato realizzato come un arioso portico aperto che conduceva gli ospiti verso i blocchi del complesso.

Uno degli esempi più significativi di colonia marina a Calambrone è poi la Colonia Regina Elena, progettata da Ghino Venturi, iniziata nel 1931 e inaugurata nell’estate del 1933: inizialmente immaginata come “città elioterapica” collegata agli Spedali Riuniti di Livorno, a partire dal 1937 diventò colonia dell’Opera di Previdenza e Assistenza dei Ferrioveri dello Stato, e accolse anche un collegio. Il complesso, composto di tre edifici, due dei quali posti paralleli alla costa e uno invece disposto sull’asse mare-monti e collegato agli altri due corpi per mezzo di un lungo porticato, si distingue per il suo stile razionalista, caratterizzato da linee geometriche pulite e ampi spazi aperti.

Infine, è da menzionare la Colonia Vittorio Emanuele II, l’ultima in ordine cronologico, costruita su progetto dell’architetto Gino Steffanon tra il 1934 e il 1938. Questa struttura rappresenta un altro esempio di architettura razionalista. La colonia, inaugurata nel 1938, era destinata ai figli dei lavoratori dell’industria tessile e presentava una struttura imponente, a forma di semicerchio con una facciata principale rettilinea, dalle forme rigorose e simmetriche: la scelta della forma, si legge nei documenti dell’epoca, era stata modellata su quella di un bambino che tende le braccia verso il cielo.

La colonia femminile dei Fasci Italiani all’Estero in una cartolina dell'epoca
La colonia femminile dei Fasci Italiani all’Estero in una cartolina dell’epoca
La colonia femminile dei Fasci Italiani all’Estero, oggi Villaggio Solidago. Foto: Francesco Bini
La colonia femminile dei Fasci Italiani all’Estero, oggi Villaggio Solidago. Foto: Francesco Bini
La colonia Regina Elena dopo il recupero. Foto: Francesco Bini
La colonia Regina Elena dopo il recupero. Foto: Francesco Bini
La colonia Regina Elena dopo il recupero. Foto: Stimp srl
La colonia Regina Elena dopo il recupero. Foto: Stimp srl
La colonia Vittorio Emanuele II dopo il recupero. Foto: Hotiday hotel Tirrenia
La colonia Vittorio Emanuele II dopo il recupero. Foto: Hotiday hotel Tirrenia

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il mutare delle condizioni economiche e sociali, molte colonie marine persero la loro funzione originaria. Il miglioramento delle condizioni di vita e l’aumento delle vacanze estive per le famiglie ridussero la necessità di queste strutture. Diverse colonie vennero abbandonate o riconvertite per altri usi. Tuttavia, negli ultimi decenni, alcune delle colonie marine del lungomare di Pisa sono state oggetto di progetti di recupero e riconversione, e oggi tutte le colonie di Calambrone, a eccezione della Colonia Firenze, vivono una nuova vita. La Colonia Rosa Maltoni Mussolini continuò a essere utilizzata come colonia fino agli anni Sessanta. Diventò poi luogo di villeggiatura per disabili, e in seguito venne abbandonata. Negli anni Duemila è stata infine recuperata e oggi è diventata un residence, il “Regina del Mare”. Anche la Colonia Principi di Piemonte continuò a esercitare per un lasso di tempo la sua funzione originaria, fino agli anni Settanta, quando fu abbandonata. Anch’essa riqualificata in tempi recenti, è oggi un hotel-resort che reca ancora il suo nome originario. La Colonia femminile dei Fasci Italiani all’estero continuò a esser luogo di vacanze per i meno abbienti fino al 1965, dopodiché diventò un ospedale, e poi cadde in disuso. Restaurata negli anni Duemila, è diventata un complesso a uso residenziale chiamato “Villaggio Solidago”. La Colonia Regina Elena venne completamente abbandonata nel 1977: recuperata all’inizio del XXI secolo, è stata trasformata anch’essa in complesso residenziale. Infine, la Colonia Vittorio Emanuele II, dopo anni di abbandono, è stata oggetto, a partire dal 2008, di un progetto di recupero che l’ha fatta diventare un resort sul mare, con residenze e un hotel.

Oggi, le colonie marine del lungomare di Pisa sono riconosciute come importanti testimonianze dell’architettura razionalista e del patrimonio culturale italiano. La loro conservazione e valorizzazione rappresentano un modo per preservare la memoria storica di un’epoca e per apprezzare il valore estetico e funzionale di questi edifici. Sono poi anche un vivo brano di storia che ci fa riflettere sulle politiche sociali del passato e su come queste abbiano influenzato la vita delle persone. Studiare le colonie marine permette di comprendere meglio le dinamiche sociali, economiche e politiche del XX secolo. Sono dunque molto più che edifici oggi trasformati in villaggi vacanze o appartamenti. Rappresentano un pezzo di storia italiana, un esempio di architettura innovativa e un simbolo delle politiche sociali del passato. Oggi, attraverso progetti di recupero e valorizzazione, possiamo continuare a utilizzare e visitare questi spazi, riconoscendo che fanno parte della nostra eredità culturale. Con ogni passo verso la conservazione e la valorizzazione di questi edifici storici, garantiamo che il loro ricordo rimanga vivo e che la loro importanza per la comunità continui a essere riconosciuta.


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