Come gemma incastonata nel versante meridionale del lago di Garda, sorge Sirmione, un piccolo borgo celebrato nei secoli dalle penne sognanti di importantissimi letterati da Catullo a Goethe. L’acqua del lago sfiora le mura millenarie del Castello Scaligero, accarezzando il tempo, sussurrando storie e agghiaccianti leggende.
Tra le maestose torri merlate a coda di rondine del Castello Scaligero, noto anche come la Rocca di Sirmione, risuona una leggenda dai tragici risvolti. Si narra, infatti, che il Castello di Sirmione fosse abitato da due giovani e nobili sposi, Ebengardo e Arice, che conducevano una tranquilla vita inseguendone i piaceri avvolti dall’atmosfera sognante del lago. Una sera d’inverno, mentre imperversava una violentissima tempesta, un cavaliere bussò alla loro porta chiedendo riparo. Una volta accolto, il soldato Elaberto del Feltrino, rimase immediatamente folgorato dall’avvenenza di Arice e, deciso a tutti i costi ad averla, aspettò che calassero le tenebre per poterla aggredire. Quando la fanciulla si accorse della presenza dell’estraneo nella sua camera da letto, iniziò a urlare e lottare con tutte le sue forze e il cavaliere, infastidito dalla sua grinta, la uccise. Le sue urla strazianti risuonarono tra le mura del castello, ma quando il marito le raggiunse era ormai troppo tardi e non poté che vendicarla, ponendo fine alla vita dell’ingrato forestiero. Dalla notte in cui le mura del castello si tinsero di un violento rubro, si racconta che il marito continuò a cercare la sua bella sposa tra le stanze, lasciandosi morire d’inedia e che il suo spettro continui a vagare ancora oggi nella speranza di poterla riabbracciare.
Nonostante la cupissima leggenda, passeggiando tra le mura silenziose di questa rocca scaligera perfettamente conservata, sembra quasi di poter avvertire i passi pesanti di un tempo antico, che ha visto transitare intere famiglie e signorie e consumarsi guerre sanguinarie. Secondo alcune ipotesi, il complesso venne fatto erigere a partire dal 1277 da Mastino I della Scala che, proprio tra il 1259 e il 1277, fu capitano del popolo di Verona sotto il cui dominio si trovava Sirmione ma, secondo altri studi, la sua costruzione non iniziò prima della metà del Trecento. Dal 1277 i successori di Mastino I riorganizzarono militarmente tutto il territorio compreso tra il Veronese e il Vicentino e portarono la signoria scaligera ad affermarsi prepotentemente nella politica dell’italia settentrionale fino al 1387. In questo stesso anno i Visconti di Milano sconfissero la potente famiglia veronese e governarono le loro terre fino al 1404.
Agli Scaligeri, però, si deve la costruzione della straordinaria fortificazione lacustre il cui portale d’ingresso riporta due stemmi della signoria di cui uno originale, ma abraso dal tempo e dalle guerre, e l’altro ricreato a fine Ottocento. Situata in una posizione strategica all’ingresso del borgo di Sirmione e in corrispondenza del massimo restringimento della penisola, la rocca fu costruita come un articolatissimo baluardo circondato da un fossato al quale si accedeva attraverso un rivellino che protegge la fortificazione.
Entrando al Castello, il viaggiatore si ritrova in un cortile precedentemente utilizzato come piazza d’armi, interamente circondato da massicce torri e dal mastio. Quest’ultimo era, in origine, l’abitazione del castellano affiancata dai vari dormitori per i soldati. Il mastio di 47 metri, sotto al quale si trovavano le celle destinate ai prigionieri, era posizionato sul lato meridionale della fortezza e offre, ancora oggi, una mirabile vista del panorama gardesano dall’alto. Sempre dal cortile principale si accedeva alla torre sud ovest che, essendo aperta verso l’interno, permetteva un miglior controllo senza mai garantire un possibile riparo ai nemici.
Il cortile secondario invece, nato con funzioni prettamente militari, venne trasformato nell’Ottocento in un ambiente coperto, collegato al cortile principale tramite tre portoni. Fino ad alcuni anni fa qui era ospitato un lapidario con reperti di epoca medievale, tra cui preziosi reperti longobardi, che sono oggi esposti presso il Museo Archeologico delle Grotte di Catullo, mentre al Castello si possono scoprire solamente piccoli frammenti di colonne, capitelli ed epigrafi.
Nonostante le modifiche e i restauri che videro attraversare il Castello nel corso dei secoli, la rocca presenta, ancora oggi, una struttura architettonica analoga ai coevi fortilizi scaligeri del territorio, soprattutto grazie ai merli ghibellini a coda di rondine e alla tecnica muraria in pietra e ciottoli di fiume intervallati da fasce orizzontali di mattoni. All’interno del complesso difensivo si snoda un’infinità di scale interne, sotterranei e corridoi segreti e ad est si apre la spettacolare darsena difesa da tre torri caratterizzate da una particolare merlatura a forma di lancia. Il camminamento di ronda affaccia su un sognante specchio d’acqua che aveva la funzione di riparo per le flotte scaligere e veneziane e la darsena, dalla forma di un trapezio irregolare, è una delle più antiche fortificazioni di questo genere giunte a noi quasi del tutto integra.
I due camminamenti che la percorrono su tre lati possedevano differenti funzioni: quello superiore era creato a scopo difensivo, mentre quello inferiore era utilizzato per l’attracco delle barche. Nel corso dell’Ottocento, purtroppo, anche questo venne pesantemente modificato, diventando uno spazio calpestabile, ma nel 2018, in seguito a un restauro, la darsena fu finalmente aperta al pubblico, permettendo così ai visitatori di scoprire la costruzione come doveva apparire in origine in un suggestivo rapporto e costante dialogo tra uomo e natura.
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