Un gruppuscolo di case in pietra e mattoni aggrappati al crinale di un colle della Montagnola senese, tra fitti boschi di lecci, a guardare da un lato la foresta di Berignone e più lontano Volterra, da un altro lato ancora la Valdelsa e, verso sud la Maremma che comincia poco lontana: così appare il profilo di Casole d’Elsa a chi si dirige verso il borgo. Arroccato su una collina, questo borgo, ultimo avamposto della Valdelsa sulla strada che porta verso Pomarance e la val di Cecina, in antico era un insediamento etrusco, ma nacque, come lo conosciamo oggi, nell’XI secolo, quando era uno dei più importanti castelli dei vescovi di Volterra, e fu a lungo conteso in virtù della sua posizione strategica e di confine: alla fine, ad avere la meglio, dopo la battaglia di Montaperti, furono i senesi, ai quali Casole d’Elsa unì le sue sorti fino alla caduta della Repubblica di Siena e all’annessione di tutto il suo territorio al granducato di Toscana.
La parte antica è cinta da una cerchia di mura: la “via del Rivellino” che conduce al borgo indica che da queste parti si trovava una fortificazione, della quale oggi non rimangono che pochi resti. Sono rimaste le due torri quattrocentesche che fanno da guardia a questo borgo dalla caratteristica forma a uovo, quasi tutto raccolto attorno all’asse di via Aringhieri e via Casolani. Quest’ultima omaggia uno dei figli più illustri del borgo, uno dei grandi maestri della scuola senese del primo Seicento, Alessandro Casolani, ch’era nato nel 1552 nella frazione di Mensano e che addirittura nel cognome recava le sue origini: allievo di Ventura Salimbeni, vicino alla pittura di Federico Barocci, fu autore d’importanti opere che adornarono le chiese e i palazzi del senese. Suoi dipinti sono conservati negli edifici di culto del territorio, oltre che nell’unico museo del paese, il Museo della Collegiata, che fa anche da museo civico e da museo archeologico.
Veduta di Casole d’Elsa. Ph. Credit |
Strada a Casole d’Elsa. Ph. Credit Simon Matzinger |
Il Museo della Collegiata. Ph. Credit |
Alessandro Casolani, Madonna col Bambino e san Giovannino (1580-1585 circa; olio su tela; Casole d’Elsa, Museo Civico e Archeologico della Collegiata). Ph. Credit Francesco Bini |
Alessandro Casolani, Madonna col Bambino, san Giovannino e due devoti (1575-1589 circa; olio su tela; Casole d’Elsa, Museo Civico e Archeologico della Collegiata). Ph. Credit Francesco Bini |
Lo s’incontra nella piazza principale del borgo, dove sorge anche la Collegiata di Santa Maria Assunta: aperto nel 1996 negli spazi della canonica, gode del primato d’essere il primo dei musei d’arte sacra del territorio senese ad aver accolto il pubblico. La cospicua presenza di corredi funebri etruschi dimostra quanto fosse importante questo territorio per l’antica popolazione che abitò la Toscana, mentre la fioritura della scuola senese del Seicento è rappresentata dall’importante nucleo di dipinti di Alessandro Casolani. Ma ci sono anche le opere medievali e rinascimentali provenienti dalla collegiata: di grande interesse è un affresco di Giacomo Pacchiarotti che dimostra come la lezione del Pinturicchio, presente a Siena agl’inizi del Cinquecento, si fosse diffusa anche nel contado. E poi, opere di Domenico di Michelino, di Neri di Bicci, di Andrea di Niccolò e di altri artisti che dimostrano come tutto il territorio senese, nella sua interezza, godesse di un’altissima vitalità artistica nel Tre e nel Quattrocento. E anche la romanica Collegiata di Santa Maria custodisce opere rilevanti. La sua consacrazione risale al 1161, ma la sua severa facciata è posteriore, con elementi che rimandano alle fasi costruttive del tredicesimo e del quattordicesimo secolo: spicca dunque il suo aspetto composito, in pietra nella parte inferiore e in mattoni in quella superiore, tagliata in due lateralmente dalla mole del campanile che si prende quasi tutta la metà sinistra della facciata, conferendo un’apparenza del tutto insolita alla chiesa. All’interno, affreschi di scuola senese del Trecento, una terracotta robbiana, dipinti cinque e secenteschi come la Pietà di Alessandro Casolani datata 1586, le tele ottocentesche di Amos Cassioli, altro importante genius loci del territorio, e due dei monumenti funebri trecenteschi più significativi di tutta la Toscana, ovvero il cenotafio marmoreo diBeltramo Aringhieri e il monumento del vescovo Tommaso Andrei.
Nei dintorni, pievi medievali punteggiano le colline, ma non ci sono soltanto le opere antiche: in un bosco di sei ettari appena fuori dal borgo, uno scultore tedesco, Deva Manfredo, da trent’anni dà forma al suo sogno in pietra, un progetto di Land Art chiamato, appunto, “Selva di Sogno – Dreamwoods”. Un bosco incantato che ha una precisa particolarità, ovvero tutte le opere che lo compongono sono fatte di pietra. Donne e uomini, animali, castelli fiabeschi, costruzioni, templi, tappeti s’incontrano inoltrandosi tra gli alberi della selva. “Le pietre”, dice l’artista, “sono solide, silenziose, vecchissime, paziente, passive e senza difesa. La natura possiede un’incredibile moltitudine ed individualità nelle sue espressioni creative”. E forse è anche la natura che ha ispirato i tanti artisti che hanno lavorato da queste parti: quella stessa natura che, in idilliaci paesaggi agresti, è stata a più riprese raffigurata da un altro pittore casolano, Augusto Bastianini, le cui opere si trovano anch’esse nel museo locale. In pochi altri luoghi il legame tra arte e natura è così potente come da queste parti.
La Collegiata di Casole d’Elsa. Ph. Credit |
Gano di Fazio, Monumento del vescovo Tommaso Andrei (1303-1315 circa; marmo; Casole d’Elsa, Collegiata). Ph. Credit Francesco Bini |
Selva di Sogno - Dreamwoods |
Una delle opere di Augusto Bastianini al Museo |
Articolo scritto dalla redazione di Finestre sull’Arte per la campagna “Toscana da scoprire” di UnicoopFirenze
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