Animali e luoghi fantastici nei musei d'Italia: Sardegna


Tappa numero quindici per il viaggio alla scoperta di animali e luoghi fantastici nei musei italiani: andiamo oggi in Sardegna. 

Il viaggio alla scoperta di animali e luoghi fantastici nei musei italiani giunge alla quindicesima tappa: scopriamo oggi quali creature si nascondono in Sardegna. Il progetto è condotto da Finestre sull’Arte in collaborazione con il Ministero della Cultura con l’obiettivo di far scoprire i musei da un punto di vista diverso, ricordando che i musei sono luoghi sicuri e adatti a tutti. Partiamo dunque nel nostro viaggio per l’isola del Mediterraneo e vediamo quali animali fantastici abbiamo trovato!

1. Il drago di santa Margherita alla Pinacoteca Nazionale di Cagliari

Secondo la tradizione agiografica, santa Margherita di Antiochia era una vergine cristiana che, per aver respinto un tentativo di seduzione da parte del prefetto Ollario, fu da questi denunciata come cristiana e quindi imprigionata. Durante la sua detenzione, il diavolo le apparve sotto le sembianze di un enorme drago: Margherita riuscì però a sconfiggerlo semplicemente pregando, e così il drago è diventato l’animale che sempre accompagna le sue raffigurazioni. Qui, lo vediamo rappresentato come un grande rettile dalla testa di leone. La tavola è tratta dalla predella del Retablo dell’Annunciazione, l’opera più antica della collezione pittorica della Pinacoteca Nazionale di Cagliari: il Retablo fu realizzato tra il 1410 e il 1412 dal pittore spagnolo Joan Matés per la cappella dell’Annunciazione nella chiesa di San Francesco, oggi non più esistente, nello storico quartiere di Stampace a Cagliari.

Joan Matés, Santa Margherita di Antiochia, dettaglio del Retablo dell'Annunciazione (1410-1412 circa; tempera e oro su tavola; Cagliari, Pinacoteca Nazionale)
Joan Matés, Santa Margherita di Antiochia, dettaglio del Retablo dell’Annunciazione (1410-1412 circa; tempera e oro su tavola; Cagliari, Pinacoteca Nazionale)

2. Il demone alato del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari

Questo bronzetto nuragico raffigura un demone alato e fu rinvenuto negli anni Trenta del Novecento nella località Su Casteddu de Santu Lisei nelle campagne di Nule in provincia di Sassari. L’archeologo Doro Levi, allora direttore del Museo di Cagliari e Soprintendente delle Antichità della Sardegna, recuperò questo bronzetto che si contraddistingue per il suo aspetto decisamente raro, se non addirittura unico. L’opera raffigura un quadrupede con zoccoli equini e coda ritorta, dal volto umano e dalle tozze braccia. Sul capo umano sono un paio di corte corna bovine e un copricapo dall’imponente pennacchio. Opera antichissima (risale all’età del ferro, periodo compreso tra il X e il VII secolo a.C.), come tutti i bronzetti nuragici era un ex voto offerto in dono a una divinità. Il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari conserva una delle collezioni più ricche di questi particolari oggetti, realizzati con la tecnica della fusione a cera persa, di cui costituiscono una delle prime attestazioni.

Arte nuragica, Demone (X-VII secolo a.C.; bronzo; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale)
Arte nuragica, Demone (X-VII secolo a.C.; bronzo; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale)

3. I mostri marini nel sarcofago delle Nereidi al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari

Secondo la mitologia greca, le Nereidi erano ninfe del mare, figlie di Nereo e della oceanina Doride. Nelle opere antiche vengono spesso raffigurate in cortei che accompagnano Poseidone, dio del mare, con tanto di mostri marini, come nel caso di questo sarcofago, noto come “Sarcofago delle Nereidi”, proveniente probabilmente dalla necropoli orientale dell’antica Karalis (Cagliari). La defunta è raffigurata al centro della fronte del sarcofago all’interno di un clipeo a foggia di conchiglia nell’atto di suonare un liuto, elemento che ne denota l’appartenenza a una classe sociale elevata. La base del sarcofago è mossa dalle onde marine tra cui nuotano e si muovono diverse creature che abitano il mare: vediamo tritoni, amorini, le stesse Nereidi e altre creature fantastiche che compongono una scena di thiasos (un corteo che celebrava una divinità), per la precisione un thiasos marino, spesso raffigurata nei sarcofagi di età romana imperiale.

Arte romana, Sarcofago delle Nereidi (III secolo d.C.; marmo; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale)
Arte romana, Sarcofago delle Nereidi (III secolo d.C.; marmo; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale)

4. La sfinge del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari

La sfinge, il mitico animale con il corpo di leone e la testa di donna, secondo diversi culti antichi veniva posta come guardiana di ambienti sacri, o di necropoli. E da un ambiente sacro legato ai culti orientali, particolarmente diffusi in età romana imperiale, proviene anche questa splendida sfinge in granito rosa delle cave egiziane, rinvenuta nella zona dell’Orto Botanico di Cagliari, in un’area dove anticamente si trovavano diverse fontane e ninfei, posta tra l’anfiteatro cittadino e un quartiere abitativo, di cui si conservano ancora le dimore oggi note sotto il nome di “Villa di Tigellio”. La scultura fu realizzata nell’Egitto di età tolemaica e fu portata in Sardegna successivamente, proprio per decorare un luogo sacro. Si tratta di uno dei pezzi più “storici” del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari: era infatti parte del primo nucleo di reperti con i quali fu costituito il museo ai primi dell’Ottocento, ma già alla fine del secolo precedente lo studioso di storia sarda Ludovico Baille (Cagliari, 1764 - 1839) parlava di una sfinge che si trovava sulla gradinata della Cattedrale del capoluogo sardo. Probabilmente si riferiva proprio alla sfinge oggi al Museo Nazionale.

Arte egizia, Sfinge (età romana imperiale; granito rosa; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale)
Arte egizia, Sfinge (età romana imperiale; granito rosa; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale)

5. Il grifone e il cavallo alato del pluteo al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari

Un singolare pluteo della metà del X secolo, decorato con le figure di un grifone e di un pegaso, ovvero un cavallo alato: è quello che si trova oggi al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. In architettura, un pluteo è una balaustra a lastre rettangolari, che in antico poteva essere ornato. È il caso di questo oggetto, un arredo liturgico fu rinvenuto nel 1966 nelle acque dell’isoletta di San Macario, poco distante dalla chiesetta di Sant’Efisio a Nora, a cui secondo alcuni studiosi era destinato. Il grifone è un mitologico uccello con corpo e zampe di leone e testa di rapace, e fronteggia il pegaso davanti all’albero della vita. Si tratta di animali che ricorrono nella produzione scultorea bizantina, a cui occorre riferire questo pluteo: il grifone è simbolo di Cristo, dato che questa creatura fantastica è composta da un animale della terra e un animale del cielo, a significare dunque la natura terrena e celeste del figlio di Dio. Lo stesso ruolo di mediazione tra cielo e terra viene svolto dal cavallo alato, per le stesse ragioni.

Arte bizantina, Pluteo di San Macario (metà del X secolo; marmo; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale)
Arte bizantina, Pluteo di San Macario (metà del X secolo; marmo; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale)

6. La dea Tawaret nell’amuleto del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari

Nella mitologia egizia, Tawaret (nota anche come Tueret, Tauret, Taweret) è una dea dal corpo di donna e dalla testa di ippopotamo, legata ai culti della fertilità femminile: era infatti protettrice delle donne incinte e dei bambini. Inoltre, era considerata madre del sole, ed era dunque collegata alla simbologia della rinascita. Il suo culto si diffuse anche fuori dall’Egitto: era infatti adorata anche a Creta, nella Nubia, e tra i fenici. Veniva dunque raffigurata spesso su oggetti votivi e devozionali, come questo amuleto che raffigura Tawaret secondo la sua classica iconografia, ovvero con la pancia prominente, il seno pendulo e la testa del grande pachiderma africano. Le immagini tratte del pantheon egizio erano molto diffuse nel mondo fenicio e punico, in cui gli amuleti accompagnavano la vita quotidiana e la morte, comparendo in numero cospicuo nei corredi funerari.

Arte fenicia, Amuleto di Tawaret (età fenicio-punica; pasta silicea; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale)
Arte fenicia, Amuleto di Tawaret (età fenicio-punica; pasta silicea; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale)

7. La maschera di satiro del Museo Archeologico Nazionale Antiquarium Turritano

Questa maschera di satiro è uno degli oggetti più singolari del museo di Porto Torres. Venne rinvenuta nel 2003 nell’area delle Terme Maetzke a Porto Torres, antico impianto termale (noto anche come “terme centrali”) del III secolo d.C. che prende il nome dall’archeologo che le scoprì durante uno scavo del 1958-1961, il toscano Guglielmo Maetzke (Firenze, 1915 - 2008). I satiri erano figure con metà corpo da uomo e metà (quella inferiore) da capra: secondo la mitologia greca abitavano i boschi, erano abilissimi nel suonare il flauto, erano caratterizzati da forti appetiti sensuali, e accompagnavano il dio Dioniso nei suoi cortei. Talvolta, per dare maggiore evidenza della loro natura bestiale, gli artisti tendevano a esagerare le caratteristiche dei loro volti: ciò risulta evidente anche da questa maschera, dove il volto del satiro assume un aspetto ferino e grottesco, con occhi enormi, una bocca larga e spaventosa, e orecchie a punta come quelle di una capra. La maschera era probabilmente parte di una fontana, di cui costituiva un elemento decorativo: possiamo immaginare che dalla bocca sgorgasse l’acqua.

Arte romana, Maschera di satiro (I secolo d.C.; marmo; Porto Torres, Museo Archeologico Nazionale Antiquarium Turritano)
Arte romana, Maschera di satiro (I secolo d.C.; marmo; Porto Torres, Museo Archeologico Nazionale Antiquarium Turritano)

8. L’anima dannata di Lionello Spada della Pinacoteca Nazionale di Sassari

Oggetto di ridotte dimensioni (16 per 13 centimetri) ma estremamente particolare: l’autore, l’emiliano Lionello Spada (Bologna, 1576 - Parma, 1622) ha infatti dipinto la sua Anima dannata sul carapace di una tartaruga, sfruttando la trama del guscio dell’animale per dare al riguardante l’impressione delle fiamme dell’inferno che avvolgono il protagonista del dipinto, un uomo condannato al fuoco degli inferi, già avvolto da un minaccioso serpente. Le creature fantastiche sono quelle che lo tormentano, dipinte attorno all’anima: sono gli esseri demoniaci dell’oltretomba, che assumono le forme di diavoli (specialmente nella parte alta) ma anche di mostri dall’aspetto animalesco, come quelli ai lati dell’anima che somigliano a enormi pesci.

Lionello Spada, Anima dannata (1600-1622; olio su tartaruga, 16 x 13 cm; Sassari, Pinacoteca Nazionale)
Lionello Spada, Anima dannata (1600-1622; olio su tartaruga, 16 x 13 cm; Sassari, Pinacoteca Nazionale). Foto di Francesco Bini

9. L’ansa con sileno del Museo Archeologico Nazionale di Nuoro

Il Museo Archeologico Nazionale “Giorgio Asproni” di Nuoro conserva questo attacco di ansa (dunque un manico che era attaccato a un recipiente andato perduto) che termina con la testa di un sileno, un’antica creatura dei boschi con il corpo di uomo e le zampe di cavallo (a differenza dei centauri, i sileni avevano solo due zampe, mentre si differenziavano dai satiri in quanto questi ultimi, come detto sopra, avevano le zampe caprine, e potevano essere raffigurati con le orecchie a punta come quelle delle capre). Questo oggetto proviene da uno scavo a Orgosolo, in localita Orolù, non lontano da Nuoro. Si tratta di un oggetto molto prezioso poiché, assieme ad altri ritrovamenti nello stesso sito, ha testimoniato come, in epoca romana, anche le zone più interne della Barbagia fossero interessate da una produzione, o quanto meno da un commercio, di oggetti di grande pregio artigianale (come questa ansa con sileno): fino a prima di questa scoperta si riteneva infatti che nelle aree più remote della Barbagia la presenza romana non avesse mai attecchito.

Arte romana, Ansa con sileno (bronzo; Nuoro, Museo Archeologico Nazionale)
Arte romana, Ansa con sileno (bronzo; Nuoro, Museo Archeologico Nazionale)

10. Luoghi fantastici: l’altare prenuragico di Monte d’Accoddi

Nei pressi di Sassari, non distante dal mare, si trova un luogo che non ha eguali non solo in Sardegna ma in tutto il Mediterraneo occidentale: è l’altare prenuragico di Monte d’Accoddi, un sito archeologico risalente al 4000-3650 a.C. ma ampliato successivamente dalle popolazioni della cultura di Abealzu-Filigosa, che si sviluppò nella Sardegna prenuragica nell’età del rame. L’altare è la principale meraviglia del sito e ha una struttura a gradoni simile a quella delle ziggurat mesopotamiche del III millennio a.C.: la struttura che vediamo è del 2800 a.C. circa, quando il tempio fu ricostruito in luogo di un precedente distrutto forse da un incendio. Realizzato interamente in pietra, con grandi blocchi irregolari che gli conferiscono una forma sopraelevata utile a evidenziare la sua funzione di mediazione tra cielo e terra, l’altare del Monte d’Accoddi era il luogo in cui si riunivano le comunità del luogo per compiere riti legati alla fertilità.

L'altare prenuragico di Monte d’Accoddi
L’altare prenuragico di Monte d’Accoddi

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