Animali e luoghi fantastici nei musei d'Italia: Piemonte


Sfingi, mostri marini, cavalli alati e molto altro: scopriamo gli animali fantastici nei musei del Piemonte.

Il viaggio tra gli animali e le creature fantastiche dei musei italiani giunge alla quarta tappa con il Piemonte: ecco quali sono gli esseri che abbiamo trovato ai piedi delle Alpi, in questi musei brulicanti di vita, da visitare in tutta sicurezza, per trascorrere momenti da soli, in famiglia o con gli amici. Il progetto Animali e luoghi fantastici è una collaborazione tra Finestre sull’Arte e il Ministero della Cultura.

1. Le Sfingi del Museo Egizio di Torino

La sfinge è un animale mitologico che ha il corpo di leone e la testa d’uomo, simboli rispettivamente di forza e di intelligenza: al Museo Egizio di Torino si conservano, tra le altre, due grandi sfingi in arenaria, lunghe all’incirca tre metri ciascuno, provenienti dal tempio di Amon a Tebe e risalenti alla XIX dinastia (1292-1250 avanti Cristo). Sono raffigurate nella tipica posa sdraiata, con le zampe anteriori protese in avanti, e la coda che si adagia lungo il corpo, mentre il volto umano appare con altre caratteristiche tipiche come il copricapo e la lunga barba. Coppie di sfingi simili venivano poste di solito una di fronte all’altra all’ingresso di un tempio (o all’interno di stanze di un tempio): erano infatti le guardiane dei luoghi davanti ai quali venivano collocate. Entrambe le statue fanno parte del nucleo da cui si originò il Museo Egizio, quello dell’esploratore e collezionista Bernardino Drovetti, la cui raccolta fu acquistata nel 1824 dal re Carlo Felice, che aprì così il primo Museo Egizio del mondo.

Arte egizia, Sfinge (1292-1250 a.C.; arenaria, 142 x 89 x 302,5 cm; Torino, Museo Egizio, inv. 1409)
Arte egizia, Sfinge (1292-1250 a.C.; arenaria, 142 x 89 x 302,5 cm; Torino, Museo Egizio, inv. 1409)

2. Kairós, il genio alato del Museo delle Antichità di Torino

Per gli antichi greci, il “tempo” aveva più accezioni. Esisteva Krónos, il tempo inteso nella sua durata. Ed esisteva Kairós, il tempo inteso come occasione, come momento opportuno. C’era anche una divinità, Kairós appunto, preposta ai momenti propizi (non era strano che nella mitologia greca ci fossero personificazioni di idee o concetti astratti, come la vittoria, la ricchezza e così via). Il rilievo del Museo delle Antichità di Torino raffigura il dio Kairós secondo l’iconografia inventata dal grande scultore greco Lisippo: il “momento opportuno” viene rappresentato come un genio alato, dotato di calzari anch’essi alati (le ali sono il simbolo della fugacità del momento propizio che può andarsene da un momento all’altro), mentre tiene in mano una bilancia e un rasoio. In questo caso, la bilancia si trova in equilibrio sul rasoio, simbolo del fatto che il momento buono è più sottile e tagliente della lama di un rasoio. La bilancia invece simboleggia la decisione tra due destini, separati dalla capacità di cogliere o meno il momento. Infine, si noterà che la nuca del genio è rasata: questo perché una volta che il momento buono è fuggito, non lo si può più afferrare da dietro... prendendolo per i capelli. Il rilievo del Museo delle Antichità di Torino, in marmo pentelico, è una copia romana di un originale greco.

Copia romana da un originale greco, Kairós (II secolo d.C.; marmo pentelico, 62 x 55 cm; Torino, Musei Reali, Museo di Antichità)
Copia romana da un originale greco, Kairós (II secolo d.C.; marmo pentelico, 62 x 55 cm; Torino, Musei Reali, Museo di Antichità)

3. Pan nel gruppo di Pan e Dafni del Museo delle Antichità di Torino

Dafni, da non confondere con Dafne, la ninfa amata da Apollo e trasformata in alloro per sfuggire alle attenzioni del dio, era un pastorello siciliano, figlio del dio Eros e della ninfa Dafnide. A lui si attribuisce l’invenzione della poesia bucolica, ma è interessante sapere che spesso viene raffigurato assieme al dio Pan. Quest’ultimo, come si può ben vedere nel gruppo del Museo di Antichità di Torino, era una divinità che aveva il corpo di uomo e le zampe di capra: particolarmente venerato in Arcadia, era il dio dei boschi e dei pascoli e quindi proteggeva i pastori e i cacciatori. Secondo il mito, Pan avrebbe insegnato a Dafni a suonare il flauto: il dio dalle sembianze caprine era infatti ritenuto l’inventore della siringa (nota anche come “flauto di Pan”), lo strumento a fiato con una serie di canne unite tra loro. Inoltre, Dafni sarebbe stato anche il suo amante: vediamo infatti Pan che si atteggia in modo affettuoso, cingendo con il braccio il corpo del giovane. Il gruppo del Museo di Antichità, in marmo bianco, risale a un periodo compreso tra la seconda metà del I secolo dopo Cristo e la prima metà del secondo.

Copia romana da un originale greco, Pan e Dafni (seconda metà del I-prima metà del II secolo d.C.; marmo bianco, 163 x 58 x 52 cm; Torino, Musei Reali, Museo di Antichità)
Copia romana da un originale greco, Pan e Dafni (seconda metà del I-prima metà del II secolo d.C.; marmo bianco, 163 x 58 x 52 cm; Torino, Musei Reali, Museo di Antichità)

4. Pegaso nella lucerna del Museo di Antichità di Torino

La lucerna era un oggetto molto diffuso nell’antica Roma: serviva per illuminare e, anzi, era il più adoperato tra gli strumenti utilizzati a tale scopo. Veniva realizzata solitamente in terracotta o in bronzo. Un corpo centrale, solitamente di forma tondeggiante ma le fogge potevano essere le più disparate, veniva riempito di olio, che veniva fatto bruciare attraverso uno stoppino, tipicamente in lino o in canapa, inserito dal beccuccio. Il disco centrale veniva decorato con le figure più varie: immaginiamo, per esempio, gli odierni accendini, su cui si cimenta la fantasia dei decoratori. Con le lucerne funzionava allo stesso modo: gli artigiani del mondo romano raffiguravano scene e personaggi di ogni tipo, e dunque erano molto diffuse anche le lucerne con creature fantastiche. Come questa del Museo di Antichità di Torino, dove vediamo la figura di Pegaso, il mitico cavallo alato volante, qui raffigurato dritto sulle zampe posteriori. Secondo il mito, Pegaso era il cavallo con cui Zeus trasportava i suoi fulmini. Addomesticato poi dall’eroe Bellerofonte, fu da lui usato per uccidere la chimera, e a seguito della morte dell’eroe, disarcionato da Pegaso per intervento degli dèi invidiosi di lui e divenuto invalido, il cavallo alato tornò tra le divinità.

Artigiano romano, Lucerna a volute con Pegaso (fine I secolo a.C. - inizio I secolo d.C.; argilla beige, 3 x 6,9 x 9,5 cm; Torino, Musei Reali, Museo di Antichità)
Artigiano romano, Lucerna a volute con Pegaso (fine I secolo a.C. - inizio I secolo d.C.; argilla beige, 3 x 6,9 x 9,5 cm; Torino, Musei Reali, Museo di Antichità)

5. Le creature fantastiche del cofanetto di Pietro Piffetti al Palazzo Reale di Torino

Questo elegante cofanetto si trova nelle raccolte di Palazzo Reale a Torino, e in particolare lo si può vedere nella Sala del Caffè, al primo piano. Fu realizzato tra il 1740 e il 1750 da Pietro Piffetti, esperto ebanista torinese che, sotto Carlo III di Savoia, fu nominato anche ebanista di corte: non aveva pari in tutto il ducato di Savoia. Le collezioni dei Musei Reali conservano molte sue opere, ma questa si distingue per il suo elevato virtuosismo: è un oggetto in legno di noce, palissandro e bosso (legni noti per la loro durezza e impiegati in passato per oggetti di lusso, che dovevano durare nel tempo), con intarsi in avorio e decorazioni in bronzo dorato. La decorazione è ricca di motivi fantasiosi che prendono spunto dalla mitologia antica: ecco dunque che compaiono centauri, sirene, tritoni, pesci mostruosi a portarci in un mondo marino popolato da creature fantastiche.

Pietro Piffetti (attribuito), Cofanetto (1740-1750; legno, avorio e bronzo, 48 x 37 x 37 cm; Torino, Musei Reali, Palazzo Reale)
Pietro Piffetti (attribuito), Cofanetto (1740-1750; legno, avorio e bronzo, 48 x 37 x 37 cm; Torino, Musei Reali, Palazzo Reale)

6. L’idra nella rotella da pompa dell’Armeria Reale di Torino

Si intende per “rotella da pompa” un particolare scudo circolare e leggermente convesso, da cerimonia (veniva cioè utilizzato in parate e occasioni ufficiali): questo, conservato all’Armeria Reale di Torino, è particolarmente lussuoso ed elaborato e presenta al centro una delle fatiche di Ercole, l’uccisione dell’Idra di Lerna. L’Idra era un mostro leggendario, con il corpo di serpente, dotato di nove teste, con quella centrale immortale, e le altre in grado di ricrescere se tagliate. Era inoltre un animale molto velenoso, in grado di uccidere solo con il respiro, ed estremamente intelligente. Ercole uccise l’Idra durante la seconda fatica, grazie all’aiuto dell’amico Iolao che cauterizzava le teste tagliate impedendo che ricrescessero, mentre Ercole schiacciava la testa centrale per sottomettere definitivamente il mostro. Nella rotella dell’Armeria Reale di Torino, Ercole sta per colpire il mostro con la clava, e questo risponde cercando di ferirlo coi suoi artigli. La rappresentazione è molto dettagliata perché vediamo anche Iolao, a sinistra, con in mano la torcia utilizzata per bruciare le ferite del mostro. Infine, a destra, vediamo nuovamente Ercole che, dopo aver ucciso l’Idra, intinge le sue frecce nel suo sangue per creare delle letali armi avvelenate. Non sappiamo chi sia l’autore di questa rotella da pompa, ma i modi richiamano alcuni maestri milanesi come Leone Leoni e Annibale Fontana.

Ambito milanese, Rotella da pompa con Ercole che sconfigge l'Idra di Lerna (1560-1570 circa; ferro, diametro 57 cm; Torino, Musei Reali, Armeria Reale)
Ambito milanese, Rotella da pompa con Ercole che sconfigge l’Idra di Lerna (1560-1570 circa; ferro, diametro 57 cm; Torino, Musei Reali, Armeria Reale)

7. Il mostro marino del Perseo di Bartolomeo Passerotti alla Galleria Sabauda

Narra la mitologia che Andromeda, ninfa del mare, fu punita in quanto la madre, Cassiopea, continuava a vantarsi della bellezza della figlia, poiché affermava che fosse la più bella delle Nereidi (le ninfe del mare). Poseidone allora inviò contro il re Cefeo, marito di Cassiopea e padre di Andromeda, un terribile mostro marino che portava distruzione sulle coste del suo regno. L’oracolo Ammone vaticinò che l’unico modo per liberarsi del mostro era sacrificare la bella Andromeda: così, la giovane fu incatenata a uno scoglio, offerta in sacrificio alla tremenda creatura. Fu però salvata da Perseo, che capitò per caso dalla scogliera dov’era incatenata Andromeda, uccise il mostro e liberò la giovane. Nel dipinto di Bartolomeo Passerotti (Bologna, 1529 - Roma, 1592), Andromeda è raffigurata nuda, come spesso avviene in dipinti che affrontano questo soggetto e sono dunque ammantati di una vena d’erotismo, mentre Perseo, con la sua spada, si appresta a tagliare le catene. Ci sono ben tre creature fantastiche in questo dipinto: non solo il mostro, che assume le sembianze di un bizzarro pesce dai denti aguzzi, ma anche la Medusa, sconfitta da Perseo poco prima della liberazione di Andromeda (vediamo la sua testa a sinistra), e Pegaso, che secondo la leggenda sarebbe nato proprio dal sangue di Medusa. Interessante notare come sopra al mostro l’autore abbia raffigurato con minuzia piante e conchiglie, segno del grande interesse per le scienze che, nella Bologna dotta di Passerotti, si era diffuso grazie al lavoro dello scienziato e naturalista Ulisse Aldrovandi, che realizzò uno dei primi musei di storia naturale al mondo.

Bartolomeo Passerotti, Perseo e Andromeda (1575-1580; olio su tela, 210 x 174 cm; Torino, Musei Reali, Galleria Sabauda)
Bartolomeo Passerotti, Perseo e Andromeda (1575-1580; olio su tela, 210 x 174 cm; Torino, Musei Reali, Galleria Sabauda)

8. Il drago nella Santa Margherita attribuita a Nicolas Poussin

Margherita di Antiochia era una giovane cristiana che, per aver rifiutato le attenzioni del prefetto Ollario, fu denunciata e quindi incarcerata: durante la sua prigionia fu visitata dal diavolo che le appariva sotto le sembianze di un grosso drago. Secondo la leggenda, Margherita, armata solo della sua fede e di un crocifisso, avrebbe sconfitto il demonio soltanto con l forza delle sue preghiere. Il modo in cui l’autore di questo dipinto (attribuito a Nicolas Poussin) raffigura il drago è davvero singolare: la testa sembra quasi quella di un cane, il corpo quello di un coccodrillo, e attorno vediamo avvinghiarsi un serpente che si gira a sua volta verso la santa. Di grande effetto il contrasto tra l’apparizione dell’orribile mostro e la calma della santa che, tranquilla e incurante del demonio (anzi: lo ignora del tutto), si rivolge verso gli angeli che arrivano per incoronarla.

Nicolas Possuin (attribuito), Santa Margherita (1635-1640 circa; olio su tela, 248,5 x 152,5 cm; Torino, Musei Reali, Galleria Sabauda)
Nicolas Poussin (attribuito), Santa Margherita (1635-1640 circa; olio su tela, 248,5 x 152,5 cm; Torino, Musei Reali, Galleria Sabauda)

9. Il drago di Villa della Regina a Torino

A Torino, a Villa della Regina, si visita il salottino privato dell’Appartamento della Regina, decorato da Pietro Massa (notizie dal 1721 al 1760) intorno al 1733. Massa, pittore di cui sappiamo poco, era specializzato nella produzione di opere ispirate all’arte orientale, della quale imitava anche le tecniche artistiche. Non era mai stato in Cina o in Giappone, ma sapeva dipingere personaggi, animali, paesaggi ed edifici orientali semplicemente osservando quello che arrivava dalla Cina a Torino: vasi, statue di porcellana, stoffe, carte dipinte, oggetti in legno laccato. Ecco allora che nel salottino privato della regina dipinse in maniera molto fresca e vivace varie scene di vita quotidiana in Oriente, in un’epoca in cui le “cineserie” erano un genere particolarmente in voga. E tra le decorazioni del salottino di Villa della Regina è possibile ammirare un gruppo di uomini che sorreggono, con alcune aste, un animale alato: Massa raffigura qui la “Danza del Drago”, ballo tradizionale eseguito in occasione delle celebrazioni per il Capodanno cinese, che si danza ancora oggi in Cina e nelle comunità cinesi di tutto il mondo che si prodigano in complesse coreografie, con il drago che viene ancora mosso con le stesse aste. Se in Europa anticamente il drago era associato alle forze del male, al contrario in Oriente era portatore di buona sorte e simbolo di forza, dignità e saggezza. Inoltre, al contrario dei draghi europei che assumono quasi sempre le sembianze di enormi rettili, spesso alati, i draghi cinesi possono combinare insieme le forme di vari animali: cervi, tori, conigli, tigri, pesci e molto altro, con elementi anatomici di questi animali che vengono innestati su un corpo di serpente.

Pietro Massa, Danza del drago (1733 circa; tavola; Torino, Villa della Regina)
Pietro Massa, Danza del drago (1733 circa; tavola; Torino, Villa della Regina)

10. I grifoni dell’Abbazia di Fruttuaria a San Benigno Canavese

In questo mosaico pavimentale della seconda metà dell’XI secolo, che si trova nell’abbazia di Fruttuaria a San Benigno Canavese, si possono vedere due grifoni rampanti che si affrontano: sono realizzati con tessere bianche, nere e azzurre e sono racchiusi in una cornice a treccia, i cui tondi centrali sono realizzati in terracotta. Tra di loro osserviamo invece la raffigurazione dell’albero della vita. Il grifone, secondo la mitologia, era un uccello fantastico che aveva il corpo di leone, le zampe, le ali e la testa dell’aquila. Nell’immaginario cristiano, il grifone è un animale positivo: è associato a Cristo (il leone, animale terrestre, e l’aquila, animale volante, rappresentano la doppia natura divina e umana di Gesù), ma anche agli evangelisti Giovanni e Marco, poiché gli animali di cui ha le caratteristiche sono i loro simboli (l’aquila di san Giovanni e il leone di san Marco). Nei monasteri benedettini, come l’abbazia di Fruttuaria, il grifone, essere ibrido, e che quindi conserva una parte della sua natura bestiale, nutrendosi del frutto dell’albero della vita perde questa sua natura, si allontana dal peccato e si congiunge dunque a Cristo.

Artista ignoto, Grifoni rampanti (XI secolo; mosaico; San Benigno Canavese, Abbazia di Fruttuaria)
Artista ignoto, Grifoni rampanti (XI secolo; mosaico; San Benigno Canavese, Abbazia di Fruttuaria)

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