Massimiliano e Carlotta: la triste storia degli imperatori innamorati nell'arte del Castello di Miramare


Le opere d'arte del Castello di Miramare a Trieste raccontano una storia triste e romantica: quella di Massimiliano e Carlotta

Uno dei dipinti che più ci sono rimasti impressi, durante e dopo la nostra visita al Castello di Miramare di Trieste, è quello che raffigura la partenza di Massimiliano d’Asburgo-Lorena e di Carlotta del Belgio per il Messico. Il pittore Cesare Dell’Acqua immortalò proprio quel 14 aprile 1864: una folla festante che, in un tripudio di bandiere austriache, saluta l’arciduca d’Austria e la moglie, già imbarcati sulla lancia che li condurrà sulla fregata Novara che vediamo in mare, sullo sfondo. Massimiliano e Carlotta sono rivolti verso il pubblico, composti, in atteggiamento, potremmo dire, solenne e ufficiale. Sulla lancia, è stata issata la bandiera messicana: Massimiliano sta infatti partendo per l’America dove eserciterà il suo ruolo di imperatore del Messico. Sulla sinistra, si intravede uno scorcio del Castello di Miramare.

Cesare Dell'Acqua, Partenza di Massimiliano e Carlotta per il Messico
Cesare Dell’Acqua, Partenza di Massimiliano e Carlotta per il Messico; 1866; Trieste, Castello di Miramare

Le vicende del castello sono indissolubilmente legate a quelle dell’arciduca: sul nostro sito avevamo già parlato del Castello di Miramare descrivendone la storia e il percorso museale (come Ilaria è solita fare nel suo spazio "Musei d’Italia"), ma avevamo preferito rimandare un approfondimento dedicato alla romanzesca figura dell’arciduca Massimiliano, che fece costruire il castello ma riuscì a goderselo per soli quattro anni. Dal Messico, infatti, non sarebbe più tornato.

Che non fosse un personaggio particolarmente fortunato, forse lo si capì fin dal suo primo incarico politico di una certa rilevanza: nel 1857, infatti, Massimiliano venne nominato viceré del Lombardo-Veneto, in pieno Risorgimento. La nomina gli fu però revocata dal fratello, l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe, notissimo nelle vicende storiche italiane, proprio pochi giorni prima dell’inizio della guerra contro i piemontesi. Massimiliano fu infatti sempre propenso a procacciarsi i favori delle popolazioni del Lombardo-Veneto, con riforme che garantissero una maggiore autonomia alle terre austriache sul suolo italiano. Tuttavia i suoi propositi non erano ben visti dal governo centrale dell’Impero: l’arciduca era evidentemente un sovrano troppo moderno e troppo dalla parte del popolo, tanto che lo stesso Cavour iniziò seriamente a preoccuparsi per il fatto che, se Massimiliano si fosse guadagnato i favori del popolo del Lombardo-Veneto (e, ovviamente, anche dell’alta società), i propositi di unire l’Italia sarebbero naufragati (anche se i rapporti con il Piemonte continuarono a rimanere tesi). Francesco Giuseppe, data l’eccessiva liberalità di Massimiliano, gli revocò la nomina, e l’arciduca, probabilmente deluso, decise, a soli ventisette anni, di ritirarsi dalla scena politica e si stabilì a Miramare dove iniziò a condurre una vita lontana dalle guerre e dai disegni dell’impero del fratello.

Sono anni spensierati: Massimiliano e Carlotta, che si erano sposati per vero amore e non per disegni familiari, come accade spesso in quegli ambienti (pare che la principessa si fosse invaghita dell’arciduca fin dal loro primo incontro), vivono la loro romantica storia e trascorrono un’esistenza tranquilla all’insegna delle passeggiate in riva al mare o nel parco del castello, della musica, della cultura, della pittura. La stessa Carlotta fu una interessante artista: si dilettava nel realizzare vedute, molte delle quali oggi si trovano proprio nelle sale del Castello di Miramare.

Carlotta del Belgio, Veduta di San Giorgio Maggiore a Venezia
Carlotta del Belgio, Veduta di San Giorgio Maggiore a Venezia; 1859; Trieste, Castello di Miramare

Massimiliano ebbe di nuovo l’occasione per tornare in scena "da protagonista" nel 1864; questa volta, però, l’arciduca avrebbe pagato a caro prezzo la sua voglia di riscatto. Il 10 aprile di quell’anno, un gruppo di delegati messicani arrivò al Castello di Miramare per portargli la corona di imperatore del Messico, che gli era stata offerta alcuni mesi prima, il 3 ottobre del 1863. Come abbiamo visto, quattro giorni dopo, Massimiliano, già incoronato, partì per prendere possesso del suo impero: arrivò a Veracruz il 28 maggio del 1864, dopo oltre un mese di viaggio.

Tuttavia, Massimiliano non conosceva la reale situazione politica, estremamente complicata, del Messico: dilaniato da anni di guerra civile, con un territorio che si era ridotto di circa la metà, rispetto a quello della dichiarazione di indipendenza, dopo una disastrosa guerra contro gli Stati Uniti che avevano approfittato dell’instabilità messicana, e con continui scontri tra le varie fazioni politiche che portarono a diversi colpi di stato, il Messico fu sconvolto, nel 1860, dall’ennesima guerra intestina. Emerse la figura di Benito Juárez, liberale, considerato oggi uno dei principali personaggi nazionali messicani, che diventò nel 1861 presidente della repubblica. Uno dei suoi più discussi provvedimenti fu quello di bloccare per due anni il pagamento dei debiti nei confronti delle potenze straniere: Spagna, Francia e Inghilterra, che, per compensare i loro crediti, decisero di occupare alcune zone del Messico.

Cesare Dell'Acqua, Massimiliano riceve i delegati messicani
Cesare Dell’Acqua, Massimiliano riceve i delegati messicani; 1867; Trieste, Castello di Miramare

Spagna e Inghilterra, grazie ai negoziati di Juárez, si ritirarono dall’impresa, ma la Francia, guidata da Napoleone III, continuò l’occupazione fino ad arrivare a Città del Messico. Juárez fu quindi costretto a lasciare la presidenza della repubblica e, su iniziativa della Francia, si insediò al governo un’assemblea di conservatori messicani che proclamò l’Impero. Serviva qualcuno che facesse l’imperatore, e la scelta cadde proprio sul giovane e poco esperto Massimiliano: probabilmente, un sovrano riflessivo e di lunga esperienza ci avrebbe pensato bene prima di accettare di governare un paese instabile, in profonda crisi economica, e preda di continue lotte interne dall’esito sempre incerto. Nonostante ciò, l’arciduca accettò la corona, forse anche per rifarsi della posizione subalterna a cui era stato costretto dal fratello; ma in queste macchinazioni, non è difficile capire che Massimiliano sarebbe stato la vittima.

Santiago Rebull, Ritratto di Massimiliano come imperatore del Messico
Santiago Rebull, Ritratto di Massimiliano come imperatore del Messico; 1865; Trieste, Castello di Miramare

I liberali, di tendenze repubblicane, non potevano infatti accettare una monarchia, per di più retta da un governante straniero. Senza considerare il fatto che la presenza di una potenza europea in America avrebbe contrastato gli interessi degli Stati Uniti. Nonostante ciò, Massimiliano si recò in Messico, senza neppure poter contare sull’appoggio del fratello Francesco Giuseppe: quest’ultimo infatti riteneva l’impresa controproducente, sia sul piano economico, che su quello diplomatico, perché l’impero messicano, come detto, avrebbe avuto sicuramente attriti con gli Stati Uniti.

Massimiliano era una persona di buoni sentimenti e aveva ottime intenzioni: ma i buoni sentimenti e le ottime intenzioni, uniti a quel briciolo di ambizione, di vanità e di frustrazione che gli derivava dal fatto di essere fratello minore di uno degli imperatori più potenti d’Europa, si trovarono subito a contrastare con la realtà dei fatti. Una realtà dei fatti di cui Massimiliano era del tutto all’oscuro: non aveva cognizioni su quanto fosse bollente la situazione in Messico. Le riforme che cercò di attuare (che furono poche, per mancanza di tempo) non gli consentirono di attirarsi la benevolenza dei liberali, che lo vedevano comunque come un invasore arrivato dall’Europa (anche perché Massimiliano aveva ordinato ai ribelli repubblicani di sottomettersi alla corona, pena la fucilazione), e gli alienarono anche buona parte delle fazioni conservatrici. E anche gli Stati Uniti appoggiavano Juárez, che stava organizzando la riconquista del potere. Napoleone III, vista la situazione, e con gli Stati Uniti che minacciavano un intervento contro i francesi, preferì prudentemente ritirare le sue truppe dal Messico: siamo nel marzo del 1867. Massimiliano si trovò completamente solo a fronteggiare un intero paese insorto contro di lui. I repubblicani ci misero ben poco a catturarlo: e la sentenza fu di condanna a morte, nonostante dall’Europa arrivassero suppliche di grazia. La vita del giovane e sfortunato imperatore terminò il 19 giugno 1867 nella cittadina di Querétaro: Massimiliano veniva fucilato.

Tiburcio Sánchez, Ritratto di Carlotta
Tiburcio Sánchez, Ritratto di Carlotta; 1866; Trieste, Castello di Miramare

Si concludeva così il sogno di un sovrano che fu sempre guidato dalla volontà di governare al meglio e di fare del bene, ma che nulla poté contro inesperienza, ingenuità, errori e disegni che lo videro coinvolto forse suo malgrado. Il sogno era quello di creare uno stato giusto, rispettoso del proprio popolo, e con un governo illuminato che facesse progredire l’intera nazione in ogni campo, ma non ebbe né il tempo né le occasioni per realizzarlo. Con la fine di Massimiliano, finì anche il sogno d’amore della bella Carlotta. Poco prima del ritiro delle truppe francesi era tornata in Europa: per lei la situazione in Messico si era fatta troppo pericolosa. Sembrò prevedere la sorte del marito già al suo ritorno a Miramare: iniziò a manifestare segni di squilibrio, tanto che per qualche tempo fu anche tenuta sotto stretta osservazione (alcuni storici dicono che fosse stata rinchiusa) nel Castelletto del parco di Miramare a Trieste. Dopo la tragica morte del marito, ormai devastata dalla follia, fu ricondotta in Belgio per volontà della cognata Maria Enrichetta d’Asburgo-Lorena per passare quindi il resto della sua vita nel castello di Bouchout, nei pressi di Bruxelles.

Oggi, è proprio il Castello di Miramare la testimonianza più forte della storia di Massimiliano e Carlotta: ogni stanza, ogni parete, ogni suppellettile raccontano i sogni dei due giovani innamorati, nonché il loro triste destino. Possiamo vedere i loro ritratti ovunque: sono ritratti celebrativi, ufficiali, ma nonostante le loro espressioni siano serie, i loro occhi ci comunicano la sincerità del loro animo. E questo animo rimarrà sempre chiuso tra le mura del Castello di Miramare di Trieste, che continuerà a raccontare ai visitatori questa storia fatta di cultura, arte, politica, rivoluzioni e amore.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo





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