Qualche giorno fa, i nostri amici di A world to travel, hanno pubblicato sul loro blog un post intitolato 45 photos that will make you want to visit Castiglion Fiorentino (“45 foto che ti faranno voler visitare Castiglion Fiorentino”). Non c’è che dire: Inma e Jose come fotografi sono davvero fantastici! E siccome noi non siamo ancora al loro livello, ma vogliamo darvi motivi ulteriori per visitare Castiglion Fiorentino, non possiamo far altro che parlare dell’argomento su cui siamo più ferrati: l’arte! Sì, perché Castiglion Fiorentino, oltre che storia, natura, ospitalità e ottima cucina, è anche tanta arte e sono davvero molte le testimonianze artistiche del passato che potete trovare da quelle parti. Sono così tante che parlare di tutte in un solo post sarebbe impresa ardua: per questo motivo, oggi abbiamo scelto sei opere d’arte che secondo noi non potete perdere quando andrete a visitare questo splendido borgo della Valdichiana in Toscana. Partiamo subito!
1. Le stimmate di san Francesco di Bartolomeo della Gatta
Bartolomeo della Gatta è uno dei pittori più interessanti che si trovano a Castiglion Fiorentino, nonché un ottimo protagonista del Rinascimento toscano. Questo suo dipinto, che risale al 1486, fu realizzato per una confraternita della cittadina, la Confraternita della Misericordia, e doveva essere realizzata per la chiesa di San Francesco: ecco quindi il perché della scelta del tema. Un cherubino, riconoscibile perché ha le sembianze di una testa con ali rosse, porta in volo il crocifisso che dona le stimmate a san Francesco. Lo stile, vigoroso e realistico, ricorda quello di Luca Signorelli, e il paesaggio probabilmente è quello delle colline attorno a Castiglion Fiorentino. Notevole il particolare del barbagianni appoggiato al ramo dell’albero a sinistra... ! L’opera si trova nella Pinacoteca Comunale.
2. San Francesco di Margarito d’Arezzo
Con questo dipinto torniamo indietro fino alla metà del tredicesimo secolo: Margarito d’Arezzo, artista di cui parla anche Giorgio Vasari nelle sue Vite, è uno dei pittori più rappresentativi del Duecento nella zona di Arezzo (fu contemporaneo di Cimabue e di Giotto). Vasari ci dice che Margarito (o Margaritone) era “tenuto eccellente” “fra gl’altri pittori di que’ tempi che lavoravano alla greca”, cioè facendo un’arte che si ispirava a quella bizantina, quindi un’arte molto solenne e ieratica. E questo suo san Francesco è proprio votato alla semplicità e alla solennità: il santo è semplicemente in piedi, con in mano crocifisso e vangelo, vestito del suo tipico saio. Opere di questo tipo erano molto diffuse nella Toscana del Medioevo. Anche questo dipinto proviene dalla chiesa di san Francesco e si trova nella Pinacoteca Comunale.
3. Busto reliquiario di sant’Orsola
Non sappiamo chi sia l’autore di questo raffinatissimo busto-reliquiario, ovvero un busto a forma di santo (nel nostro caso Sant’Orsola), che doveva contenere le sue reliquie. Sappiamo solo che è di manifattura francese e che è databile al quarto o al quinto decennio del quattordicesimo secolo (quindi siamo tra il 1330 e il 1340). È un’eccezionale opera di oreficeria, in argento sbalzato e cesellato e quindi dorato e dipinto, con inserti di pietre preziose, smalti e perle. Il volto della santa, che è dipinto a tempera, ha lo sguardo fisso, ed è elegantemente incorniciato dai capelli biondi, ottenuti tramite doratura. La veste è cesellata (ovvero è lavorata con il cesello, un piccolo scalpello che serviva per incidere metalli e pietre in modo da creare decorazioni) e al centro, sul petto, ha una pietra di lapislazzuli. Più in basso, notiamo una serie di smalti che decorano la veste e che rappresentano figure di santi e alcune scene della vita di sant’Orsola. Il tutto è sostenuto da quattro piccoli draghi gotici, che ricordano molto le gargolle tipiche del gotico francese, ovvero i draghi e mostri che decoravano la parte dei canali di gronda di chiese ed edifici dalla quale usciva l’acqua. Il busto reliquiario si trova, anch’esso, nella Pinacoteca Comunale.
4. Compianto sul Cristo morto di Luca Signorelli
Non sappiamo con certezza quando il grande Luca Signorelli, a cui abbiamo anche dedicato una puntata del nostro podcast, abbia realizzato questo affresco: forse tra il 1480 e il 1490, ma c’è anche chi preferisce una datazione più tarda, verso il 1505. Certo è che per realizzare l’opera, l’artista si avvalse dell’aiuto della sua bottega. E certo è (e qui basta vedere l’opera!) che si tratta di un dipinto molto potente e coinvolgente, come è tipico di pressoché tutte le opere del grande artista di Cortona. Questo compianto, un po’ frammentario ma comunque ancora ben leggibile, ricorda molto il più celebre Compianto sul Cristo morto che si trova al Museo Diocesano di Cortona e che, essendo opera del 1502, farebbe sembrare plausibile una datazione più tarda di quello di Castiglion Fiorentino. L’affresco di Signorelli si trova nel Museo della Pieve di San Giuliano, antica chiesa oggi trasformata, appunto, in un museo.
5. Cristo risorto di Francesco Vanni
L’opera è di Francesco Vanni, che fu il principale di quegli artisti che operarono a Siena a cavallo tra Cinquecento e Seicento e che, rifacendosi alla pittura di Federico Barocci, diedero vita a una scuola molto attiva. E, tra l’altro, anche a Francesco Vanni abbiamo dedicato una puntata del nostro podcast! Il Cristo si innalza al di sopra di tutti gli altri personaggi, delicato e maestoso allo stesso tempo, tra lo stupore degli astanti che sono dipinti con colori molto brillanti, tipici del manierismo. La scena è cupa, ma è proprio Cristo che sembra rischiarare l’ambiente! Il dipinto si trova nella magnifica chiesa del Gesù: impossibile non visitarla!
6. Annunciazione di Baccio Bonetti da Cortona
L’artista è un pittore di secondaria importanza che operò tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, ed era solito copiare opere di artisti più affermati: questo è uno di quei casi, perché questa Annunciazione è la copia della più celebre Annunciazione di Jacopo Chimenti detto l’Empoli che si trova nella chiesa di Santa Trinita a Firenze. È però un dipinto interessante, intanto perché è firmato e datato (per l’esattezza, 1626), e poi perché è un esempio di opera destinata alla devozione privata ancora conservata nell’ambiente alla quale fu destinata, e i casi come questo non sono poi così frequenti... ! Il dipinto si trova nella Cappella Sensi, che prende il nome dal religioso che la fece costruire, Pasquino Sensi: nella cappella si trova un’iscrizione che attesta la consacrazione al 1625.
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo