Le preziose strutture di Maurits Cornelis Escher in mostra a Milano


Recensione della mostra 'Escher' a Milano, Palazzo Reale, dal 24 giugno al 22 gennaio 2017.

Soffioni, scarabei, quarzi. Una goccia di rugiada. Minuzie della natura composte da preziose strutture geometriche, abiti cristallini. Costruzioni contemplate come strabilianti architetture, filtrate nei reticolati algebrici della mente per essere incise. Leggere e leggiadre, come le farfalle che addolciscono le forme librandosi dall’alveare che le astrae, moltiplicandosi e incastrandosi in sequenze infinite. Tassellature: strutturazione e riempimento del piano. Puzzle. Tasselli che crescono e decrescono secondo algoritmo. La “divisione regolare del piano”. Il primo, in questo caso. Quello di Palazzo Reale di Milano che accoglie i paradossi percettivi e prospettici di Maurits Cornelis Escher (1898-1972). Compenetrazione di mondi simultanei attraverso fluide trasformazioni metamorfiche. Duecento pezzi-tasselli strutturati regolarmente (e tematicamente) in sei sezioni per un tempo dilatato al massimo. Sette mesi, dal 24 giugno 2016 al 22 gennaio 2017.

Maurits Cornelis Escher, Vincolo d'unione
Maurits Cornelis Escher, Vincolo d’unione (1956; litografia, 25,3x33,9 cm; Collezione Giudiceandrea Federico; All M.C. Escher works © 2016 The M.C. Escher Company)


Maurits Cornelis Escher, Mano con sfera riflettente
Maurits Cornelis Escher, Mano con sfera riflettente (1935; litografia, 31,1 x 21,3 cm; Fondazione M.C. Escher; All M.C. Escher works © 2016 The M.C. Escher Company)


Maurits Cornelis Escher, Scarabei
Maurits Cornelis Escher, Scarabei (1935; xilografia, 18 x 24 cm; Collezione Giudiceandrea Federico; All M.C. Escher works © 2016 The M.C. Escher Company)

Una mostra che prosegue e persegue il successo delle tappe scorse. In sequenza cronologica: romana (200 opere per 240mila visitatori), bolognese (150 opere per 175mila visitatori) e trevigiana (140 opere per 170mila visitatori, ottava mostra più visitata in Italia nel 2016). Format comprovato, successo assicurato. Con l’aggiunta di tre ingredienti: qualche opera e confronto col “passato” in più; apporto multimediale rinnovato; interazione ludica più “ricercata” rispetto alle precedenti edizioni. Il gioco è fatto. Letteralmente: doppia combinazione de “I giochi della mostra” + “Vivere Escher” per riflettersi all’infinito nella stanza degli specchi, parete optical che dà un senso di profondità illusoria. Intrattenimenti ottici per testare i celebri “trucchi di visione”. E via con selfie e surreali video concentrici uno dentro l’altro come sofistiche matrioske. O sofisticate marionette.

Usi e abusi della lezione ottica e artistica dell’incisore olandese che si riverberano bene anche nell’ultima sezione. La “lezione di Escher”, dopo i tanti e scarsi emuli e imitatori successivi e coevi. La cultura novecentesca e contemporanea alle prese con l’eredità dell’artista. Paradossi grafici tradotti su video, copertine, magliette e gadget multiformi. Ultima tappa di un percorso espositivo cronologico che scandisce e scandaglia le tappe biografiche, artistiche e geografiche del maestro olandese: dai Paesi Bassi all’Italia, da Roma alla Puglia fino alla sulfurea Sicilia, passando al setaccio tutta la dorsale appenninica a piedi o a dorso di mulo. Magna Grecia e Medioevo, Manierismo e Modernismo: dal dorico rigore di Segesta alle efflorescenze liberty mitteleuropee; dalle pietre di Atrani alle cromolitografie di Kolo Moser. Una parabola creativa che dalle sperimentazioni d’inizio Novecento del Ver Sacrum viennese si contagia della fantasia onirica surrealista, illuminandosi delle aurore dell’aeropittura italica post Prima Guerra Mondiale. Nel segno netto della stilizzazione dinamica futurista e dei volumi cubisti. Un viaggio che dalle tarsie marmoree del pavimento del Duomo di Siena, approda ai silenzi monocromatici della Cattolica di Stilo e si perde tra gli scorci di Monreale in un Chiostro di infiniti grigi. Un pellegrinaggio che rifugge la Capitale in preda alle maniere fasciste (Escher lascia l’Italia nel 1935 quando il figlio Giorgio torna a casa vestito da “Piccolo Balilla”) e attraversa mezzo Mediterraneo per tornare all’Alhambra di Granada e alla Moschea di Cordova, 1936 (la prima visita in Spagna è nel 1922 prima del trasferimento definitivo in Italia nel 1925). Seconda scintilla andalusa che evolve in figurato la fissazione geometrica e approfondisce i metodi della divisione regolare del piano. Piastrellazione moresca, decorazione arabesca.

Maurits Cornelis Escher, Convesso e Concavo
Maurits Cornelis Escher, Convesso e Concavo (1955; litografia, 27,5 x 33,5 cm; Collezione Giudiceandrea Federico; All M.C. Escher works © 2016 The M.C. Escher Company)


Maurits Cornelis Escher, Tempio di Segesta
Maurits Cornelis Escher, Tempio di Segesta (1932; incisione, 32,2 x 24,2 cm; Collezione Giudiceandrea Federico; All M.C. Escher works © 2016 The M.C. Escher Company)

Mosaici. Pezzo dopo pezzo, pietra dopo pietra, pesce dopo pesce. In formazione da battaglia, una metamorfosi via l’altra. Dalle simmetrie spagnole alle morbide vertigini del paesaggio italiano. Forme, spazi, luoghi. Visioni e Metafisica. Scenari passati al bulino che danno vita a scenografie mentali. I monti stilizzati dei trecentisti senesi e la stratificazione geologica del Mantegna si sommano al manierismo italiano di Palazzo Farnese a Caprarola e a quello dei volti di fuoco e frutta dell’Arcimboldo. Capricci e Carceri con scale di Piranesi e solidi platonici di Luca Pacioli si mescolano alle compenetrazioni iridescenti di Balla. Elementi che si innestano sulle basi formative di Escher: la scuola dell’incisore olandese Samuel de Mesquita, che gli fornì i segreti della tecnica e della composizione decorativa Nouveau. “Motivi” geograficamente vicini di casa (natale). Come la sfera riflettente dello specchio di tradizione fiamminga e l’immaginario figurativo di Brueghel e Bosch. Una miscela che ribolle e fermenta nella pratica incisoria. Xilografie, silografie, litografie. Invenzioni visive. Costruzioni impossibili, vedute labirintiche, aberrazioni prospettiche. Metamorfosi continue illuminate da sfere concave e convesse di mondi reali e riflessi. Un’illusione perpetua dove borghi di pietra appenninici si abbarbicano sulle pendici di qualche geometria scoscesa e le scale sembrano non finire mai. L’infinito costretto in uno spazio finito. Le ricerche della Gestalt come matrice dell’opera intera. “L’insieme è più della somma delle sue parti”: la somma dei tasselli artistico-biografici genera l’artista. Escher. Nessun unicum o genio solitario catapultato tra Paesi Bassi, Italia e Spagna alla ricerca d’identità artistica. Ma figlio assoluto del suo tempo da cui ha saputo astrarsi armonizzando in una dimensione visiva universi apparentemente inconciliabili.

Maurits Cornelis Escher, Vortici
Maurits Cornelis Escher, Vortici (1957; incisione, 43,8 x 23,5 cm; Collezione Giudiceandrea Federico; All M.C. Escher works © 2016 The M.C. Escher Company)


Maurits Cornelis Escher, Altro Mondo II
Maurits Cornelis Escher, Altro Mondo II (1947; xilografia a tre blocchi, 31,8 x 26,1 cm; Collezione Giudiceandrea Federico; All M.C. Escher works © 2016 The M.C. Escher Company)
Maurits Cornelis Escher, Giorno e Notte
Maurits Cornelis Escher, Giorno e Notte (1938; xilografia, 39,1 x 67,7 cm; Collezione Giudiceandrea Federico; All M.C. Escher works © 2016 The M.C. Escher Company)


Maurits Cornelis Escher, Relatività
Maurits Cornelis Escher, Casa di scale – Relatività (1953; litografia, 27,7 x 29,2 cm; Collezione Giudiceandrea Federico; All M.C. Escher works © 2016 The M.C. Escher Company)


Maurits Cornelis Escher, Pink Floyd
Maurits Cornelis Escher, Pink Floyd LP 1969 (1969; Long Play, 31x31 cm; Collezione Giudiceandrea Federico; All M.C. Escher works © 2016 The M.C. Escher Company)


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