Una mostra che appare già a prima vista differente dalle altre, quella dedicata a Charlotte Salomon (Berlino, 1917 - Auschwitz, 1943) che sarà ospitata fino al 25 giugno 2017 a Palazzo Reale di Milano. Differente perché è una mostra che mette in campo non solo l’ammirazione per le opere d’arte esposte, ma soprattutto la forte carica emotiva che scaturisce dalla conoscenza di una vera e propria storia di vita: quella di un’artista che ha fatto della sua arte una sorta di escamotage per riuscire a vivere la propria esistenza. Differente per come si presenta dal punto di vista organizzativo ed espositivo: dopo un video introduttivo in cui al visitatore viene anticipato, a grandi linee, il racconto che leggerà e al quale si appassionerà in mostra, si susseguono varie sezioni che non portano titoli di tematiche o periodi, bensì denominazioni che rimandano alla scrittura di un testo narrativo o di un dramma teatrale, come “prologo”, “parte prima”, “parte seconda”, “epilogo”. Differente perché non si tratta di una mostra dedicata a un’artista ben nota al grande pubblico, che con il solo nome richiama visitatori da ogni dove, ma di una mostra dedicata a un’artista ai più sconosciuta, anche se la sua storia meriterebbe di essere narrata e ricordata da tutti e a tutti.
Solo per dare un’idea: al momento della nostra visita, una lunga fila di persone affollava la piazza antistante il Palazzo Reale per visitare le varie esposizioni, due in particolare, che il Palazzo accoglieva contemporaneamente, mentre erano pochissime le persone che si accingevano a visitare la mostra dedicata a Charlotte Salomon. Tuttavia, abbiamo notato una grande attenzione e una grande voglia di conoscenza da parte dei visitatori presenti e partecipi nel soffermarsi a leggere ogni singolo pannello e ogni singola didascalia che accompagna ciascuna opera, o meglio ciascun disegno. Specifichiamo “disegno” perché l’esposizione è interamente costituita da disegni a tempera realizzati dalla stessa Charlotte e che narrano la sua storia. Una storia che si lascia raccontare in un susseguirsi di emozioni diverse che rendono emotivamente fragile il visitatore. Un alternarsi di tristezze, gioie passeggere, paure e turbamenti che invade le opere e che ci fanno immedesimare nelle vicende narrate dalla stessa Salomon attraverso i suoi disegni, proprio come faremmo durante la lettura di un romanzo.
La mostra dei disegni di Charlotte Salomon a Milano, Palazzo Reale |
I particolari allestimenti della mostra |
Charlotte Salomon, Autoritratto (1940; guazzo su cartone, 53,9 x 49,2 cm; Amsterdam, Joods Historisch Museum) |
La sua vita è segnata da una serie di suicidi in famiglia: la zia Charlotte, dalla quale l’artista ereditò il nome, si gettò in un lago, la mamma si tolse la vita gettandosi dalla finestra quando Charlotte era ancora una bambina, la nonna si suicidò dopo un’esistenza piena di lutti e di sofferenze; sarà solo a seguito della morte della nonna che alla giovane Charlotte sarà rivelato, da parte del nonno, il profondo male oscuro che da anni aveva oppresso le donne della sua famiglia. Tuttavia questi non furono i soli eventi tragici dell’esistenza dell’artista: l’avvento del nazismo portò ulteriore tragicità all’interno della sua famiglia poiché di origine ebrea, perciò soggetta a persecuzioni e deportazioni in campi di concentramento, come avvenne infatti per il padre di Charlotte, medico universitario, che fu imprigionato e deportato, ma poi fortunatamente liberato grazie all’aiuto e all’intercessione della sua seconda moglie, Paulinka Lindberg, famosa cantante d’opera, con cui l’artista aveva un ottimo rapporto.
Tutte queste insofferenze, paure, rivelazioni e disgrazie unite al periodo storico in cui l’artista viveva la spinsero a realizzare un lungo racconto pittorico, teatrale e musicale a cui diede il titolo di Leben? Oder Theater? (“Vita? O Teatro?”), che preannuncia la matrice autobiografica della narrazione. Un Singespiel, ovvero un poema costituito da dialoghi teatrali, intersezioni letterarie e indicazioni musicali e raffigurato da disegni a tempera ad opera della stessa Salomon. L’arte, la sua più grande passione, la aiutò a vivere, a riuscire a non impazzire, ad andare avanti malgrado le continue avversità. Una sorta di lenitivo per la sua esistenza.
Charlotte Salomon, Leben? Oder Theater? (1940-1942; guazzo su carta, 32,5x25 cm; Amsterdam, Joods Historisch Museum) |
Charlotte Salomon, Franziska prendeva spesso la figlia con sé nel letto, e le parlava. “In cielo tutto è molto più bello che su questa terra. E quando la tua mammina sarà diventata un piccolo angelo, scenderà e porterà alla sua leprottina, le porterà una lettera per dirle come è in cielo”. Charlotte trovava che ciò era molto bello... (1940-1942; guazzo su carta, 32,5x25 cm; Amsterdam, Joods Historisch Museum) |
Charlotte Salomon, Sulla croce uncinata già appare pienamente la speranza... molti ebrei occupavano posti statali o altre cariche più alte e dopo la presa del potere da parte dei nazionalsocialisti furono tutti licenziati senza preavviso... (1940-1942; guazzo su carta, 32,5x25 cm; Amsterdam, Joods Historisch Museum) |
I disegni che raccontano la liberazione del padre di Charlotte dal campo di concentramento |
Charlotte Salomon, Nonno: “Ho preso dei garofani per la nonna”. Charlotte: “Nonno, è troppo tardi”. Nonno: “Dunque alla fine l’ha fatto” (1940-1942; guazzo su carta, 32,5x25 cm; Amsterdam, Joods Historisch Museum) |
Le terribili rivelazioni del nonno |
Charlotte Salomon, Su una rupe là in alto crescono alberi del pepe... dolcemente il vento ne muove le foglioline argentee. Giù in basso si dissolvono le schiume - nell’infinita distesa del mare. Schiume, sogni - sogni miei su una terra azzurra, che cosa riuscite sempre a costruirvi di nuovo e luminoso da tanta pena e dolore. Chi vi ha dato il diritto? Sogno, parlami - e di chi sei il servo? Perché mi salvi? Su una rupe là in alto crescono alberi del pepe. Dolcemente il vento ne muove le fogliolinle argentee. (1940-1942; guazzo su carta, 32,5x25 cm; Amsterdam, Joods Historisch Museum) |
In mostra è presentata per la prima volta in Italia una selezione di circa 270 tempere appartenenti a Vita? O Teatro?: l’artista utilizza principalmente i colori primari, prediligendo toni scuri per la rappresentazione di eventi drammatici, come nei casi della morte della zia e della madre , o colori che richiamano la morte, come il rosso, per la raffigurazione della morte della nonna. La morte della madre venne concepita dalla piccola Charlotte come il divenire realtà di una frase che le ripeteva sempre la mamma “In cielo tutto è molto più bello che su questa terra. E quando la tua mammina sarà diventata un piccolo angelo, scenderà e porterà alla sua leprottina, le porterà una lettera per dirle com’è in cielo”. Ma quella lettera non arrivò mai.
Il racconto autobiografico ha inizio con il suicidio della zia e si conclude con il 1940, anno in cui Charlotte decise di dare vita al suo grande poema: la si vede raffigurata davanti al mare di Villefranche-sur-Mer, cittadina vicino a Nizza, dove si era trasferita da Berlino con i nonni materni per sfuggire alla persecuzione nazista, intenta a disegnare. Tre anni più tardi, venne arrestata dalla Gestapo insieme al marito e deportata ad Auschwitz dove, incinta di quattro mesi, venne uccisa.
Vita? O Teatro?, terminato pochi mesi prima della morte dell’artista, fu affidato prima dell’arresto al medico di Villefranche-sur-Mer, e dopo la guerra fu donato al padre di Charlotte, sopravvissuto allo sterminio fuggendo in Olanda. I familiari dell’artista decisero di affidare il capolavoro al Rijksmuseum di Amsterdam fino al 1971, quando passò al nuovo Joods Historisch Museum (o, in inglese, Jewish Historical Museum) della città, dove ancora oggi è custodito.
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.