Finalmente Roma celebra “Titina delle notti”: com'è la mostra su Titina Maselli


A cento anni dalla nascita, Roma celebra finalmente Titina Maselli con una mostra monografica in due sedi, al MLAC e al Casino dei Principi di Villa Torlonia. Ecco com’è la mostra: la recensione di Carlo Alberto Bucci.

Ha portato avanti con determinazione il proprio, pittorico viaggio al termine della notte. E, dai fondi pece delle cose semplici, immerse nel buio della metropoli, è riuscita ad accendere la sua tavolozza. Per sparare colori acidi ed elevare atleti acrobati sullo skyline dei grattacieli. A cento anni dalla nascita finalmente Roma celebra Titina Maselli (1924 – 2005). “Titina delle notti” la chiamavano quando, giovanissima, sulle macerie della Città Eterna uscita dal Ventennio, se ne andava – cavalletto in spalla, e tavole preparate di nero da un carrozziere – a dipingere en-plein-air i protagonisti del paesaggio urbano neorealista: camion, fili dei tram, tunnel, motociclette, palazzi cinti dalle impalcature.

Uno dei luoghi prediletti da Titina Maselli per documentarsi dal vivo su Roma di notte partendo dal basso, dalla strada, era piazza Fiume, lo spiazzo a un passo da Porta Pia, esattamente a metà strada, lungo la Nomentana, tra il Casino dei Principi di Villa Torlonia e il Museo laboratorio della Sapienza (Mlac). Sono, queste, le due sedi dove Sovrintendenza capitolina e Università, Comune e Stato hanno aperto i loro spazi per accogliere, fino al 21 aprile (la mostra si è aperta il 12 dicembre scorso), 90 opere della pittrice romana che ha riletto l’avanguardia futurista e che ha preconizzato la Pop art, eppure senza mai condividere le etichette che le veniva affibbiate, anzi scrollandosele elegantemente di dosso.

Allestimento della mostra “Titina Maselli” al MLAC. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al MLAC. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al MLAC. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al MLAC. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al MLAC. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al MLAC. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al MLAC. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al MLAC. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al MLAC. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al MLAC. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al Casino dei Principi. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al Casino dei Principi. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al Casino dei Principi. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al Casino dei Principi. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al Casino dei Principi. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al Casino dei Principi. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al Casino dei Principi. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al Casino dei Principi. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al Casino dei Principi. Foto: Monkeys Video Lab
Allestimento della mostra “Titina Maselli” al Casino dei Principi. Foto: Monkeys Video Lab

Al Casino dei Principi – sede dei benemeriti Archivi della Scuola romana, tendenza da cui Modesta (Titina) Maselli prese le mosse collocandosi sulla scia della componente espressionista di un Mario Mafai – la pittrice accoglie il visitatore attraverso autoritratti (fa da copertina al catalogo quello dolente del 1948 circa, con grandi lettere a contornare il volto imbiancato, spaurito) e i bei ritratti che le fecero i suoi colleghi: Gilles Aillaud, Piero Guccione e Renzo Vespignani (due dipinti ciascuno). La mostra si chiude al secondo piano con un paio di “Testina di Titina” e altri ritratti alla Soutine realizzati nel 1943-1945 da Toti Scialoja, suo marito fino al 1950 e uno di quei “Quattro fuori strada” (con Piero Sadun, Giovanni Stradone e Arnaldo Ciarrocchi) nell’alveo dei quali le prime prove di Maselli indubbiamente si pongono, ma con una originalità nella scelta dei temi che i compagni di strada non avevano avuto il coraggio di affrontare. “Ella ardisce”, notava lo scrittore Corrado Alvaro nel presentarla in occasione della prima personale all’Obelisco nel 1948, “di mettere in un quadro un telefono, una macchina da scrivere, una di quelle cartacce che la notte fanno un grumo bianco sull’asfalto della città. […] Titina Maselli affronta qualcosa di più forte, la notte delle città”.

Figlia del critico d’arte Ercole Maselli, sorella del regista Citto, più giovane di sei anni, nipote del compositore Mario Labroca, fratello della madre Elena, imparentata con i Pirandello ed avendo Fausto, il pittore, come guida iniziale, Titina ha eletto da subito il paesaggio metropolitano e le cose semplici, tra queste le immagini di sport o di cinema strappate dai rotocalchi, come territorio di elezione della sua pittura. Ed ha trasportato questa sua visione urbana interiore ovunque abbia vissuto: da Roma a New York, dove ha risieduto dal 1952 al 1955, ma isolata, ignorando programmaticamente ambienti ed esiti dell’Espressionismo astratto Usa; poi a Klagenfurt, seguendo il suo compagno, il diplomatico Marco Franscisci di Baschi, fino al 1958; quindi a Parigi dove, alternandosi con Roma, si stabilirà spesso dal 1968, sovente per lavorare per il teatro come scenografa, ma dove si era recata già giovanissima restando folgorata dalla luce dei corpi di Manet.

L’antologica a Villa Torlonia e al Mlac – che arriva dieci anni dopo la mostra romana curata da Bartolomeo Pietromarchi e incentrata, per i 100 anni del Coni, sui temi sportivi della pittrice che, presenza costante di Biennali veneziane e Quadriennali romane, era famosa per i calciatori feriti e i boxeur sfiniti – documenta bene come dai pacchetti di sigarette accartocciati a Roma o dai grattacieli lividi raffiguranti nella Grande Mela, si arrivi negli anni Sessanta ai camion visti dall’auto che li segue (splendide le viscere meccaniche nel Camion ante 1965 delle collezioni capitoline ma esposto alla Sapienza) e agli atleti proiettati sui palazzi, secondo quel concetto di sintesi di spazio e tempo caro alle compenetrazioni di Umberto Boccioni, autore del celebre Dinamismo di un footballer del Moma di New York. Dalle tavole di piccolo formato dipinte a olio Maselli passò, seguendo un desiderio di sintesi, di monumentalità e di luce, alle grandi tele trattate con l’acrilico, e con una sapiente uso delle vernici lucide contrapposte alle campiture opache. Ma sempre con la notte a tingere di buio il paesaggio.

Toti Scialoja, Testina di Titina (1944; olio su tela, 29,5 x 26,5 cm; Roma, Fondazione Toti Scialoja)
Toti Scialoja, Testina di Titina (1944; olio su tela, 29,5 x 26,5 cm; Roma, Fondazione Toti Scialoja)
Gilles Aillaud, Ritratto di Titina Maselli (1957; olio su tela, 146 x 89 cm; Collezione Brai-Maselli)
Gilles Aillaud, Ritratto di Titina Maselli (1957; olio su tela, 146 x 89 cm; Collezione Brai-Maselli)
Renzo Vespignani, Ritratto di Titina Maselli (1967; olio su tela, 194 x 130 cm; Roma, Collezione privata)
Renzo Vespignani, Ritratto di Titina Maselli (1967; olio su tela, 194 x 130 cm; Roma, Collezione privata)
Titina Maselli, Greta Garbo (1964; olio su tela, 208 x 250,8 cm; Firenze, Musei Civici Fiorentini)
Titina Maselli, Greta Garbo (1964; olio su tela, 208 x 250,8 cm; Firenze, Musei Civici Fiorentini)
Titina Maselli, Camion (ante 1965; olio su tela, 202,2 x 253 cm; Roma, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali)
Titina Maselli, Camion (ante 1965; olio su tela, 202,2 x 253 cm; Roma, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali)
Titina Maselli, Camion blu (1966; acrilico su tela, 117 x 90 cm; Collezione Brai-Maselli)
Titina Maselli, Camion blu (1966; acrilico su tela, 117 x 90 cm; Collezione Brai-Maselli)
Titina Maselli, Calciatori (1966; olio su tela, 200 x 300 cm; Roma, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali)
Titina Maselli, Calciatori (1966; olio su tela, 200 x 300 cm; Roma, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali)
Titina Maselli, Garbo (1971; acrilico su tela, 80 x 100 cm; Collezione Michele Della Valle)
Titina Maselli, Garbo (1971; acrilico su tela, 80 x 100 cm; Collezione Michele Della Valle)
Titina Maselli, Elevated Grattacieli/Calciatore ferito (1984; acrilico su tela, 250 x 400 cm; Collezione privata)
Titina Maselli, Elevated Grattacieli/Calciatore ferito (1984; acrilico su tela, 250 x 400 cm; Collezione privata)
Titina Maselli, Ciclista (1995; acrilico su tela, 195 x 130 cm; Roma, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali)
Titina Maselli, Ciclista (1995; acrilico su tela, 195 x 130 cm; Roma, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali)

In mezzo ai bomber infortunati e ai boxeur esausti memori del Pugilatore ellenistico delle Terme di Diocleziano, c’è spazio per altri soggetti nell’iconosfera della pittrice romana. Ad esempio, proveniente dalle collezioni civiche di Firenze, la vasta tela (di 209 per 251 centimetri) con “Greta Garbo” come antidiva, perché presa da una foto rubata e pubblicata su “Omnibus”, esposta nel 1964 accanto alle opere di Giosetta Fioroni, Franco Angeli, Tano Festa e Mario Schifano, alla Biennale di Venezia che vide assegnare il premio per la pittura a Robert Rauschenberg e trionfare la Pop Art. “Mi chiamavano la nonna della Pop Art”, ricorderà, scherzando, Maselli nell’intervista del 1996 a Enrico Crispolti che, con quella di 32 anni prima a Maurizio Calvesi, è ampiamente citata nel catalogo della mostra (Electa, 343 pagine, 45 euro). Accompagnata dal volume arricchito da un’ampia, pressoché completa, antologia della critica, l’antologica romana è curata da Claudio Crescentini, Federica Pirani, Ilaria Schiaffini, Claudia Terenzi (direttore scientifico dell’Archivio Titina Maselli) e Giulia Tulino, autori di approfonditi testi oltre a quello, sul teatro, di Martina Rossi. Pochi i prestiti dai musei dal momento che l’artista non ha goduto di un’ampia attenzione da parte delle istituzioni pubbliche, sebbene i riconoscimenti della critica siano stati continui. E allora sono la collezione Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani, quella degli eredi (Brai-Maselli), la Emiliano e Ottavia Cerasi, soprattutto la Galleria Massimo Minini, ad aver offerto la maggior parte delle opere utili a questo viaggio alla riscoperta dell’opera di Maselli, una caparbia individualista alle prese con i miti della vita moderna.

E se a Villa Torlonia, dove sono in mostra tutte le fasi di una carriera lunga più di cinquant’anni, è la dimensione privata dell’artista a prevalere (a questa sfera appartengono le due splendide “Carta segreta” del 1985, potenti disegni a matita eseguiti direttamente sui quotidiani sportivi a cui i soggetti sono ispirati), nell’unica grande sala del museo della Sapienza il percorso espositivo prende le mosse dagli anni Sessanta per concludersi agli inizi del nuovo millennio, con un allestimento che sottolinea la spettacolarità della scena. Soprattutto grandi tele, come Elevated, grattacieli e calciatore ferito (1984, di 4 metri di lunghezza per 2,50 di altezza), sono esposte quasi senza soluzione di continuità per porre lo spettatore al centro di un ring ideale. E sottoporlo a una gragnuola di colpi di colore, la stessa che investe i pugili delle tre tele dei “Boxeurs” piazzate a trittico. Sono una del 1965 e due del 2002, ma identico è il punto di vista della pittrice che si è posta a borgo ring. E ha lasciato che fosse il nero ad ammantare il match nella notte, elevando la cronaca sportiva a dramma universale. Per dedicare a quell’agone infinito anche alcuni semplici, ispirati versi: “Nel cerchio della lampada abbassata, combattono scarmigliati al sordo tonfo/ dei colpi. Oltre le corde ancora chiaro, mareggia il buio gremito di prossimo… ”.


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Carlo Alberto Bucci

L'autore di questo articolo: Carlo Alberto Bucci

Nato a Roma nel 1962, Carlo Alberto Bucci si è laureato nel 1989 alla Sapienza con Augusto Gentili. Dalla tesi, dedicata all’opera di “Bartolomeo Montagna per la chiesa di San Bartolomeo a Vicenza”, sono stati estratti i saggi sulla “Pala Porto” e sulla “Presentazione al Tempio”, pubblicati da “Venezia ‘500”, rispettivamente, nel 1991 e nel 1993. È stato redattore a contratto del Dizionario biografico degli italiani dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana, per il quale ha redatto alcune voci occupandosi dell’assegnazione e della revisione di quelle degli artisti. Ha lavorato alla schedatura dell’opera di Francesco Di Cocco con Enrico Crispolti, accanto al quale ha lavorato, tra l’altro, alla grande antologica romana del 1992 su Enrico Prampolini. Nel 2000 è stato assunto come redattore del sito Kataweb Arte, diretto da Paolo Vagheggi, quindi nel 2002 è passato al quotidiano La Repubblica dove è rimasto fino al 2024 lavorando per l’Ufficio centrale, per la Cronaca di Roma e per quella nazionale con la qualifica di capo servizio. Ha scritto numerosi articoli e recensioni per gli inserti “Robinson” e “il Venerdì” del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Si occupa di critica e di divulgazione dell’arte, in particolare moderna e contemporanea (nella foto del 2024 di Dino Ignani è stato ritratto davanti a un dipinto di Giuseppe Modica).



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