Il pittoresco borgo di Asolo, in provincia di Treviso, rivela al suo interno molte sorprese. È famoso per essere stato luogo di ambientazione degli Asolani di Pietro Bembo, per aver ospitato nell’ultimo periodo della sua vita l’attrice Eleonora Duse (che qui è sepolta) e diversi altri intellettuali tra i quali spiccano Giosuè Carducci ed Ernest Hemingway. Una vita intensa per questa piccola cittadina che recentemente si è arricchita di una nuova iniziativa, una mostra dedicata ad Andy Warhol.
La mostra ANDY WARHOL. 30 years later, a cura di Enrica Feltracco e Matteo Vanzan, è stata organizzata per ricordare il grande artista morto trent’anni fa, il 22 Febbraio 1987. Allestita al primo piano del museo civico di Asolo, l’esposizione occupa una piccola stanza e comprende opere prestate da collezionisti privati. Una mostra ben pensata, che attraverso lavori emblematici, fa vedere e cerca di far capire il genio rivoluzionario e indiscusso di uno dei più grandi artisti del Novecento e di tutta la storia dell’arte.
Andy Warhol, Marilyn |
Nella mostra sono esposte opere che riassumono a mio parere molto bene la Pop Art, tendenza diffusasi a partire dagli anni Sessanta del Novecento. Dopo l’intellettualismo e la complessità dell’Arte Informale, ad opera di artisti come Pollock e Rothko, c’era bisogno di un’arte nuova, semplice, capace di essere compresa e di arrivare alle masse, un’arte popolare. E proprio da “Popular” deriva il nome di questo nuovo mezzo di comunicazione, la Pop Art. Quest’ultima rivolge la propria attenzione agli oggetti popolari appunto, della società dei consumi, e si avvale di qualsiasi cosa, anche della più banale e quotidiana.
“Quello che è fantastico di questo Paese è che l’America ha iniziato la tradizione dove il consumatore più ricco compra essenzialmente la stessa cosa del più povero. Si può guardare la TV e vedere la Coca-Cola, e si sa che il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola e anche tu bevi Coca-Cola”. Così dirà Andy Warhol e il suo pensiero riassume alla perfezione ciò che è la Pop Art, un’arte di massa che usa oggetti e linguaggi riconoscibili da qualsiasi persona. Una bottiglia di Coca Cola, simbolo americano per eccellenza. Una scatola di cereali acquistabile in qualsiasi supermercato. O un semplice barattolo di zuppa precotta Campbell’s, che insieme alla Coca-Cola diventa il marchio di fabbrica di Warhol. Non solo oggetti, ma anche fatti di cronaca nera, opere di artisti del passato come Leonardo e Piero della Francesca, divi del cinema come Marylin Monroe e politici come Mao Tse-Tung diventano soggetti proposti e riproposti che tutti possono riconoscere e consumare impietosamente.
Andy Warhol fa subito suo questo meccanismo di arte di massa e, avvalendosi della stessa logica della propaganda pubblicitaria, ripropone i suoi soggetti in serie, per un numero pressoché infinito di volte introducendo solo delle variazioni in forme e colori. Un artista che in questo modo annulla la sua soggettività e che diventa un puro manipolatore di immagini.
Andy Warhol, Flowers |
Qualcosa di apparentemente semplice come una bottiglia di Coca-Cola se riproposta all’infinito diventa assuefacente, martellante ed ossessiva ed ha su chi la guarda lo stesso effetto di uno spot pubblicitario. Ed è proprio questo l’effetto che hanno le opere di questa mostra; grandi o piccole che siano, grazie alla ripetizione in serie e ai colori sgargianti e plastici, fanno pensare alla società consumistica ed affaristica in cui viviamo e generano in noi che le osserviamo estraniazione, smarrimento, perfino un po’ di inquietudine. Ma anche fascino, se pensiamo che questi oggetti comuni e banali prendono vita e diventano prodotti di valore, valutati dalle case d’asta, acquistati da collezionisti e musei, osservati ora con un sorriso e ora con un po’ di sconcerto.
Nel 1962 Andy Warhol riuscì a trasformare un semplice barattolo di zuppa Campbell’s in un’opera d’arte degna di essere esposta nei musei più famosi del mondo. Warhol fece diventare immortale l’oggetto, rendendolo un’icona e suggellando sé stesso come re della Pop Art. Era proprio Andy Warhol che diceva: “L’arte degli affari sta un gradino sopra dell’Arte. Ho iniziato da artista commerciale e voglio finire da artista degli affari”. E valutando non solo questa mostra, ma tutta l’arte di Warhol e l’effetto che ha avuto e continua ad avere, si può convenire che egli è riuscito pienamente nel suo intento.