Alfonso Lombardi, scultore, in mostra a Bologna


Recensione della mostra “Un dialogo tra le arti a Bologna nel segno di Raffaello. ‘Alfonso Lombardi. Il colore e il rilievo’”, a Bologna, Pinacoteca Nazionale, dal 4 marzo al 7 giugno 2020.

Riaprono i Musei, e le silenti Mostre possono sollevarsi dalla dormizione del tempo di clausura. Riapre la Galleria Nazionale di Bologna e qui una fervida rassegna, in sé assai ricca di multipli motivi, può rumoreggiare per dignità e conclamazione nel panorama ben inteso, e quanto profondamente, di quell’evento nazionale che è chiamato il “segno di Raffaello”. Un “segno” che certamente sfrecciò nella mente e sulle mani di Alfonso Lombardi (Ferrara, 1497 – Bologna, 1537), contemporaneo fervido dell’urbinate, ricco di effervescenza formale nell’arte della scultura e apertamente captante le mirabili proposte della “perfezione del rinascimento”.

Un segno oggi colto con afferenza acuta e consapevole da Marcello Calogero e Alessandra Giannotti, e disposto in una Mostra multipla dove il crogiolo bolognese (un cuore geografico, una vera e propria area di scambio multivalente dei ricicli delle arti) realmente conobbe fulgori forse transeunti ma di altissimo interesse e capaci ancora di seduzioni critiche che qui si distendono in una breve ma lampeggiante panoramica di confronti.

Non sarà vano ricordare per sommi capi quella che possiamo chiamare la stratificazione scultorea in Bologna, dal medioevo ai primi anni del Cinquecento. Le presenze di lavori e capolavori dovuti a Manno Bandini da Siena, Bettino da Bologna, agli altri autori delle Arche, a Nicola Pisano, fra’ Guglielmo e Arnolfo di Cambio, Niccolò dell’Arca, Jacopo della Quercia, sino a Michelangelo nelle sue due soste, e a Donato di Gaio di Cernobbio alla Madonna di Galliera. In questo Bologna è davvero una antologia urbana dell’arte plastica che contiene poli altissimi di espressione, capaci poi di essere continuati per l’intero Cinquecento e i secoli successivi.

Personalità estroversa e tumultuosa, di sicura vocazione scultorea, Alfonso Lombardi può essere intuito anche da uno sprazzo biografico veloce e illuminante. Nasce a Ferrara da un “Cittadella” lucchese qui trasferito per servire la corte estense, e qui s’imbeve di una cultura architettonica, scultorea, fittile e pittorica di altissima caratura: lavora per la corte su marmi antichi e crea due fontane, in bronzo e in marmo (una “amenissima”) per l’isola del Belvedere a fingere gioiose “meraviglie” naturali. Ammira la magica pittura di Dosso Dossi e può studiare i cartoni di Raffaello giunti al Duca nel 1517. Nel 1519 si porta a Bologna assai lusingato dal concorso per l’Ercole da collocare nella Sala degli Anziani in Palazzo Pubblico, e lo vince. La potenza di questa figura stupisce ancora. Qui comincia a cambiare il proprio cognome che da “Cittadella” diventa “Lombardi”, ovvero assume il cognome della madre. Il clamoroso successo lo pone in subitaneo primo piano nella città felsinea, e già nel 1519 (ancora minorenne, con l’assenso del padre) inizia la straordinaria scenografia figurata del Funerale della Vergine per la Confraternita di Santa Maria della Vita: un intero teatro con figure grandi in terracotta, decisamente di ispirazione raffaellesca. Piovono altre commissioni, che si intersecano fittamente con altri plasticatori, come Zaccaria Zacchi e molti pittori: fra questi i coloritori delle sculture fittili e gli impaginatori dei fondali ad affresco. Bologna, come “città papale”, diventa davvero un fervido cantiere delle arti che tutto coinvolge e dove pittori di ogni levatura trovano nel lascito di Raffaello il lievito per conversioni e imprese in molti luoghi. Alfonso Lombardi sembra al centro di una agitazione continua di commesse e di cantieri: di questa dà atto magistralmente il Catalogo. Era già tramontata la presenza del Francia e poco influiva l’energia disordinata dell’Aspertini, il quale tuttavia si diede al marmo nella lunetta del portale destro di San Petronio; silenziosamente era giunto intanto a Casa Hercolani il sublime Noli me tangere del Correggio, dal quale forse il Lombardi prese ispirazione per la composta e classica Resurrezione marmorea nella lunetta del portale di sinistra in San Petronio; ma la partita dell’adeguamento espressivo si giocava tra il Dosso, il Garofalo, Girolamo da Cotignola, il nitido Innocenzo da Imola, e semmai con l’incantevole Girolamo da Treviso, del quale la mostra offre una Sacra Famiglia estremamente ammirabile.

Alfonso Lombardi, Ercole e l'idra (1519-1520; figura grande in terracotta; Bologna, Palazzo d'Accursio; Sala degli Anziani)
Alfonso Lombardi, Ercole e l’idra (1519-1520; figura grande in terracotta; Bologna, Palazzo d’Accursio; Sala degli Anziani)

Eseguita con plauso universale per la visita di Papa Leone X.


Alfonso Lombardi, I funerali della Vergine (1519-1521; gruppo statuario in terracotta; Bologna, Oratorio di Santa Maria della Vita)
Alfonso Lombardi, I funerali della Vergine (1519-1521; gruppo statuario in terracotta; Bologna, Oratorio di Santa Maria della Vita)

Opera notissima, riprende in varie figure i gesti dei protagonisti nella Scuola di Atene di Raffaello.


Alfonso Lombardi, Resurrezione, Le due figure centrali in marmo della lunetta del Portale sinistro di San Petronio (Bologna), 1526
Alfonso Lombardi, Resurrezione, Le due figure centrali in marmo della lunetta del Portale sinistro di San Petronio (Bologna), 1526

Lo scultore aveva dato precedentemente varie formelle per il ricco portale. Con queste affronta direttamente la statuaria monumentale. La solenne fermezza del Cristo quasi nudo ricorda il Risorto del Correggio, da poco giunto a Bologna. Singolare il calmo stupore del soldato romano.


Dosso Dossi, Apparizione della Vergine col Bambino ai Santi Giovanni Battista ed Evangelista (1517; olio su tavola, trasferita su tela, 153 x 114 cm; Firenze, Uffizi, depositi)
Dosso Dossi, Apparizione della Vergine col Bambino ai Santi Giovanni Battista ed Evangelista (1517; olio su tavola, trasferita su tela, 153 x 114 cm; Firenze, Uffizi, depositi)

Dipinta per il Cardinale Ippolito d’Este e posta originariamente in San Martino a Codigoro. Mostra uno schema spaziale e gestuale debitore ai cartoni di Raffaello appena giunti a Ferrara.


Girolamo da Treviso, Sacra Famiglia (1530-1535; olio su tavola, 72 x 60 cm; Cento, Collezione Grimaldi-Fava)
Girolamo da Treviso, Sacra Famiglia (1530-1535; olio su tavola, 72 x 60 cm; Cento, Collezione Grimaldi-Fava)

Pittore che sin da prima di questa squisita composizione aveva idealmente offerto al Lombardi quel soave ed alto “dialogo sulla classicità” del quale l’impetuoso scultore prese atto felicemente.
Girolamo da Treviso, Sacra Famiglia, dettaglio
Girolamo da Treviso, Sacra Famiglia, dettaglio

Una visione ravvicinata che consente di comprendere l’ammirevole assorbimento del linguaggio classico di questo raro maestro, nel suo periodo bolognese, come sottolinea, dopo Longhi, Daniele Benati. Un pittore che si pone al centro del “crogiolo” bolognese dell’avanzante Cinquecento.

Il repertorio stilistico della scultura fittile in Bologna negli anni Venti del secolo si bilanciava tra l’eredità fremente e tragica di Guido Mazzoni e l’echeggiante dolcezza di Antonio Begarelli, ma il vero nuovo indirizzo segnato dal Lombardi si dirigeva su un realismo volumetrico e gestuale tutto proprio (i Santi del voltone, la Madonna di Faenza, il grandioso Compianto sul Cristo morto di San Pietro in città) e semmai sul dialogo della monumentalità pittorica che trovava proprio in Girolamo da Treviso l’interlocutore dalle risposte altamente e intensamente musicali. Verso la fine del decennio le committenze si fecero ancora più numerose, specialmente dalla Fabbrica di San Petronio: e il nostro Alfonso si destreggiò tra la richiesta di una casa alla Fabbrica stessa, e la fornitura di modelli da eseguirsi in marmo da altri scultori. Era ormai padrone di un laboratorio-impresa dal quale uscirono anche la monumentale decorazione a rilievo, in stucco, per la cappella maggiore di Santa Maria del Baraccano e alcuni monumenti funebri ad altissimo prezzo.

Ma gli eventi politici influirono a fondo sulla vita stessa del Lombardi, sulle sue più alte ambizioni, sulle prove alle quali spavaldamente ambiva, sostenuto da quel genio fulmineo della capacità del modellare che lo rendeva prestigioso e capace di stupire ognuno. Et venerunt Reges! In Italia il predominio spagnolo si affermava duramente, dopo la cruenta battaglia di Pavia (1525) e dopo il tremendo sacco di Roma (1527), così che il giovane Carlo d’Asburgo ottenne la corona di re d’Italia e la corona del Sacro Romano Impero a Bologna, per le mani del pontefice Clemente VII, nel febbraio del 1530. Già nel settembre del 1529 era giunto a Bologna Federico Gonzaga che chiese al Lombardi una serie di ritratti in marmo per il Palazzo del Te (una preparazione per la visita imperiale), ma soprattutto l’ormai celebre scultore ottenne l’incarico per i grandi apparati effimeri necessari all’incoronazione: compito svolto con straordinaria abilità ed efficacia in tempi ristrettissimi. Questo mise il Lombardi in primissima vista tra i prìncipi convenuti per lo storico evento, e generò l’aneddoto vasariano del Vecellio che introdusse il Lombardi quasi nascostamente alle sedute per il ritratto di CarloV, dove lo scultore modellò mirabilmente in piccolo l’immagine dell’imperatore e ne ottenne la commissione per un magnifico busto in marmo.

Aneddoti a parte la carriera del Nostro si impennò a livello europeo, richiesto da nobili italiani e spagnoli soprattutto per ritratti onorari dove egli eccelleva. Fu invitato in Spagna, ma andò in Francia ove incontrò il Re. Viaggiò e lavorò. Nel 1533 accolse l’invito ad entrare nella corte del Cardinale Ippolito de’ Medici e si portò a Roma. Qui ritrasse il Papa Clemente VII, incontrò Michelangelo, lavorò ai monumenti funebri di altri Pontefici. Ma nel 1535, morto il Cardinale Ippolito, il Lombardi si sposta a Firenze, eppoi torna a Bologna. Lavorerà di nuovo per San Petronio e per il Duca di Mantova, ma la sua esistenza terrena cessò repentinamente il primo dicembre del 1537.

Artista vivacissimo fu al centro di quella rivoluzione astrale che coinvolse l’arte italiana a causa del “fenomeno Raffaello”: operò per Duchi, Cardinali, Sovrani e Pontefici tenendo alta la qualità italica del linguaggio figurativo. Fu un artista dialettico che ancora può coinvolgerci nelle estremità della sua scultura: la possanza enfatica, la struttura statuaria e classica, il pathos doloroso, e il soffermarsi estatico su alcune toccanti morbidezze.

Alfonso Lombardi, Madonna col Bambino (1524; terracotta; Faenza, Pinacoteca Comunale)
Alfonso Lombardi, Madonna col Bambino (1524; terracotta; Faenza, Pinacoteca Comunale)

Lo scultore aveva dato precedentemente varie formelle per il ricco portale. Con queste affronta direttamente la statuaria monumentale. La solenne fermezza del Cristo quasi nudo ricorda il Risorto del Correggio, da poco giunto a Bologna. Singolare il calmo stupore del soldato romano.


Girolamo da Cotignola, Sacra Famiglia con San Giovannino (1520-1523; olio su tavola, 62 x 50 cm; Forlì, Pinacoteca Civica, Fondo Piancastelli)
Girolamo da Cotignola, Sacra Famiglia con San Giovannino (1520-1523; olio su tavola, 62 x 50 cm; Forlì, Pinacoteca Civica, Fondo Piancastelli)

La domestica e splendida tavola testimonia la piena conversione raffaellesca del forte autore romagnolo, giunto a Bologna nella pienezza dei suoi mezzi. Una conversione temperata dal netto sbalzo spaziale e comunicativo. Preziosi per questo gli studi di Raffaella Zama.


Alfonso Lombardi, Busto raffigurante il Salvatore (1522-1524; terracotta policroma e dorata, 104 x 77 cm; Firenze, Collezione privata)
Alfonso Lombardi, Busto raffigurante il Salvatore (1522-1524; terracotta policroma e dorata, 104 x 77 cm; Firenze, Collezione privata)

Solenne effigie di dimensioni superiori al vero, ad evidenza salvata da figura maggiore, di cui dobbiamo apprezzare la potente colloquialità e l’enfasi gestuale. Vero capolavoro del Lombardi ci rende la sua vivificante concentrazione di scultura-pittura: un apax rinascimentale tutto padano.


Alfonso Lombardi, San Giovanni evangelista sotto la Croce (1525-1532; terracotta policroma e dorata, altezza 200 cm; Castel Bolognese, Chiesa di San Petronio)
Alfonso Lombardi, San Giovanni evangelista sotto la Croce (1525-1532; terracotta policroma e dorata, altezza 200 cm; Castel Bolognese, Chiesa di San Petronio)

Questo magnifico tuttotondo stante fa coppia con l’analoga figura di Maria Vergine addolorata: ambedue in significativo accostamento ad un Crocefisso centrale. Prova assoluta di arte oratoria.


Alfonso Lombardi, San Girolamo in preghiera (1524-1530; terracotta, 56 x 46 x 11,5 cm; Faenza, Pinacoteca Comunale)
Alfonso Lombardi, San Girolamo in preghiera (1524-1530; terracotta, 56 x 46 x 11,5 cm; Faenza, Pinacoteca Comunale)

Il pezzo, destinato alla devozione privata, era originariamente patinato in bronzo a prova di una nobiltà di committenza ben nota. Qui ci dà l’impronta della freschezza del Lombardi nel rilievo.


Alfonso Lombardi, Busto di Alfonso I d'Este, particolare (1530; marmo, 69 x 59 x 26 cm; Modena, Galleria Estense)
Alfonso Lombardi, Busto di Alfonso I d’Este, particolare (1530; marmo, 69 x 59 x 26 cm; Modena, Galleria Estense)

Il busto fu uno dei primi consegnati a Federico Gonzaga, dopo la sua richiesta del 1529. L’imponenza e la perfezione esecutiva, sul marmo scelto personalmente a Carrara, testimoniano la valentìa del Lombardi anche negli elaborati più lenti e sulla materia difficile.


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L'autore di questo articolo: Giuseppe Adani

Membro dell’Accademia Clementina, monografista del Correggio.





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