Il Senato rafitica la Convenzione di Faro sull'importanza del patrimonio culturale per la società


Con 147 voti a favore, 46 contrari e 42 astenuti, il Senato approva la Convenzione di Faro. Il testo passa ora alla Camera in seconda lettura.

Con il voto favorevole del Senato (147 a favore, 46 contrari e 42 astenuti), l’Italia si avvicina all’adozione della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, nota anche come Convenzione di Faro dalla città in Portogallo dov’è stata presentata, il 27 ottobre del 2005. L’iter legislativo per l’adozione della Convenzione, sottoscritta dall’Italia nel 2013, è stato particolarmente tribolato e da sei anni aspetta la conclusione (ma ora, col voto favorevole del Senato, s’intravede la fine: il prossimo passaggio sarà alla Camera per la seconda lettura del disegno di legge di ratifica).

Si sono espressi a favore Pd, Movimento 5 Stelle, Italia Viva, Liberi e Uguali. Ha votato contro la Lega, mentre i senatori di Forza Italia si sono astenuti. Contraria anche la senatrice pentastellata Margherita Corrado, che ha votato contro il proprio gruppo. Soddisfatto il ministro dei beni culturali, Dario Franceschini: “la ratifica della convenzione di Faro da parte del Senato”, ha dichiarato, “è un passo importante verso l’adozione da parte dell’Italia di questo importante documento promosso dal Consiglio d’Europa. Un atto che riconosce nel patrimonio culturale un fattore cruciale per la crescita sostenibile del territorio. Auspico che il prossimo passaggio alla Camera sia il più condiviso possibile, dal momento che la cultura è un tema che unisce e supera le contrapposizioni”.

La Convenzione di Faro parte dalla premessa secondo cui, come si legge nella traduzione non ufficiale in italiano disponibile sul sito della direzione generale musei, “uno degli obiettivi del Consiglio d’Europa è di realizzare un’unione più stretta fra i suoi membri, allo scopo di salvaguardare e promuovere quegli ideali e principi, fondati sul rispetto dei diritti dell’uomo, della democrazia e dello stato di diritto, che costituiscono la loro eredità comune”, il valore ed il potenziale di un’eredità culturale possono essere risorse per lo sviluppo sostenibile e per la qualità della vita e ogni persona ha il diritto “ad interessarsi all’eredità culturale di propria scelta, in quanto parte del diritto a partecipare liberamente alla vita culturale, sancito dalla Dichiarazione universale delle Nazioni Unite dei diritti dell’uomo”.

Il testo si compone di 23 articoli suddivisi in tre parti (Obiettivi, definizioni e principi; Il contributo dell’eredità culturale alla società e allo sviluppo umano; Responsabilità condivisa nei confronti dell’eredità culturale e partecipazione del pubblico; Controllo e cooperazione; Clausole Finali). L’articolo 1 riconosce “che il diritto all’eredità culturale è inerente al diritto a partecipare alla vita culturale, così come definito nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, riconosce “una responsabilità individuale e collettiva nei confronti dell’eredità culturale” e sottolinea “che la conservazione dell’eredità culturale, ed il suo uso sostenibile, hanno come obiettivo lo sviluppo umano e la qualità della vita”. Si stabilisce poi che “ l’eredità culturale è un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione” e che una comunità di eredità è costituita da un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future“ (art. 2); che ”tutte le forme di eredità culturale in Europa che costituiscono, nel loro insieme, una fonte condivisa di ricordo, comprensione, identità, coesione e creatività“ (art. 3), che chiunque ha diritto a ”trarre beneficio dall’eredità culturale e a contribuire al suo arricchimento“ e che ”l’esercizio del diritto all’eredità culturale può essere soggetto soltanto a quelle limitazioni che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico e degli altrui diritti e libertà" (art. 4).

Ancora, la Convenzione impegna i paesi europei a “mettere in luce il valore dell’eredità culturale attraverso la sua identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione”, ad assicurare a tutti il diritto di fruirne, a “favorire un clima economico e sociale che sostenga la partecipazione alle attività inerenti l’eredità culturale”, a “promuovere la protezione dell’eredità culturale” (art. 5), a “incoraggiare la riflessione sull’etica e sui metodi di presentazione dell’eredità culturale, così come il rispetto per la diversità delle interpretazioni”, a “sviluppare la conoscenza dell’eredità culturale come risorsa per facilitare la coesistenza pacifica” (art. 7), a “promuovere un approccio integrato alle politiche che riguardano la diversità culturale, biologica, geologica e paesaggistica al fine di ottenere un equilibrio fra questi elementi” (art. 8), a “definire e promuovere principi per la gestione sostenibile e per incoraggiare la manutenzione” (art. 9). Viene sottolineato anche il potenziale dell’eredità culturale come fattore nello sviluppo economico, pertanto la Convenzione impegna i paesi ad “accrescere la consapevolezza del potenziale economico dell’eredità culturale e utilizzarlo”, a “considerare il carattere specifico e gli interessi dell’eredità culturale nel pianificare le politiche economiche” e ad “accertarsi che queste politiche rispettino l’integrità dell’eredità culturale senza comprometterne i valori intrinseci” (art. 10).

Per quanto riguarda la gestione dell’eredità culturale, la Convenzione impegna le parti a “promuovere un approccio integrato e bene informato da parte delle istituzioni pubbliche in tutti i settori e a tutti i livelli”, a “sviluppare metodi innovativi affinché le autorità pubbliche cooperino con altri attori”, a “rispettare e incoraggiare iniziative volontarie che integrino i ruoli delle autorità pubbliche”, a “incoraggiare organizzazioni non governative interessate alla conservazione dell’eredità ad agire nell’interesse pubblico” (art. 11), a incoraggiare la partecipazione di tutti (art. 12), a “facilitare l’inserimento della dimensione dell’eredità culturale in tutti i livelli di formazione, non necessariamente come argomento di studio specifico, ma come fonte feconda anche per altri ambiti di studio”, a “incoraggiare la formazione professionale continua e lo scambio di conoscenze e competenze, sia all’interno che fuori dal sistema educativo” (art. 13), a potenziare “le iniziative che promuovano la qualità dei contenuti e si impegnano a tutelare la diversità linguistica e culturale nella società dell’informazione”, a favorire “standard internazionali per lo studio, la conservazione, la valorizzazione e la protezione dell’eredità culturale, combattendo nel contempo il traffico illecito dei beni culturali”, a combattere gli ostacoli che limitano l’accesso (art. 14), a monitorare leggi, politiche e pratiche sull’eredità culturale (artt. 15, 16, 17).

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