Lo scorso 23 novembre il ministro dei beni culturali, Alberto Bonisoli, ha firmato il decreto che estende il bonus cultura per i diciottenni anche ai nati nell’anno 2000: la conferma di 18app per il 2018 e il 2019, del resto, era già stata annunciata all’inizio del mandato di Bonisoli. I giovani nati nel 2000 potranno beneficiarne registrandosi alla piattaforma 18app entro il 30 giugno del 2019, e potranno spendere il bonus entro il 31 dicembre 2019.
Tuttavia, proprio negli ultimi giorni, il bonus cultura è stato al centro di una rovente polemica che ha visto fronteggiarsi il Movimento 5 Stelle e il Partito democratico. Prima che venisse firmato il decreto, la giovanissima dem Arianna Furi (la più giovane componente della Direzione nazionale del Pd) aveva lanciato una petizione su change.org per chiedere al ministro di sbloccare i fondi. Nella petizione, si leggeva: “Non vi è bastato insultare i 18enni? Definire il bonus ”marchetta elettorale“? Continuate a prenderci in giro facendo sparire soldi destinati a noi per farli finire chissà dove? Noi vogliamo accedere al patrimonio culturale del nostro Paese. Vogliamo che ci sia garantito quanto ci è stato promesso e assicurato”. La petizione era stata poi ripresa dalla deputata Anna Ascani del Pd, che in un post sulla sua pagina Facebook dichiarava: “dovremo anche evitare che cancellino quello per i nati nel 2001. Bonisoli non fa che contraddirsi da quando è stato nominato ma la verità è che vuole eliminarlo e non ha nemmeno il coraggio di ammetterlo. Fermiamolo!”. Le faceva eco Matteo Renzi, che peraltro si riferiva a 18app chiamandolo “bonus Renzi”: “quando un diciottenne compra un libro o va a teatro o entra in un museo io mi sento orgoglioso di essere italiano. Salvini e Di Maio hanno bloccato il #bonusRenzi per i diciottenni nati nel 2000 e lo vogliono cancellare per quelli nati nel 2001. Facciamoci sentire per sbloccare i fondi prima di dicembre e per evitare che li taglino per il prossimo anno”.
Dopo la firma sul decreto, ad accendere ulteriormente la polemica è intervenuto il sottosegretario Gianluca Vacca (M5S), che ha attribuito all’ex presidente del consiglio Matteo Renzi la colpa del ritardo sulla firma del decreto: “invece di raccontare balle sul bonus cultura”, ha dichiarato Vacca, “Matteo Renzi dovrebbe avere il pudore di tacere e di chiedere scusa ai ragazzi del 2000, visto che per l’incompetenza e le mancanze del precedente governo il bonus per chi ha compiuto o compirà 18 anni nel 2018 ha rischiato di saltare. È stato questo governo a rimediare a un vuoto normativo evidenziato dal Consiglio di Stato e a salvare il provvedimento. E oggi il Ministro Bonisoli ha firmato il decreto attuativo che integra ed estende il bonus ai classe 2000. La verità è che il Pd teneva così tanto al bonus cultura da aver ’dimenticato’ di fare una norma di rango primario che lo estendesse anche al biennio 2018-2019 e se non intervenivamo noi i soldi sarebbero andati persi. Invece i ragazzi continueranno ad avere i 500 euro da spendere per la cultura e c’è di più: noi vogliamo rendere strutturale la misura e non propagandistica, come l’aveva invece pensata il Pd, solo per fini elettoralistici”.
Renzi ha però voluto replicare, affermando che la conferma del bonus per i diciottenni e altre misure introdotte dal suo governo (come gli 80 euro, il bonus bebè o i 500 euro per i professori), pur essendo state contestate, sono state poi confermate o parzialmente reintrodotte. “La verità”, ha sentenziato l’ex premier, “è che anche i pentaleghisti sono costretti ad ammettere che quelle misure erano utili. Al punto che le confermano anche loro. Ma come? Tutto questo odio contro il mio Governo e poi confermate le nostre misure? Ci hanno rovesciato quintali di fango addosso e poi provano a copiarci. Già che ci siete, allora, copiate bene”.
Polemica su 18app. Vacca: rischiava di saltare? Colpa del Pd. Renzi: pentaleghisti ammettono che era utile |