Non si ferma la discussione attorno alla cosiddetta “Netflix della cultura”, la piattaforma di contenuti digitali in streaming in costruzione, fortemente voluta dal ministro dei beni culturali Dario Franceschini. Hanno fatto molto parlare, nei giorni scorsi, le indiscrezioni secondo cui il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo sta trattando con un’azienda privata, Chili tv, per costituire una newco partecipata al 51% da Cassa Dpositi e Prestiti e al 49% da Chili e alla quale dovrebbe spettare la gestione della futura piattaforma. Il costo dell’operazione per il MiBACT sarà di dieci milioni di euro, già stanziati.
Adesso il dibattito approda in Parlamento: quattro deputati della Lega - Salvini Premier (Angela Colmellere, Sara De Angelis, Germano Racchella e Luca Toccalini) hanno rivolto un’interrogazione a risposta scritta al ministro sostanzialmente per chiedere se la costruzione della piattaforma sia davvero necessaria e opportuna. I parlamentari leghisti partono da due presupposti: il primo è che “non è stato reso disponibile alcun dettaglio aggiuntivo in merito alla proposta: non si sa, infatti, chi si stia occupando della creazione della piattaforma, a chi sia destinata, quanto costerà alle casse dello Stato in tutto, se davvero verranno utilizzati i soldi del Recovery Fund, chi ne curerà i contenuti, ma soprattutto non si conosce il punto di vista dei creatori dei contenuti culturali i quali, a leggere alcune reazioni, sembrano tutt’altro che entusiasti dell’idea”, e il secondo è che “in Italia esiste una società pubblica che si occupa di produzione, creazione e distribuzione di contenuti culturali e di intrattenimento; tale società si chiama Rai – Radiotelevisione italiana S.p.a., che è concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo in Italia ed il quinto gruppo televisivo d’Europa”.
Nello specifico, secondo i deputati leghisti esiste già una piattaforma come quella che il ministro vuole avviare: si tratta di RaiPlay, “un portale”, scrivono gli interroganti, “che secondo gli ultimi dati ha registrato numeri importanti: 4 mila titoli e migliaia di ore di visione, 600 documentari, 256 titoli di teatro, 300 di musica, film fiction e serie e contenuti per i ragazzi che sono stati raggiunti da almeno 23 milioni di persone, di cui almeno 16 milioni sono fidelizzati”. Il tutto con un risultato di pubblico importante: “i dati sull’utenza, poi, dicono che metà del pubblico di RaiPlay è sotto i 44 anni e il 34 per cento del suo pubblico ha meno di 34 anni, proprio il target storicamente più difficile da raggiungere per la Rai”.
Secondo i quattro deputati, dunque, “l’idea di replicare una piattaforma streaming che raccolga contenuti multimediali culturali appare certamente un doppione rispetto anche solo, ad esempio, all’esperienza di RaiPlay”, e i costi della cosiddetta “Netflix della cultura”, tolti quelli per le produzioni originali o per i diritti delle produzioni artistiche già esistenti, “sarebbero altissimi anche se si considerano solamente quelli legati all’ideazione e alla costruzione dell’infrastruttura informatica, e quelli della promozione e della commercializzazione: proprio queste voci di spesa invece, sarebbero almeno in buona parte assorbite dalla storia e dall’esperienza accumulate della Rai e dalle sue professionalità interne”. Per quanto riguarda l’accesso dei contenuti al pubblico straniero, secondo i deputati “si potrebbe agevolmente sperimentare una forma di pagamento pay per view su singoli contenuti o per aree tematiche, possibilità facilmente implementabile e con un possibile buon ritorno economico”.
Per questo, gli interroganti chiedono al ministro se sia sua intenzione “chiarire per quali ragioni ritenga davvero necessario ideare e costruire un nuovo contenitore capace di diffondere in streaming la cultura italiana agli italiani e nel mondo, considerato che esiste già la piattaforma pubblica RaiPlay e le risorse interne, Rai con un’ampia offerta per divulgare la cultura del nostro Paese che potrebbe essere potenziata promuovendo la possibilità di accedere anche all’estero alle produzioni artistiche italiane, rivolta principalmente agli utenti stranieri che non pagano il canone, i quali dovrebbero pagare per usufruire di alcuni contenuti”.
Deputati leghisti: “Netflix della cultura? C'è già Rai Play, è proprio necessaria?” |