Poesiarte
2010, Nona puntata
Era 'l giorno ch'al sol si scoloraro
per la pietà del suo Factore i rai,
quando i' fui preso, et non me ne guardai,
ché i be' vostr'occhi, Donna, mi legaro.
Tempo non mi parea da far riparo
contra colpi d'Amor; però n'andai
secur, senza sospetto: onde i mei guai
nel comune dolor s'incominciaro.
Trovommi Amor del tutto disarmato,
et aperta la via per gli occhi al core,
che di lagrime son fatti uscio et varco.
Però, al mio parer, non li fu honore
ferir me de saetta in quello stato,
a voi armata non mostrar pur l'arco.
Parafrasi
Era il giorno in cui al Sole si oscurarono
per la pietà nei confronti del suo Creatore, i raggi,
quando io fui catturato, proprio mentre non stavo in guardia,
poiché i vostri begli occhi, o Donna, mi legarono, mi fecero prigioniero.
Non mi sembrava quello il tempo di cercar riparo
contro i colpi che Amore poteva arrecarmi; perciò andai
sicuro, senza sospetto alcuno: e dal quel momento i miei tormenti
iniziarono in mezzo al dolore comune per la morte di Cristo.
Amore mi trovò del tutto inerme,
attraverso gli occhi trovò aperta la via per il cuore,
quegli stessi occhi che son diventati oggi porta e varco per le lacrime.
Del resto, a mio parere, non fu un atto onorevole
da parte di Amore colpire me con una freccia ridotto in quella condizione,
ed a voi, armata, non mostrare neppure l’arco.
Commento
Il Canzoniere, il cui titolo originale era
Rerum vulgarium fragmenta, letteralmente “Frammenti di cose volgari”, è la storia della vita interiore del Petrarca. Frutto di un lavoro che cominciò attorno al 1335 e impegnò il poeta fino alla morte.
Protagonista vero di questa raccolta poetica è quindi lo stesso Petrarca con i suoi conflitti interiori, quando ci parla della solitudine, del trascorrere inesorabile del tempo, della vecchiaia, della morte, ma anche dell’amore, e naturalmente di Laura.
In questo sonetto, composto dopo la morte di Laura causata dalla peste del 1348, il poeta ci descrive il suo primo incontro con la ragazza, avvenuto il venerdì Santo del 1327, mentre si stava recando in una chiesa di Avignone.
C’è qui il contrasto tra il dolore dell’intero mondo cristiano per la morte di Cristo, e l’improvvisa apparizione di Laura che anticipa l’innamoramento per la donna.
Un contrasto che riflette inesorabilmente quello interiore del poeta, perché combattuto tra uno stato d’animo di passione per la morte del suo Salvatore e un forte sentimento d’amore che improvvisamente lo colpisce lasciandolo inerme.
Tutto nel giorno del pianto per la morte del Redentore poteva accadere, eccetto che innamorarsi di una donna, ma lo sguardo di Laura e la sua bellezza devastano il cuore di Petrarca, che non riesce in alcun modo a difendersi.
Ecco ora un interessante
confronto tra due delle donne più famose della nostra letteratura: Laura e Beatrice.
Beatrice non è mai veramente descritta nei suoi tratti fisici da Dante, tant’è che scriverà di lei: come
cosa grave inanimata; è invece famosa soprattutto per la sua bellezza Laura, dai lineamenti vivi e dai colori solari.
Allo stesso modo Beatrice, così come la donna-angelo, non mostra segni d’invecchiamento perché fissa in una dimensione atemporale, mentre Laura è sottoposta al fluire del tempo: e
'l vago lume oltra misura ardea/ di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi.
Beatrice è la virtù che libera dal vizio e dalla passione; Laura è un pensiero fisso che sollecita i sensi dell’amante, anche se poi non li appaga.
Beatrice è un miracolo in terra e santa in paradiso, ed il suo saluto dà beatitudine all’anima; Laura invece non è affatto intesa come veicolo di salvezza, al punto che l’amore per lei è concepito come colpa, come traviamento, delirio, ed è quasi un ostacolo al raggiungimento del Divino.
Per Beatrice il poeta ha una passione mistica, mentre il sentimento provato da Petrarca per Laura è assolutamente umano, carnale, terreno.
Sono curiosi infine gli artifici linguistici in Petrarca e numerici in Dante, i quali avvolgono di mistero le figure delle donne da loro descritte.
Ad esempio, Dante incontra per la prima volta Beatrice all’età di 9 anni e la rivedrà dopo altri 9 anni.
La data di morte di Beatrice è l’8 giugno del 1290, quando il giorno 8 è il nono giorno del mese nel calendario arabo, giugno è il nono mese dell’anno per il calendario siriano, e il 1290 corrisponde alla nona decade del secolo per il calendario cristiano.
La fa da padrone il numero 9 perché multiplo di tre, che simboleggia la mirabile Trinità.
Petrarca preferisce invece i giochi linguistici. Il nome di Laura diventa infatti lauro, l’alloro col quale si premiavano i poeti migliori nell’antichità, oppure laurea, segno ancora di cultura e istruzione, o ancora l’aura, nel senso di aria, perché per lui l’amata è come l’aria che si respira. Abbiamo inoltre l’auro, ovvero l’oro, perché Laura è per lui preziosa come questo metallo, ed è infine bella come l’aurora.
Chocolat 3B