Parabola di Guido Gozzano

Poesiarte

2010, Settima puntata

Il bimbo guarda fra le dieci dita
la bella mela che vi tiene stretta;
e indugia - tanto è lucida e perfetta -
a dar coi denti quella gran ferita.

Ma dato il morso primo ecco s'affretta:
e quel che morde par cosa scipíta
per l'occhio intento al morso che l'aspetta...
E già la mela è per metà finita.

Il bimbo morde ancora - e ad ogni morso
sempre è lo sguardo che precede il dente -
fin che s'arresta al torso che già tocca.

«Non sentii quasi il gusto e giungo al torso!»
Pensa il bambino... Le pupille intente
ogni piacere tolsero alla bocca.

Commento

Dopo tutto la poesia è la cosa meno necessaria di questo mondo, scriveva Guido Gozzano. Eppure lui amava questa forma letteraria, non avrebbe potuto vivere senza.

Parabola fa parte della raccolta poetica La via del rifugio del 1907, che segnò l’esordio del giovane Gozzano. In questi suoi primi componimenti c’è già l'impiego del dialogo, e quel ricorso al parlato che secondo Montale permetteva a Gozzano di far cozzare l'aulico col prosastico facendo scintille, e troviamo poi quel pessimismo ironico, quella parodia letteraria che caratterizzerà la sua produzione successiva, così come l’interrogarsi sui problemi esistenziali. Anche lui, come Leopardi, è il poeta delle domande eterne, metafisiche. Scriverà infatti:

«Voi che posate già sull'altra riva,
immuni dalla gioia, dallo strazio,
parlate, o morti, al pellegrino sazio!
Giova guarire? Giova che si viva?
O meglio giova l'Ospite furtiva
che ci affranca dal Tempo e dallo Spazio?»


Domande che tuttavia non trovano risposta, perché come tutti gli uomini anche lui non è che un essere finito che aspira all'infinito.
Alla base dei suoi versi vi è un romantico desiderio di felicità e di amore che si scontra presto con la quotidiana presenza della malattia (gli verrà diagnosticata una lesione polmonare), della delusione amorosa, della malinconia che lo porta a desiderare una vita appartata e tranquilla, dove, come lui stesso dirà, bello è goder di cose piccole e serene.

Ed ecco che anche nella poesia che abbiamo letto, ritroviamo tutti i caratteri poetici finora elencati, perché c’è il ricorso al parlato, quando il bambino esclama: «Non sentii quasi il gusto e giungo al torso!», riferendosi alla mela appena addentata.

Ritroviamo poi l’attenzione per le cose piccole e serene. Protagonista della rima è infatti una semplice e umile mela.

C’è infine la trattazione di un tema esistenziale che è quello dello scorrere inesorabile del tempo, del piacere che in questa vita terrena non è che fugace. Ed è questo il grande insegnamento, è questa la parabola della vita.

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