La Vanitas tra '600 e contemporaneità: Georges De La Tour e Damien Hirst

Plus!

2011, Quarta puntata

Il tema della "vanitas" è stato uno dei più affrontati nell'arte del diciassettesimo secolo. L'articolo di oggi ci fa scoprire un interessante parallelo tra un'opera del Seicento, la "Maddalena penitente", e un'opera contemporanea, la famosa "For the love of God" di Damien Hirst: tutto questo per scoprire se nell'attualità esistono rimandi all'arte antica e ai temi di un tempo.


In storia dell'arte si parla spesso di Vanitas; ma che cos'è? In poche parole è una scena caratterizzata dall'accostamento di diverse immagini (teschi, clessidre, bolle di sapone, farfalle, candele, specchi...) che rappresentano la caducità della vita dell'uomo. Il termine vanitas (che, letteralmente, significa vana apparenza o vanità appunto) viene, per così dire, preso in prestito dalla traduzione latina del testo ebraico Qoeleth (l'Ecclesiaste) in cui leggiamo la celeberrima affermazione “Vanitas vanitatum omnia vanitas” (vanità delle vanità: tutto è vanità). Questa riflessione sulla triste condizione dei viventi è ciò che da sempre ha spaventato maggiormente i nostri avi. E, purtroppo, anche nell'era dell'homo technologicus, le paure ancestrali continuano a tormentarci. Confrontiamo ora un artista del primo '600 con un altro a noi contemporaneo.

Il panorama artistico dell'arte occidentale del '600 s'innesta – in termini generali – sulla consapevolezza che l'uomo è solo e che la sua esistenza è precaria, breve, continuamente in balìa di un Fato pronto a colpire. Nel XVII secolo ormai l'uomo occidentale aveva riesumato suo malgrado un forte senso del tragico: le scoperte di altri continenti, gli scismi all'interno della Chiesa di Roma, la Scienza (che sostanzialmente arriva a dimostrare la validità delle teorie sull'eliocentrismo negando la terra – e dunque l'uomo – come perno del cosmo, come misura di tutte le cose) saranno solo alcuni dei fattori che influenzeranno le arti dell'epoca. L'uomo è solo, impotente, è l'atomo sperduto in un'immensità imperscrutabile. Georges De La Tour (1593-1652) riassume tutto questo turbinio di amare riflessioni in uno dei suoi tanti dipinti, La Maddalena Penitente: in uno scenario oscuro e claustrofobico una giovane donna stringe un teschio sulle gambe, ricoperte da un voluminoso drappeggio rosso; in secondo piano piano vediamo un tavolino su cui arde a fatica la fiamma di una candela e, infine, uno specchio incastonato in una ricca cornice d'oro. La giovane nel frattempo, con le labbra lievemente socchiuse, medita. Il messaggio è inequivocabile: puoi essere giovane e bello (lo specchio come simbolo principe di vanità), puoi anche riflettere sulla tua condizione umana (il teschio, simbolo di morte), ma la tua vita, prima o poi, avrà fine (come la candela). “Polvere sei e in polvere ritornerai”, insomma.

L'iconografia del teschio non esaurisce in tutti questi secoli il suo macabro fascino e giunge fino ai giorni nostri insinuandosi non solo nel panorama artistico internazionale ma anche nelle collezioni di grandi stilisti reinterpretato come gadget, accessorio o fantasia impressa su t-shirt, sciarpe di seta e jeans. Anche il teschio è diventato feticcio del consumismo. A Firenze fino al primo maggio 2011 presso Palazzo Vecchio sarà esposto il leggendario teschio di Damien Hirst. Si tratta di “For the love of God”, il calco di un teschio tempestato di 8601 diamanti puri per un totale di 1106,18 carati. Quest'opera è kitsch, irriverente, un inno – e, dunque, una critica veemente – alla società del lusso divenuto oramai una delle droghe più seducenti della nostra società. Questa rilucente scatola cranica ha le mascelle lievemente aperte come se stesse ridendo e sulla fronte un ricco diadema (sempre di diamanti veri, ovviamente).

Ci sono simboli che sono propri del mondo occidentale e che si sono sedimentati nel nostro pensiero. Uno di questi è il teschio che però Hirst, uno dei maghi della società dell'immagine (la società del Grande Fratello, dei film in 3D e di Facebook), reinterpreta in modo eclatante, grandioso, divino; quasi hollywoodiano. Senz'altro da vedere.

Riccardo Zironi








MAGAZINE
primo numero
NUMERO 1

SFOGLIA ONLINE

MAR-APR-MAG 2019
secondo numero
NUMERO 2

SFOGLIA ONLINE

GIU-LUG-AGO 2019
terzo numero
NUMERO 3

SFOGLIA ONLINE

SET-OTT-NOV 2019
quarto numero
NUMERO 4

SFOGLIA ONLINE

DIC-GEN-FEB 2019/2020
Finestre sull'Arte