Tutti vogliono Modigliani, ma l'Italia snobba il centenario. Sarà la Francia a celebrarlo?


Il pubblico dimostra sempre un grande attaccamento ad Amedeo Modigliani, di cui ricorre quest'anno il centenario della scomparsa. Ma l'Italia lo sta snobbando. E potrebbe essere la Francia a celebrare degnamente il pittore livornese.

Sessantamila visitatori in due mesi d’apertura: tale è la proporzione del flusso che ha sin qui interessato la mostra Modigliani e l’avventura di Montparnasse, che la città di Livorno ha allestito nelle sale del Museo della Città per omaggiare il suo artista più illustre, Amedeo Modigliani, nel centenario della scomparsa, che cade in questo 2020. Un’iniziativa meritoria, della quale abbiamo avuto modo di parlare più compiutamente con una dettagliata recensione di Ilaria Baratta pubblicata pochi giorni fa sulla nostra rivista: eppure, siamo convinti che l’Italia stia facendo troppo poco per la fatidica ricorrenza.

Il tema è stato denunciato a più riprese, su Artslife, dal collega Massimo Mattioli, che senza mezzi termini afferma che l’Italia sta “uccidendo Modigliani”, dal momento che né il Ministero dei Beni Culturali, né i grandi musei, hanno in programma mostre che riescano a celebrare l’anniversario nella maniera più acconcia. E possiamo star certi che, anche se qualcosa dovesse trapelare di qui a poco, di sicuro si tratterebbe d’una mostra di poco conto, dacché un progetto scientificamente inappuntabile, con prestiti d’alto livello (occorre rammentare che i capolavori di Modigliani sono sparsi nei musei di tutto il mondo e si trovano in pressoché tutti i continenti), con un comitato scientifico in grado di lavorare a una pubblicazione che sia frutto di nuove ricerche e possa costituire una pietra miliare nell’ambito della produzione sull’artista, richiederebbe non mesi, ma anni di lavoro e di preparazione. A ciò s’aggiunga che il curatore della mostra livornese, Marc Restellini, tra i più autorevoli esperti di Modigliani, ha ricevuto diverse proposte dall’estero ma, a parte Livorno, niente dall’Italia.

Oramai è tardi per pensare a un evento di vasta portata (almeno per il 2020: auspichiamo tuttavia che le istituzioni possano mettersi al lavoro per gli anni a venire perché, come vedremo, d’una mostra seria e puntuale su Modigliani c’è davvero un fortissimo bisogno), e ci si può interrogare sulle ragioni di tanto disinteresse, che paiono molteplici. Intanto, occorre una premessa: Modigliani è uno degli artisti più interessati dal fenomeno delle mostre blockbuster, ed è facile capire perché (basti pensare alla sua vicenda biografica: gli artisti tormentati o eccentrici, da Caravaggio a Frida Kahlo, da Picasso a Jackson Pollock, tipicamente sono quelli che attirano di più l’interesse del pubblico e di conseguenza sono quelli che vendono di più). E per quanto riguarda Modigliani, tra “experience” multisensoriali e rassegne più o meno grandi e più o meno serie, si perde il conto di quanto gli è stato dedicato negli ultimi anni (e mai con eventi che fossero davvero all’altezza della situazione). In secondo luogo, Modigliani è probabilmente l’autore più falsificato della storia dell’arte: nel loro libro L’affare Modigliani, gli autori Claudio Loiodice e Dania Mondini scrivono che “di Modigliani [...] si dice che abbia prodotto più da morto che da vivo. Sono 337 i quadri registrati nel catalogo di Ambrogio Ceroni, ancora oggi il più accreditato, mentre sul mercato circolano a sua firma circa 1200 opere”. Peraltro, secondo il perito Isabella Quattrocchi e il collezionista Carlo Pepi, anche tra quei 337 dipinti che fanno parte del catalogo Ceroni ci sarebbero “quadri e una scultura ritenuti falsi da Jeanne Modigliani”, figlia dell’artista. Di conseguenza, “dell’opera di Amedeo Modigliani oggi non è rimasto granché”.

Amedeo Modigliani, Beatrice Hastings. Le menton appuyé sur la main droite (1915; olio su carta, 42 x 25 cm; Collezione Jonas Netter)
Amedeo Modigliani, Béatrice Hastings. Le menton appuyé sur la main droite, dettaglio (1915; olio su carta, 42 x 25 cm; Collezione Jonas Netter)


Immagini dalla mostra Modigliani e l'avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre
Immagini dalla mostra Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre


Immagini dalla mostra Modigliani e l'avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre
Immagini dalla mostra Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre


Immagini dalla mostra Modigliani e l'avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre
Immagini dalla mostra Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre

Avanzato questo preambolo, si può pensare che siano soprattutto due le ragioni per le quali l’Italia non celebrerà il centenario di Modigliani con una grande mostra che raduni nel nostro paese quanto di meglio (e di sicuro) abbia realizzato l’artista labronico (sempre sottolineando che mostre come quella di Livorno sono benvenute, anche perché in grado d’esporre vere opere di Modigliani, sulle quali non pendono dubbî relativi all’autenticità): la prima è d’ordine culturale, la seconda invece riguarda le vicende contingenti.

Fin dalla prima affermazione critica, in occasione della Biennale del 1930, a dieci anni dalla sua scomparsa, gli addetti ai lavori hanno continuato a dividersi su Modigliani, e ancor oggi la situazione non è poi così lontana da quella di allora. In occasione di quella Biennale, non furono poche le stroncature: per Ojetti, Modigliani era semplicemente “il pittore dei colli lunghi”, Francesco Sapori scrisse che le sue opere “rivelano una sintesi faticosa, più vicina a uno stile tormentato che ad un risultato fecondo”, Arturo Lancellotti asserì che in Modigliani “non c’è niente che lasci presagire l’artista, non il disegno, né la penetrazione psicologica, nemmeno per idea il colore”, ed Enrico Thovez lo demolì senza pietà (“son dodici teste goffe e sbilenche, quali può disegnarle e tinteggiarle un bambino di cinque anni che non abbia assolutamente alcuna disposizione al disegno”). Più di recente, al di là delle critiche di De Chirico, che lo definiva un “mediocre e banale pittore stile fine Ottocento e principio Novecento” (e i giudizî di De Chirico son da prendere con le pinze dato che, come si sa, fu poco tenero con moltissimi colleghi), si registrano i pareri quanto meno freddi di personalità come Giancarlo Marmori, Federico Zeri, Pietro Scarpellini, e anche negli ultimi anni ci sono state pesanti critiche: per esempio, il critico d’arte del Guardian, Jonathan Jones, in occasione della grande mostra alla Tate nel 2017 bollava Modigliani come uno “slightly silly artist”, o Vittorio Sgarbi, che lo ritiene artista tutt’altro che rivoluzionario. Non è certo mancato chi invece ha tessuto gli elogi di Modigliani (a capo del lungo elenco degli estimatori si trovano, giusto per far due nomi, Lionello Venturi e Maurizio Calvesi), ma sarebbe falso far credere che verso l’artista livornese si levi un coro unanime: e questa situazione di sicuro condiziona in negativo il dibattito attorno alla sua figura, e finisce per creare una netta discrepanza tra l’amore quasi incondizionato che il grande pubblico nutre per “Modì” e lo scarso interesse dimostrato nei suoi confronti dall’accademia.

Quanto alle vicende d’attualità, sono cosa nota: centinaia di falsi affollano collezioni di tutto il mondo, vengono esposti in occasione di mostre allestite ovunque, balzano agli onori di tutte le cronache nazionali quando vengono scoperti. E dietro a questi giri si nascondono attività illecite (truffe, riciclaggio internazionale), tanto che lo stesso Marc Restellini ha denunciato a più riprese d’aver subito minacce di morte per il suo lavoro teso a stabilire l’autenticità dei dipinti di Modigliani in circolazione (il critico francese da anni è impegnato nella stesura del catalogo ragionato di Modigliani, dapprima in collaborazione con l’istituto Wildenstein di Parigi, e poi, dal 2015, in solitaria). Può dunque esser lecito supporre che attorno alla figura di Modigliani ci sia una certa prudenza. Ma è proprio per fare ordine in questo malsano marasma e per ridare dignità all’artista, che una mostra d’alto valore scientifico sarebbe quanto mai necessaria: anche perché la mole di falsi e le mostre dubbie rischiano d’intaccare pesantemente la reputazione di Modigliani. Un pericolo che occorre evitare, ma per evitarlo c’è solo un modo: un serio lavoro scientifico.

Le difficoltà di cui s’è detto potevano essere superate con l’istituzione d’un comitato nazionale per Amedeo Modigliani (ipotesi, questa, suggerita anche da Mattioli): un organismo in grado di comporre commissioni scientifiche che avessero lavorato per stabilire, una volta per tutte e sotto l’egida del Ministero dei Beni Culturali, un canone delle opere di Modigliani. E alla fine di questo lavoro sarebbe stato opportuno ordinare una mostra seria, irreprensibile, fondata su di un progetto scientifico solido, per offrire, a un pubblico cui troppo spesso sono state propinate mostre inutili (questo almeno nelle migliori delle ipotesi: per il resto, ci sono processi in corso), una rassegna in grado di dimostrare chi sia stato veramente Amedeo Modigliani e che cosa davvero abbia dipinto. Se è vero che oramai la storia dell’arte si fa coi compleanni (lo s’è visto l’anno scorso con Leonardo da Vinci, lo vedremo quest’anno con Raffaello), allora per Modigliani s’è persa un’occasione importante, un’occasione che, al momento, è stata colta soltanto da Livorno, con un’iniziativa che, pur coi suoi limiti (è più una mostra sugli artisti di Montparnasse che su Modigliani, la qualità è discontinua, dialoga poco col Museo Fattori che pure fornirebbe a un visitatore un’ulteriore occasione d’approfondimento), rappresenta un buon omaggio per il centenario, e soprattutto dà modo al pubblico d’ammirare veri quadri di Modigliani.

E un’occasione che potrebbe però esser colta dalla Francia, dove, al momento, sono in corso analisi scientifiche su venticinque dipinti e tre sculture di Modigliani, ovvero su tutte le opere del pittore presenti nelle collezioni pubbliche francesi. Si tratta di uno studio intitolato Les secrets de Modigliani, lanciato dal LaM (il Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut della città di Lille) e promosso dal CNRS (Centre national de la recherche scientifique, omologo del nostro CNR) e dal C2RMF (Centre de recherche et de restauration des musées de France, l’istituto centrale del restauro): il progetto, nato nel 2017 sull’onda del grande successo della mostra Amedeo Modigliani, l’oeil intérieur che attirò duecentomila visitatori al LaM, terminerà proprio quest’anno, quando verranno diffusi i risultati. Possiamo scommettere che, per presentare gli esiti dello studio e avvalendosi dei dipinti delle sue raccolte pubbliche (oltre che, magari, d’importanti prestiti dall’estero), la Francia organizzerà quella mostra importante su Modigliani cui l’Italia sembra non essere interessata?


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).






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