Tre domande che i musei dovrebbero farsi dopo il Covid-19


Il Covid-19 ha causato pesanti contraccolpi al mondo dei musei. Ma non è detto che non si possa reagire con idee innovative. Il punto di partenza sono tre domande che ogni museo dovrebbe farsi, e agire di conseguenza. Ecco quali sono ed ecco alcune possibili risposte.

A maggio, mentre facevo ricerche per il mio webinar Museum Lives in Post-Pandemiaper il Network of European Museums Organisations, ho avuto il piacere di una conversazione tra colleghi sul futuro dei musei. Ad un certo punto non ho potuto non farmi ispirare da una buona citazione di Winston Churchill che il mio amico ha condiviso su Skype: “non lasciare che una buona crisi vada sprecata”

Pensando a tutto quello che i musei hanno attraversato sin qui (si tratta di una crisi di proporzioni senza precedenti), è difficile trovare risvolti positivi che aspettano solo la giusta occasione. Mentre questo momento di cambiamenti scorre (e una realtà sconosciuta sta venendo alla luce), c’è la speranza che i musei possano diventare più consapevoli del potenziale che hanno per reinventare se stessi secondo modalità nuove e creative. Io vivo nell’auspicio che, quando tra un paio d’anni ci guarderemo indietro, armati del beneficio del senno di poi, vedremo musei che sono riusciti a vivere la straordinaria opportunità di affrontare un cambiamento molto significativo. E gran parte di queste idee sono già qui, pubblicate in libri e presentate in conferenze. Potevano essere bollate come radicali o utopistiche prima del Covid-19, ma dal momento che l’impensabile è adesso la nuova realtà, le etichette di “utopia” e “sogno” finalmente stanno scomparendo (e in un lasso di tempo relativamente breve) per lasciare spazio all’idea di ottenere più rilevanza e importanza.

Le opportunità di questa “buona” crisi potrebbero non essere percepite o comprese così facilmente in questo momento. Ma forse alcune semplici domande potrebbero aiutarci a vedere la luce mentre ci troviamo nel mezzo di una nebbia, ancora ispirati da un passato che non esiste più, e che potrebbe non essere così facile da archiviare se non avremo agito fin dal primo momento. Ho dunque scelto di condividere tre semplici domande che considero fondamentali in questo periodo.

Che cosa rappresentiamo?

Questa è la domanda fondamentale in questo momento. Riflettendo sulla propria esistenza, e identificando fin da subito le ragioni per le quali dovrebbero continuare a esistere, i musei potrebbero individuare che cosa davvero rappresentano oggi, mentre il passato recente scompare lentamente. Questo potrebbe essere il punto di partenza per gettare i semi di un cambiamento significativo e per individuare le modifiche che potrebbero sostenerlo. I musei non dovrebbero aver paura di domandarsi, fin dall’inizio, se devono esistere. Io sono convinto, senza alcun dubbio, che debbano esistere... ma se devono esistere, che cosa devono rappresentare?

A chi siamo rivolti?

La seconda domanda è ugualmente rilevante. Potrebbe darsi il caso che il tuo museo debba pensare di essere più di un posto esclusivo, avulso dalla sua comunità, dalle sue esigenze e dalle sue ambizioni. Capire bene quali siano i pubblici e le comunità del tuo museo potrebbe essere l’inizio di un percorso di ricerca interiore per diventare significativamente più rilevanti, e magari anche per raggiungere un pubblico più vasto. Capire cosa funziona significa sostanzialmente capire chi è il nostro pubblico.

Come dobbiamo coinvolgere?

La terza domanda, ugualmente semplice, è la conseguenza delle prime due. È tutta una questione di come coinvolgere il pubblico e come arricchirlo, come raggiungerlo, come accoglierlo, come creare discussioni significative. Ed è proprio questo il punto in cui entra in scena l’attuale situazione di impasse, con i musei che si affidano soprattutto al virtuale, dal momento che il fisico è a un punto di stallo. Non c’è dubbio sul fatto che il futuro del museo debba fare molto più affidamento sull’online, ma in questo momento è fondamentale scegliere attentamente gli strumenti della tua cassetta degli attrezzi. Il digitale può essere diventato essenziale, ma le tradizionali forme di coinvolgimento del pubblico possono continuare. Ci sono storie da raccontare, idee da esplorare, linguaggi da imparare, informazioni da fornire... che vanno ben oltre quello che tu forse hai sempre considerato il modo giusto e unico per andare avanti.

Tre limonate, da tre limoni aspri

C’è un proverbio che dice “quando la vita ti dà limoni, tu fai limonate”. La maggior parte dei musei potrebbe essere amareggiata, e forse anche frustrata dalle restrizioni senza fine che hanno impattato sul loro lavoro da tutti i punti di vista, siano essi finanziari o relativi ai modi di raggiungere il pubblico, per non parlare delle visite. Ma c’è sempre un aspetto positivo, e anche se la vita ti dà solo limoni, i musei hanno la forza e il potenziale di cogliere l’occasione e... fare limonate!

Limonata 1. Meno visitatori, più visite personalizzate

Il numero di visitatori del museo sarà limitato. Inoltre, i visitatori dei musei saranno più consapevoli delle norme sull’igiene, uscendo da settimane e settimane di accessi con restrizioni, se non di situazioni di confinamento, e allo stesso tempo potrebbero volerci settimane, se non mesi, per raggiungere anche soltanto una piccola parte del numero dei visitatori che i musei erano in grado di accogliere solo poche settimane fa. Questa è però un’occasione unica per lanciare tour personalizzati che potrebbero essere più specifici e più coinvolgenti che mai. Può essere un’occasione d’oro per provare nuove esperienze e per capire meglio le percezioni dei visitatori. Chiedere al pubblico di fornire valutazioni su esperienze personalizzate potrebbe anche aiutare il tuo museo a ristabilirsi e ad affrontare la “nuova normalità”.

Limonata 2. No interattività, più interazione

Si è discusso molto, sui social, a proposito dei rischi sanitari che i dispositivi mobili e i touch-screen interattivi possono potenzialmente comportare per i pubblici del museo post-Covid19. Il toccare, un’azione che prima era data per scontata e fondamentale ed era considerata un diritto naturale dato che si tratta di uno dei cinque sensi, adesso è un qualcosa da fare con molta attenzione. E questa è un’altra occasione d’oro per mettere alla prova il pensiero transmediale e per capire come differenti forme di coinvolgimento attraverso un’ampia scelta di piattaforme possa raggiungere i pubblici del post-Covid19. La visita al museo potrebbe basarsi su un ponte tra il fisico e il virtuale fornendo contenuti su misura che potrebbero essere accessibili attraverso biglietti nominali personalizzati.

Limonata 3. Prescrizioni medico-sanitarie stringenti, più coinvolgimento

Le notizie che arrivano dalla Cina e dai musei che sono o sono rimasti aperti, ci fanno sapere che le prescrizioni medico-sanitarie non includono solo l’obbligo di indossare una mascherina. Potrebbero essere necessari gel per le mani, certificati medici e altri dispositivi correlati. Tutto questo potrebbe rendere la visita al museo molto più scomoda e potrebbe far sì che il pubblico sia disincentivato a tornare. Io però vedo le mascherine come tele bianche da dipingere secondo la nostra sensibilità e da usare per trarre ispirazione. Le vedo come oggetti da personalizzare scegliendo la tua opera preferita dal tuo museo preferito. I gel per le mani potrebbero essere potenziali esperienze di story-telling ispirati o collegati a opere che fanno parte della tua collezione, esperienze che possono modellare l’identità del tuo museo e ogni altra storia che ci puoi collegare.

Ultimo ma non ultimo, l’aspetto positivo e la ricerca per fare limonate dai limoni mi ricorda una questione fondamentale che l’educatore, teorico dei media e sociologo Neil Postman ha sollevato tempo fa: “Per come la penso, il museo risponde a una domanda fondamentale: cosa significa essere umani?”

Le immagini in questo articolo sono dell’artista maltese di fama internazionale Vince Briffa e sono parte del progetto Nixtieq (“Vorrei” in maltese) che includono opere in un formato da installazione da strada. Vince è anche docente all’Università di Malta, alla guida del Dipartimento di Arti Digitali della Facoltà di Media e Scienze Umane.


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Sandro Debono

L'autore di questo articolo: Sandro Debono

Pensatore del museo e stratega culturale. Insegna museologia all'Università di Malta, è membro del comitato scientifico dell’Anchorage Museum (Alaska) oltre che membro della European Museum Academy. Curatore di svariate mostre internazionali, autore di svariati libri. Scrive spesso sui futuri del museo ed ha il suo blog: The Humanist Museum. Recentemente è stato riconosciuto dalla Presidenza della Repubblica Italiana cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia e dal Ministero della Cultura Francese Chevalier des Arts et des Lettres per il suo contributo nel campo della cultura.





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