Come spesso accade, quando si parla di turismo, le idee rischiano di essere poche, ma parecchio confuse. Oggi, sul Corriere della Sera, è uscita una simpatica intervista al ministro Dario Franceschini, che ci ha fornito una sua ricetta per spostare i turisti nei centri minori: riportare le opere d’arte nei luoghi in cui furono prodotte. E per condurre in porto questa “ricollocazione dei pezzi d’arte nei loro luoghi d’origine”, per dirla con le sue parole, Franceschini inventa anche un nuovo vocabolo: “ri-contestualizzazione”. Idea che, al netto di tutte le problematiche che comporterebbe, in certi casi non sarebbe così peregrina (anzi, sarebbe oltremodo interessante) e permetterebbe di ricostituire collezioni o di riportare opere nei luoghi per cui furono pensate, ammesso che venga realizzata in modo serio. Peccato però che Franceschini abbia un’idea del tutto particolare di “ri-contestualizzazione”: nell’intervista cita alcuni esempi e, limitandoci solo a quelli che riguardano l’arte del Cinque-Seicento, in nessuno dei casi l’opera, stando alle idee del ministro, verrebbe effettivamente riportata nel luogo a cui era destinata in origine.
Prendiamo per esempio l’opera di Lorenzo Sabatini, citata da Franceschini con una grossolana imprecisione perché, nella Madonna con san Pietro che consegna le chiavi a san Clemente, in realtà il santo non è Pietro bensì Petronio (ed essendo il santo patrono di Bologna, non si tratta di un’imprecisione da poco... ). Ecco, Franceschini giustamente dice che l’opera proviene dal Collegio di Spagna a Bologna, e vorrebbe che fosse restituita... alla Pinacoteca Nazionale! Ma come, le opere non dovrebbero tornare ai propri luoghi di origine? E allora perché mai l’opera, invece di tornare al Collegio di Spagna, dovrebbe essere collocata nella Pinacoteca Nazionale? Si tratterebbe di un mero trasloco: e allora tanto vale che rimanga dov’è, no? Stessa cosa per l’Ecce Homo di Federico Barocci, portato a Brera a seguito delle spoliazioni napoleoniche: il luogo d’origine è ben documentato ed esiste ancora, e si tratta dell’Oratorio della Santa Croce di Urbino. E Franceschini vorrebbe che l’opera fosse riportata... alla Galleria Nazionale delle Marche. Altro trasloco. Per non parlare poi della Leda e il cigno del Tintoretto, attualmente agli Uffizi... qui non sappiamo per chi sia stato realizzato questo dipinto, dal momento che la sua storia nota inizia con il cardinale Mazzarino (siamo quindi nel Seicento), e agli Uffizi è arrivato dopo diversi passaggi di proprietà: portarlo a Venezia, come suggerisce Franceschini, sarebbe pertanto non solo antistorico, ma sarebbe anche poco sensato dal momento che non sappiamo per chi l’opera fu realizzata.
Senza tener conto del fatto che tutto ciò, se pensiamo alle motivazioni addotte da Franceschini per spostare le opere, andrebbe in barba al buon senso, che si domanda per quale assurdo motivo frotte di turisti dovrebbero riversarsi in massa su Bologna se la Pinacoteca di Brera dovesse restituire alla città di Bologna una semisconosciuta opera di Lorenzo Sabatini, pittore manierista degno di nota ma non certo in grado, almeno per ora, di spostare masse di turisti, come auspica il ministro. E di certo, i grandi musei non si priverebbero delle opere che hanno un forte richiamo sul grande pubblico (anche perché per gran parte di esse, lo spostamento non avrebbe senso in quanto, per ricomporre una trama della storia, si rischierebbe di disfarne diverse altre).
Le pratiche per incentivare il turismo verso i centri minori sono altre: una promozione efficace, campagne di marketing mirate, infrastrutture che funzionino, una ricettività in grado di soddisfare ogni esigenza, un’offerta turistica ampia e diffusa. Tutte operazioni che però, purtroppo, sono molto meno mediatiche rispetto all’annuncio di spostare opere d’arte da una città all’altra. Quale sarà dunque la strada che il ministero deciderà di intraprendere? Al momento, la proposta di Franceschini appare come nient’altro che una frase a effetto, e non è possibile vedere se avrà quel seguito che, per certi versi, è auspicabile, ma che per altri è meglio rimanga solo una fantasia. Certo: occorre discuterne e migliorare la proposta del ministro, e quando nella discussione saranno coinvolti anche gli addetti ai lavori, allora il tutto potrà acquistare un senso che al momento sembra un po’ latitare. Ma siamo fiduciosi: il no preventivo in questo caso si può pure accantonare. Insomma: staremo a vedere.
Di certo, speriamo che l’operazione non venga condotta con lo stesso criterio con cui Dario Franceschini approva gli slogan. Il Basilicon Valley citato nell’articolo non si può proprio sentire. Franceschini penserà sicuramente a computer, startup, innovazioni. Ma a leggere Basilicon Valley, almeno a noi, vien più da pensare a un’iniziativa per la promozione del pesto genovese. Che, come tutti sanno, non si produce in Basilicata.
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).